Non c’è nessuna restrizione nello scegliere il proprio corpo come focus della meditazione mindfulness. La pratica è “centrata su se stessi” nel senso
più puro – e non in quello giudicante – del termine. Tutta la nostra vita ruota intorno al sé – che è il centro –, è da qui che prendono forma i
nostri pensieri, le percezioni e i doni che possiamo fare a noi stessi e agli altri. Non ci sono restrizioni nemmeno nel focalizzarsi sul nostro
corpo, poiché le nostre sensazioni sono lo specchio di ciò che accade nella nostra vita, nel bene e nel male. La tensione muscolare, per esempio,
potrebbe avere qualcosa da dirci sulla nostra autostima, sul nostro stile di vita o sulle nostre relazioni. Ogni nostra sensazione corporea merita di
avere la nostra più piena considerazione.
Tuttavia, esiste un’altra forma di meditazione mindfulness che prevede di portare la nostra attenzione non giudicante al di fuori del corpo. Può
essere un qualsiasi oggetto, semplice o bello che sia, naturale o artificiale.
Lo scopo della pratica non è quello di apprezzarne la bellezza oggettiva o il significato intrinseco, ma semplicemente di stare in tutto ciò che
percepiamo con i sensi, in uno spirito di osservazione neutrale. In questa pratica meditativa, esploriamo ogni aspetto di un oggetto, usando a turno
tutti i sensi. Se si tratta di un frutto, possiamo concludere l’esplorazione mangiandolo, il che apre a una nuova dimensione dell’esperienza.
Jon Kabat-Zinn, quando insegnava il suo programma di riduzione dello stress basato sulla mindfulness, si serviva dell’uvetta per introdurre alle
classi la meditazione sugli oggetti. La scelta dell’uvetta, un cibo comune che raramente viene consumato singolarmente, un acino alla volta, serviva
per far passare un importante messaggio: questa forma di meditazione non è qualcosa
che
trascende la vita reale o i piccoli dettagli che abbiamo attorno, è semmai un modo per stabilire una relazione più intima
con il mondo.