Una buona conversazione a due, al pari di una partita di tennis, è un’alternanza tra le parti. Gli attori del dialogo passano continuamente
dall’ascoltare al parlare, in un flusso ininterrotto di confronto reciproco. Un vuoto di attenzione in uno dei due può indebolire o far vacillare il
flusso, spezzando il contatto momentaneamente. L’ansia di uno o di entrambi può anche interrompere del tutto quel flusso spingendo uno dei due a
spostare l’attenzione verso i propri pensieri anziché verso l’interlocutore.
Abilità ed empatia
Sentiamo spesso dire che saper conversare è un’abilità. Certamente può migliorare con la pratica, perché le espressioni che usiamo per mettere
insieme le idee arrivano con maggiore facilità. Ascolta per esempio l’intervista a un politico affermato alla TV o alla radio: il suo modo di
intessere le parole senza soluzione di continuità dipende in gran parte dalla sua sicurezza, forse anche da un certo grado di preparazione, ma
soprattutto dall’allenamento.
Tuttavia, pensare a una conversazione come a un esercizio di abilità significa sottovalutare uno dei beni più preziosi che abbiamo: la relazione con
gli altri. In una conversazione veramente attiva, diamo e riceviamo in uno scambio reciproco il cui fulcro è essere insieme, nel momento presente (il
“con” di “conversazione”, in latino significa “insieme”). Se ci allontaniamo, permettendo alla nostra mente di vagare, non siamo veramente nel qui e
ora: non stiamo conversando ma solo parlando.