l'opera, dipinta a Firenze nel 1938, segna il momento più alto e conclusivo della comunione di idee fra Martinelli e Colacicchi, siglata dal lavoro comune sul tema della composizione di figure. È Colacicchi stesso a ricordare l’importanza dell’amicizia con l’irrequieto artista pugliese, nata a Roma nei primi anni Venti, e divenuta a Firenze, al rientro di Martinelli dal lungo soggiorno parigino conclusosi nel 1931, vero e proprio sodalizio, cementato dalle frequentazioni di casa Hildebrand a San Francesco di Paola, e arricchito dalle aperture, favorite dallo stesso Martinelli, verso gli artisti della nascente Scuola romana, in particolare verso Emanuele Cavalli e il suo assorto tonalismo. Esperienze che avrebbero favorito le «individuali tendenze a un’arte in cui si pensava che potessero fondersi l’intellettuale spontaneità dell’impressionismo, la naturale chiarezza dei macchiaioli, così frequente di affioramenti rinascimentali, e la ritrovata cultura figurativa del Rinascimento» (Colacicchi 1980, p.n.n.). Su questi temi Martinelli si era misurato con i Giganti dell’anno precedente, ispirati al canto dantesco e al disegno botticelliano; e un Parronchi giovanissimo avrebbe ricordato quanto essi avevano fatto scalpore. «Si era in tempi di retorica, e il quadro non era retorico, anzi l’epica del soggetto vi era risolta liricamente [...]. Ricordo che Corrado Cagli, a cui era stata allora distrutta, per ragioni razziali, la decorazione del vestibolo del padiglione italiano alla esposizione Universale di Parigi, passò da Firenze per vedere questi Giganti» (Parronchi 1968, p. 37). Con identica ispirazione, anche se con opposta resa pittorica, al sulfureo notturno dei Giganti succede l’intarsio luminoso e rarefatto della pierfrancescana Composizione di nudi, ambientata nel podere di casa Hildebrand. Dove ricordi dalla scultura antica, o da Michelangelo, da Piero, e da Signorelli, o ancora dal Domenico di Bartolo di Siena, affiorano con naturalezza, osservati un tempo, ed ora riconosciuti nei gesti svagati e lenti dei giovani modelli, composti in un silenzio colmo di echi.
Susanna RagionieriBibliografia
Zicari 1980, pp. 102-103; Rivosecchi 1991, p. 152, fig. p. 153; Ragionieri 2007, p. 41, fig. p. 40.
