1.26 VITTORIO BOLAFFIO

(GORIZIA 1883-TRIESTE 1931) Trittico del porto 1929-1931 olio su tela Lo scaricatore cm 35,2 x 94,5; Sulla tolda, cm 35 x 152; Il boccaporto cm 35 x 95,5 Trieste, Museo Revoltella,
Galleria d’arte moderna, inv. n. 2184

s

empre più defilato dagli ambienti artistici triestini e affascinato dall’ambiente del porto, Bolaffio progetta, negli ultimi anni di vita, una grande impresa, il Polittico del porto, un ciclo di quadri che avrebbe voluto collocare in un’osteria del quartiere, in cui cantare il lavoro e gli uomini «come in un poema eroico moderno» (Cozzani 1932, p. 38). Il formato del polittico, già protagonista di una rinascita alla fine dell’Ottocento, si prestava a tradurre visivamente complessi simbolismi in virtù della propria simmetria e del residuo di sacralità mantenuto dalla struttura di origine medievale. Il trittico del Revoltella - offerto in vendita al direttore del museo Edgardo Sambo e poi donato dall’artista stesso nel 1931 - è uno dei pochi elementi del polittico portati a termine. Secondo il bozzetto preparatorio, conservato nella collezione di Gianfranco Sanguinetti insieme a oltre trecento disegni (Vatta 2009, pp. 26-27) che permettono di studiare l’evoluzione del ciclo, doveva costituire la parte centrale e superiore di un insieme articolato in ventiquattro elementi più il tondo centrale, scanditi su tre registri sovrapposti, incorniciati da un telaio e separati tra loro da colonnine lignee sagomate. Come in tutta l’ultima produzione, la stesura, portata avanti con lentezza attraverso continui ripensamenti - non a caso l’amico Umberto Saba scriveva che Bolaffio, perennemente insoddisfatto, «metteva giù una pennellata ogni quarto d’ora» (Saba 1946, p. 3) - imita la consistenza dell’affresco mediante elaborate sovrapposizioni di densi strati pittorici, che rimandano alla frammentazione luminosa del divisionismo. Nettissimi contrasti di luce e ombra definiscono le figure eroiche dei lavoratori, mentre i contorni neri, la vivacità cromatica e le rapide silhouettes delle figure secondarie, con le loro linee sinuose e decorative, rimandano alla lezione del postimpressionismo e dei fauves, studiati durante il soggiorno parigino del 1910.
Mariella Milan

Bibliografia
Benco 1931, p. IX; Sindacale Venezia Giulia 1932, pp. 57-58, n. 107; Cozzani 1932, p. 38; Dorfles 1932; Malabotta 1932a; Malabotta 1932b, p. 51; De Tuoni 1933, p. 157; Saba 1946; Arte moderna in Italia 1967, p. 162; Bolaffio 1975, pp. 72-73, nn. 50-52; Bolaffio 1999, nn. 27-29/O; Negri 2000, p. 96; Vatta 2009, p. 28; D’Anza 2010, pp. 194-195, cat. 57-59; Bolaffio e il porto di Trieste 2011, pp. 80-81, n. 67.