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opo un aggiornamento figurativo passato attraverso riviste come “Valori Plastici” e “La Voce” e la conoscenza della metafisica dechirichiana, Nathan guadagna una certa notorietà con la mostra a tre allestita nel gennaio del 1929 alla Galleria Milano insieme a Leonor Fini e Carlo Sbisà, presentata da Silvio Benco, che definisce i tre triestini «oggettivi [...] e nello stesso tempo fantastici» (Benco 1929, p. 3). Tra 1929 e 1932 Nathan lavora - con uno stile purista e una tecnica lenta e meditata che sovrappone carboncino, tempera e vernice - a grandi marine d’invenzione, composizioni ambientate in litorali deserti, popolati solo da frammenti di sculture antiche, rocchi di colonne, fari, cavalli, vulcani e relitti di velieri, sullo sfondo di cieli cupi e minacciosi. Nel 1954 Sbisà avrebbe ricondotto il lessico figurativo dell’amico - morto nel 1944 nel campo di concentramento di Biberach and der Riss - all’infanzia dell’artista e alle estati passate sulle spiagge dell’Adriatico o tra le scogliere semisommerse della costa istriana (Sbisà 1954), oltre che alla passione paterna per i cavalli. Tuttavia, anche il secondo incontro con de Chirico, avvenuto a Milano nel 1930 e raccontato nel 1945 su “Domenica” dal pictor optimus, ha probabilmente qualche ruolo nella definizione della poetica matura del triestino: per lo stesso de Chirico e per il fratello Savinio, infatti, alla fine degli anni Venti, quella degli oggetti abbandonati sulla spiaggia è una tematica ricorrente. Secondo Manlio Malabotta, giovane cronista d’arte del “Popolo di Trieste”, le opere di Nathan sono «nostalgie classiche di un romantico», la cui tavolozza smorzata e irreale denuncia un’intenzione metafisica (Malabotta 1931a; Malabotta 1931b). Inviata nel 1931 alla I Quadriennale romana e alla V Sindacale giuliana e donata lo stesso anno dall’artista al Museo Revoltella, Statua naufragata è una delle opere più note dell’artista, tra le cinque scelte per la piccola retrospettiva organizzata da Umbro Apollonio alla Biennale del 1948.Mariella Milan
Bibliografia
Malabotta 1931a; Malabotta 1931b; Quadriennale 1931, sala XXX, p. 144, n. 11; Sindacale Venezia Giulia 1931, p. 25, n. 11; Il Museo Revoltella 1933, p. 167, n. 334; Costantini 1934b, p. 222, 410; Girmounsky 1935, p. 21; Apollonio 1948, p. 39, n. 3; Biennale 1948; Sofi anopulo 1948; Arte moderna in Italia 1967, p. 231, fig. 1233; Nathan 1976, p. 19; Fossati 1988, p. 16; Negri 2000, p. 65; Léonor Fini. L’italienne de Paris 2009; Lucchese 2009, p. 22, tav. p. 223, n. 21.
