Trarre lezioni dalle nostre cadute è cruciale. Uno studio americano del 2015 ha rilevato che dopo il fallimento della propria azienda non solo gli
imprenditori sono inclini a spostarsi in un altro settore, ma hanno meno chance di farcela, proprio perché, mancando di esperienza, danno per scontato
che ciò che ha funzionato in passato andrà bene anche in futuro. Ricadere nei vecchi pattern è semplice, per cui la cosa migliore è fare un
passo indietro e capire come cambiare le cose a partire dagli errori commessi.
Comincia a vederci chiaro
Tutti quanti siamo soggetti a uno strano errore cognitivo: invece della realtà vediamo ciò che vogliamo vedere. Secondo la “teoria dello schema”,
questo riguarda perfino ciò che abbiamo a un palmo di naso, come mettere la scatola dei cereali nel frigo perché siamo convinti che sia la dispensa,
fino a errori più gravi come attaccare la flebo sbagliata al paziente per colpa dello stress da lavoro. Minore è il nostro livello di attenzione, più
sbagliamo e dobbiamo imparare dall’errore.
Pensiero difensivo
Siamo intelligenti, farlo non dovrebbe essere un problema, no? Eppure, secondo l’economista Chris Argyris, le persone intelligenti spesso non ne sono
capaci per colpa di un’abitudine mentale. Chi ha successo di solito non è abituato a fallire, quindi non ha molta esperienza su come imparare dai
propri sbagli. La maggior parte di noi è orientata al problema (problem-oriented): abbiamo cioè la tendenza a rimediare a ciò che è andato storto il
più velocemente possibile per poi andare oltre.
Di certo è un modo efficiente di procedere, ma non ci permette di analizzare le cause e il nostro approccio (vedi “Apprendimento a doppio ciclo”
sopra).
Quando non otteniamo quello che desideriamo entriamo subito in modalità difensiva.
Non vogliamo addossarci la colpa di ciò che non ha funzionato e facciamo di tutto per dimostrarlo, precludendoci la possibilità di sviluppare le
capacità di problem-solving.
Cambia abitudini
Ci piace pensare di essere coerenti; Argyris però sostiene che i nostri princìpi sono minati da un modello di pensiero che punta a:
■ Mantenere il controllo.
■ Massimizzare le vittorie e ridurre le sconfitte.
■ Sopprimere i sentimenti negativi.
■ Essere “razionali”, ovvero giudicare il nostro comportamento secondo parametri soggettivi.
Questi meccanismi servono in sostanza a evitare ansie e imbarazzi, ma non ci aiutano davvero a migliorarci. Per farlo, invece, dobbiamo accettare le
fragilità che ci contraddistinguono (vedi p. 109) e assicurarci di cogliere tutte le occasioni di apprendimento possibili. Tutti quanti sbagliano: la
svolta sta nell’accettare gli errori, capire cosa li abbia provocati e nel caso cambiare approccio.
Così facendo tutto quanto sembrerà più semplice.