GUIDO PEYRON

7.03 GUIDO PEYRON (FIRENZE 1898-1960) Ritratto del poeta Montale 1932 olio su tela; cm 100,5 x 81,5 firmato in basso a destra «G. Peyron» Grassina, Pier Francesco Vallecchi

7.03 GUIDO PEYRON (FIRENZE 1898-1960) Ritratto del poeta Montale 1932 olio su tela; cm 100,5 x 81,5 firmato in basso a destra «G. Peyron» Grassina, Pier Francesco Vallecchi

contaminazione artistica e culturale instauratosi nella Firenze dei tardi anni Venti. In particolare, come è qui suggerito, nell’ambiente gravitante intorno alla rivista “Solaria”, al quale molti degli otto personaggi rappresentati appaiono variamente legati per vicinanza o collaborazioni. Giunto all’arte dal mondo delle corse automobilistiche, autodidatta dal temperamento sensibile e intuitivo, Peyron si afferma presto in ambito italiano - Gli amici dell’atelier è esposto alla Biennale del 1928 - per una pittura «sprezzante di virtuosità», «insofferente di rifiniture», e attenta invece a cogliere «il carattere fisico-morale dei suoi soggetti» (Marangoni 1933, p. 4). Qualità che lo portano a creare atmosfere di modernità schiva e concentrata, e lo rendono adatto a rappresentare situazioni come questa, in cui il vero protagonista della riunione, come è indicato non solo dalla presenza del violoncello di Odoardo Zappulli van Oldenbarnevelt, ma soprattutto dall’intenso profilo centrale di un giovane Luigi Dallapiccola intento a seguire la partitura, appare essere la musica. Una musica che, con il suo nudo, moderno incanto, spogliato dagli orpelli del melodramma, come suggerisce la voce strumentale, contemporaneamente proposta anche in una prosa apparsa su “Solaria” (Gadda 1926), vale a raccordare, isolandole insieme, ciascuna assorta nei propri pensieri, le altre presenze; dallo scrittore Arturo Loria, che il balenìo sugli occhiali indica come improvvisamente catturato dal suono, al conte Walfredo della Gherardesca, più calmo e assorto nell’ascolto, fino ai quattro pittori sul fondo: nell’ordine, Vieri Freccia, Felice Carena sulla porta, Peyron stesso, e Gianni Vagnetti. La ghirlanda di figure maschili si chiude in basso con la macchia pallida del cagnolino - forse quello di Mariuccia Carena -, deliziosa invenzione tonale e insieme allusione al valore panico, universale del linguaggio musicale.
Susanna Ragionieri

Bibliografia Nebbia 1928, p. 28, fig. p. 68; Biennale 1928, p. 68,