Perché lo facciamo?
In Psicologia si chiama “insuccesso autoregolatorio”, cioè quando non siamo in grado di controllare il nostro comportamento pur sapendo che dovremmo.
Per capire l’origine di questo atteggiamento ci viene in soccorso il latino, da cui provengono la parola pro, “avanti”, e crastinus, “domani”.
Le sue cause sono complesse e in fase di studio, ma alcuni fattori che lo alimentano sono ormai noti:
■ È innato. Uno studio del 2003 ha scoperto che per circa il 22% è genetico.
■ L’attrattiva di una mansione gioca un ruolo determinante. Si definisce “avversione al compito”: meno ti piace più tenderai a posticiparlo.
■ Le persone nevrotiche o molto coscienziose (vedi “I Big Five” alle pp. 18-19) tendono a temporeggiare di più.
■ La tendenza al perfezionismo, la paura del fallimento e l’ansia del giudizio altrui si ripercuotono sulla procrastinazione. Ciò significa che lo
stress derivato dal non aver svolto un compito è inferiore a quello per averlo svolto male.
■ L’impulsività va a braccetto con la procrastinazione. Se fai fatica a controllare i tuoi desideri effimeri vuol dire che sarai portato a fare ciò che
ti piace e non ciò che devi.
■ Autosabotaggio. Chi crede di non avere il potere di cambiare le cose tenderà a gestire ciò che prova invece di mettersi all’opera.
■ Proprio perché può portare alla depressione, le persone depresse temporeggiano di più - in parte perché questo risucchia le loro energie.