LA PIANIFICAZIONE ATTIVA SVILUPPARE E AFFINARE LE STRATEGIE Programmare è una lama a doppio taglio: se un buon piano può renderti più efficiente, uno cattivo ti farà invece perdere un sacco di tempo. Qual è il giusto equilibrio tra strategia e azione? Quando pianifichiamo bene, agiamo bene, anche se spesso ci ostiniamo a non farlo a meno di non essere costretti. Preferiamo risolvere i problemi via via che si presentano che prevenirli. Pensare d’anticipo ha però i suoi vantaggi. Cosa ci ferma? Gli scienziati cognitivisti Wayne Gray e Wai-Tat Fu sostengono che sono in sostanza due gli ostacoli che affrontiamo quando anticipiamo le difficoltà future: ■ le variabili non negoziabili, ciò che possiamo o non possiamo fare. Vincoli rigidi/hard: ■ le variabili più flessibili. Tutti preferiamo arrivare a un obiettivo con il minor sforzo cognitivo possibile. Dato che esistono due modi per farlo, di cui uno richiede più capacità mentali ed energia, i “vincoli soft” ci spingono verso l’altro. Vincoli morbidi/soft: A volte è necessario adattare i piani in corso d’opera, ma avere una strategia è sempre preferibile. Se conosci bene i tuoi meccanismi mentali, puoi anticipare i vincoli soft e limitarne l’impatto. Mettiamo che devi montare un giocattolo. Prima di iniziare, leggi le istruzioni o ti richiede uno sforzo di memoria eccessivo? Preferisci leggere un passaggio, farlo e proseguire, o passare dalla teoria alla pratica è troppo impegnativo? Alcuni hanno bisogno di più tempo per pianificare, mentre altri preferiscono avere uno spazio di manovra lungo il cammino. Capisci quale approccio cognitivo ti contraddistingue nel gestire compiti semplici e stabilisci il tuo piano d’azione. Pianificazione di gruppo Ogni buon piano che si rispetti deve andare bene all’intera squadra. In tal caso il modello IPO (“input-process-output”) ideato nel 1975 può essere utile (vedi “Efficacia del gruppo di lavoro” a destra). Per certi progetti serve un contributo minimo da parte di tutti, ma più la sfida è difficile più sono le variabili da considerare. Ecco alcuni consigli: ■ Più arduo è il progetto, più è importante programmare le mansioni. ■ Se i tuoi colleghi hanno un profilo junior dovrai redigere un piano dettagliato e prepararti a effettuare dei cambiamenti in corso d’opera mentre imparano (in inglese in-process planning). ■ Chiedi a ciascun membro di redigere un programma individuale: questo aumenta la produttività. Le persone tendono a non farlo a meno che non venga loro richiesto, quindi rendilo esplicito. ■ Non obbligare i colleghi a pianificare tutto nei dettagli se sanno già cosa stanno facendo: sarebbe una perdita di tempo. I gruppi lavorano meglio se ognuno conosce il suo compito e comunica in maniera appropriata con la squadra. Tieniti comunque pronto a porti come timoniere di una buona strategia. EFFICACIA DEL GRUPPO DI LAVORO Se lavori in un gruppo, dovrai incentivare gli altri a fare squadra per il bene comune. Il modello IPO (“input-processoutput”), ideato dagli psicologi J. Richard Hackman e C.G. Morris, ti consente di prevedere l’efficacia del tuo team. Prima di lavorare sulla strategia, prova a riempire questo modello con le tue risposte. INPUT Variabili: mansioni, regole del gruppo, esperienze e personalità dei membri della squadra, difficoltà della sfida. Esempi: ■ Dobbiamo realizzare tre nuove canzoni. ■ Andiamo abbastanza d’accordo, anche se c’è della tensione tra Mike e Jo. ■ Jo è un compositore eccellente, mentre Raj e Ben hanno ancora molto da imparare. PROCESS Variabili: strategie di performance, sforzo comune, competenze e conoscenze del gruppo. Esempi: ■ Ogni quanto possiamo fare le prove? ■ Verranno tutti? ■ Siamo tutti musicisti professionisti? ■ Crediamo in questo progetto? ■ Chi è il leader? È in grado di non lasciare indietro nessuno? OUTPUT L’efficacia dipende dalla combinazione dell’input con gli elementi del processo. Esempi: ■ Il nostro talento e il duro lavoro ci hanno permesso di dare il meglio di noi stasera. ■ Negli ultimi due pezzi eravamo esausti. FEEDBACK In cosa possiamo migliorare la prossima volta? Esempi: ■ Ai fan è piaciuto il concerto? ■ Cosa ne pensa il proprietario del locale? ■ Qualcuno della band ha qualcosa da dire? CONOSCI I TUOI OBIETTIVI Tutti i dirigenti aziendali sostengono che un buon piano è composto da quattro punti: ■ il tuo compito, ma anche la visione e i valori che ti animano. 1 Scopo: ■ le tappe che ti separano dal tuo obiettivo. 2 Traguardi: ■ il modo in cui pensi di raggiungere i traguardi. 3 Strategie: ■ cosa, quando e come agire. 4 Piano d’azione: ASPETTI DI UN BUON PIANO Uno studio del 1990 ha scoperto che per avere un piano di successo occorrono cinque componenti: ogni tuo passo deve essere votato al tuo obiettivo. 1 Orientamento al futuro: i membri del team devono interagire tra loro il più possibile. 2 Comunicazione: , riconoscere le opportunità e i pericoli. 3 Conoscere i propri punti forti e deboli tutti quanti devono conoscere le proprie mansioni. 4 Definizione dei ruoli: sviluppare idee, comunicare il daffare e la ripartizione delle risorse. 5 Piani d’azione: