immagini di modernità

gli anni Trenta hanno conosciuto - anche in Italia - una modernizzazione che, dal punto di vista “estetico”, è coincisa con la generalizzazione dell’idea e della pratica della riproducibilità meccanizzata: di immagini, di parole e suoni, di oggetti. È il decennio della definitiva e decisiva affermazione della comunicazione di massa e di quanto si chiamerà design: temi sui quali, si potrebbe dire in corso d’opera, avviano le loro riflessioni teoriche, storiche ed estetiche figure quali Walter Benjamin, Nikolaus Pevsner, Siegfrid Giedion, avendo come ulteriore polo dialettico l’idea di “opera d’arte” o di “creazione artistica”.

In realtà, già nel corso del decennio precedente non pochi artisti, soprattutto tra Germania e Unione Sovietica - John Heartfield, Aleksandr Rodcˇenko, Gustav Klucis -, cominciano a sviluppare nella pratica della comunicazione di massa idee emerse subito dopo la Grande Guerra nell’ambito di una sperimentazione d’avanguardia fortemente contestativa nei confronti dell’opera d’arte “unica e irripetibile”. In Malerei Fotografi e Film (Pittura fotografi a film, 1925) László Moholy Nagy, maestro ungherese del Bauhaus, sostiene che «d’ora in avanti, la pittura può occuparsi della pura composizione del colore», mentre tocca «ai nuovi strumenti ottici e tecnici», cioè alla fotografia e al film con il loro «procedimento tecnicamente esatto», di produrre un’arte di nuova specie, che si avvalga anche delle possibilità offerte dalla tipografia, dunque di componenti testuali combinate a elementi visuali, sia statici (fotografia, fotomontaggio), sia dinamici (film); è lui, da teorico e concreto sperimentatore, il primo traghettatore del fotomontaggio dalla sponda dell’arte “pura” a quella di una nuova forma di comunicazione “pubblica”. 
I riflessi delle sue idee e del suo lavoro artistico arrivano presto anche in Italia. Dell’artista ungherese scrive su “La Casa Bella” già nell’aprile 1931 Edoardo Persico, recensendo i due volumi della collana Fototek diretta da Franz Roh e 
pubblicata a Berlino; e ancora, il mese successivo, presentando il libro Foto-Auge dello stesso Roh e Jan Tschichold, uscito a Stoccarda. 
Dopo una rassegna di opere d’arte in senso stretto, dipinti e sculture, questa sezione del catalogo cerca di restituire la componente della cultura visiva italiana degli anni Trenta fondata sull’uso e la manipolazione dell’immagine fotografica. La apre una scelta di raffinate composizioni “moderne” di giovani artisti riprodotte in periodici destinati a un “consumo” non specialistico, cui fa seguito un’antologia di illustrazioni fotografiche di carattere documentario tratte da riviste molto diffuse. 
Tale seconda parte è tematicamente organizzata - le grandi mostre, gli artisti al lavoro, l’arte monumentale e la nuova architettura urbana - e si propone quale sintesi di un “racconto” dei fatti e dei fenomeni artistici visto con gli occhiali di quegli anni e ormai dettato dalle modalità e dai “tempi” di una comunicazione di massa che sta scoprendo e affinando le proprie specificità e i propri strumenti. La divulgazione dell’arte contemporanea, infatti, trova nuovi spazi nelle riviste illustrate, restituendo attraverso l’immagine fotografi ca un’impronta di cronaca e attualità. Il modello vincente della “Berliner Illustrirte Zeitung” in Germania e di “Vu” in Francia crea uno stile internazionale del rotocalco a cui risponde l’editoria italiana con “Il Secolo Illustrato” e “Il Secolo XX”, che rappresentano per le nuove tecnologie di stampa delle immagini e il taglio modernista dell’impaginazione grafi ca un modello innovativo rispetto alla più tradizionale proposta dell’“Illustrazione Italiana” e della “Domenica del Corriere”.


Carlo Manzoni, “Almanacco letterario Bompiani 1933”.

Erberto Carboni, “La Rivista illustrata del Popolo d’Italia”, novembre 1935.