Lasciare andare gli attaccamenti
Il
Budda non era interessato alla dottrina, e il buddismo di fatto non è propriamente una religione. Ha invece tentato di insegnare all’umanità un modo
pratico per affrontare la sofferenza, il che comporta lasciare andare ogni forma di “attaccamento”, le cose illusorie a cui tutti noi ci aggrappiamo,
come il piacere, il desiderio, le zone di comfort e il passato: “illusorie” perché prima o poi svaniranno. Rimanere aggrappati a ciò che per sua
natura svanirà è la causa di tutte le nostre sofferenze: se le lasciamo andare, “liberando il cuore”, possiamo liberare la mente da ciò che ci rende
infelici. Mentre diventiamo più consapevoli e ci avviciniamo alla realtà delle cose, possiamo raggiungere la pace interiore. Budda insegna che per
farlo abbiamo bisogno di conoscere la nostra mente. Per questo nel buddismo la meditazione è tanto importante: in essa troviamo la quiete e, prendendo
le distanze dalle cose materiali e dal frastuono dell'emotività, raggiungiamo la consapevolezza. Il Budda insegnò molte tecniche di meditazione,
concepite per sviluppare la calma e l’intuizione e per favorire la compassione, l’amore e l’amicizia. Oggi queste tecniche sono al centro della
pratica della mindfulness.
La consapevolezza buddista
Il Budda ci ha lasciato i suoi insegnamenti nel Nobile Ottuplice Sentiero, un percorso per raggiungere la consapevolezza di sé e sfuggire alla
sofferenza. Il percorso è “ottuplice” perché ci chiede di sviluppare otto qualità, tra le quali il Retto Sforzo e la Retta Concentrazione (riferiti alla meditazione), e la Retta Consapevolezza per trasformare la mente e liberarci. Il Budda
parlava anche di Quattro Fondamenti della Consapevolezza: del Corpo, delle Sensazioni, della Mente, e del Fenomeno Mentale.
La consapevolezza era il fulcro dei suoi insegnamenti.