Il posto di lavoro tradizionale è costruito intorno al modello del capofamiglia e della casalinga, ma ormai sono in pochi a poterselo permettere o a
volerlo.
Uomini e donne desiderano indistintamente avere una famiglia, di rado però il lavoro va incontro alle esigenze della genitorialità, cosa che si
ripercuote soprattutto sulle donne. Se poi aggiungiamo che, a parità di comportamento, un uomo viene definito “sicuro di sé” e una donna invece
“intrattabile”, come può quest’ultima farsi strada quando pensa in grande?
Modelli occupazionali
Uno studio del 2012 svolto in Occidente ha rilevato che per riuscire a sbarcare il lunario le donne, specie se hanno famiglie a carico, tendono a
cambiare lavoro più spesso degli uomini, ad accettare orari part-time, prestazioni occasionali e posti a tempo determinato. Si trovano quindi a dover
gestire il passaggio da un impiego a un altro e a sottostare a condizioni instabili. Se poi si pensa al congedo di maternità e al tempo dedicato ai
parenti in condizioni di fragilità, è chiaro come a volte debbano mettere l’orgoglio da parte ed essere meno “esigenti”.
Il rumore del silenzio
A proposito di discussioni, è proprio vero che le donne parlano più degli uomini?
La femminista Dale Spender, dopo aver registrato quelle dei suoi studenti, ha chiesto loro chi tra maschi e femmine avesse parlato di più. Le
valutazioni delle seconde erano accurate, mentre i primi ritenevano che gli interventi fossero alla pari quando le donne parlavano il 15% del tempo e
sbilanciati a loro favore quando lo facevano il 30%. Come evidenzia la Spender “la loquacità delle donne non è misurata in rapporto agli uomini, ma al
silenzio”.
Raggiungi l’equilibrio
Intervistando centinaia di donne per il suo libro
When Work Doesn’t Work Anymore. Women, Work, and Identity, Elizabeth Perle McKenna ha
scoperto che tendono a desiderare di sentirsi “complete”, cioè a creare una definizione di successo tutta propria, che includa obiettivi lavorativi e
familiari.