CHI SONO? UNA QUESTIONE D’IDENTITÀ Generalmente non dedichiamo molto tempo a farci domande filosofiche su chi siamo, ma in certi momenti questo può diventare necessario, procurandoci confusione e stress. La mindfulness ci consente di raggiungere la chiarezza e di distinguere la verità dal mito che abbiamo di noi. Forse non esiste una coerente e univoca risposta alla domanda “ Chi sono?”. Di fronte a questo interrogativo è più probabile sentire nella testa un brulichio di pensieri, ognuno dei quali allontana a turno l’altro mentre la mente irrequieta scandaglia le varie possibilità. Alcuni di questi pensieri corrisponderanno alle etichette legate ai ruoli ch e hai nella vita (madre, padre, figlia, figlio, amico, manager e così via) e al tuo personaggio: ovvero l’immagine che di te vuoi dare agli altri. Alcuni possono essere legati ai tuoi valori – morali, politici o spirituali – o a alla tua nazionalità. Tutti questi modi di descrivere te stesso si sommano, creando un’identità “composita” che non riesce a cogliere l’autenticità del tuo essere. La tua vera identità è altrove, indefinibile a parole. Non sei la tua immagine pubblica Chiunque voglia conoscersi più profondamente deve prestare una consapevole attenzione all’immagine di sé che dà al mondo, un espediente che usiamo quotidianamente nelle nostre interazioni con gli altri. Il sé esteriore non sempre corrisponde al sé interiore, più autentico. Il sé esteriore corrisponde al modo in cui vorremmo essere visti ed è anche l’ideale a cui aspiriamo. Ma non possiamo avere il pieno controllo della nostra immagine: essendo in parte condizionati dalle esperienze passate, non possiamo sempre scegliere come apparire. Quando il vero sé sente che è impossibile incarnare quel personaggio, iniziamo a dubitare della nostra vera identità. Sapere come funziona il tuo personaggio è un passo importante verso la comprensione di te stesso. Entrare consapevolmente nel qui e ora ti aiuta a vederlo per quello che è: un artificio, non un aspetto essenziale del tuo essere. CRISI D’IDENTITÀ La nostra identità composita ci aiuta a mantenere una certa stabilità negli incessanti cambiamenti della vita. Tuttavia, ci sono momenti in cui le varie parti dell’identità si scontrano mettendo in crisi le nostre certezze. Tre di questi momenti sono descritti di seguito. La pratica della mindfulness ci permette semplicemente di “essere” e di prenderci una tregua dai conflitti che sorgono nei momenti di difficoltà. Quando i nostri ruoli sono in conflitto tra loro. I ruoli che incarniamo (per esempio, genitore e manager) possono entrare in conflitto a causa del poco tempo che abbiamo a disposizione, facendoci sentire tra due fuochi: siamo più genitore o più manager? Passando ripetutamente da un ruolo all’altro, sentiamo di non poterli ricoprire entrambi per la nostra soddisfazione o per quella degli altri. Quando ciò che sappiamo di noi non corrisponde a ciò che vorremmo che gli altri pensassero di noi. Potremmo sentire la necessità di soddisfare le aspettative degli altri, ma di accorgerci di non esserne in grado. L’immagine che diamo di noi agli altri può diventare così una finzione. Quando ci identifichiamo con il nostro dolore. Il dolore - causato da scarsa autostima, da una relazione imperfetta o da una malattia fisica o mentale - può attecchire così profondamente da diventare parte della nostra identità. Attaccarci alla sofferenza ha lo sfortunato effetto di prolungarla. ESATTAMENTE COME NON È MAI STATO L’immagine idilliaca di te che dai agli altri (in grassetto) spesso serve a nascondere verità controverse che conosci solo tu (in grigio).