IMPARA DAGLI ERRORI GUARDARE LE COSE IN PROSPETTIVA Se per te il successo è molto importante, quando qualcosa non va per il verso giusto rischi di farne un dramma. Per diventare davvero bravo, però, devi accettare il fatto che gli errori capitano e fanno parte del processo. Tutti commettiamo errori, perfino più spesso di quanto pensiamo. Allora perché quando qualcosa va storto siamo colti alla sprovvista? Ciechi davanti agli errori Kathryn Schulz, autrice di , si è domandata a lungo perché siamo sempre portati a credere di avere ragione. Sin da piccoli, infatti, impariamo che chi va male a un compito in classe non ha studiato, non è abbastanza intelligente oppure è un fannullone. Insomma, tutto ciò che nessuno vorrebbe essere. L’arte di sbagliare. Avventure al margine dell’errore Schulz fa notare che, sebbene scoprire di essersi sbagliati faccia stare male, finché non ce ne rendiamo conto . Ciò accade perché di solito di essere nel torto fino al momento in cui non lo scopriamo. A volte siamo così concentrati che ci sfuggono le cose più ovvie (vedi “Test di attenzione selettiva” qui accanto). Ecco cosa significa essere ciechi davanti agli errori. ci sentiamo proprio come se avessimo ragione non sappiamo Per avere successo ed essere felici, liberati dal pregiudizio che solo i fannulloni commettano sbagli. Capita anche a noi, solo che non ce ne accorgiamo o gli altri sono così gentili da non farcelo notare. Non è certo la fine del mondo. Come dice Schulz, ricordarci di non essere infallibili è un bene: l’imperfezione è una grande fonte di creatività. Successo vs maestria Ti consideri perfezionista? (vedi pp. 160-161). Talvolta, quando ci accorgiamo di aver svolto un compito che non rispetta i nostri standard, ci sentiamo abbattuti - come davanti a un errore. Ma dobbiamo davvero sentirci male per questo? In un famoso TED talk, la storica dell’arte Sarah Lewis racconta di aver assistito agli allenamenti di alcune tiratrici mentre si esercitavano nel “paradosso dell’arciere” (vedi sopra), che prevede di tirare leggermente storto per centrare il bersaglio. Questa, sostiene lei, è proprio la differenza tra successo e maestria: il successo consiste nel colpire il bersaglio, la maestria nel farlo più di una volta, anche se ciò implica averlo mancato innumerevoli altre. Molti grandi artisti, dice Lewis, sottostimano alcune loro opere che sono invece apprezzate: la “quasi-vittoria”, infatti, fa parte del processo di apprendimento. Se sei capace di giudicare il tuo lavoro negativamente significa che stai sviluppando le tue competenze e la tua maestria (vedi pp. 62-63). A nessuno piace sbagliare o fare qualcosa al di sotto delle proprie capacità. Tuttavia, non essere troppo duro con te stesso: perfino le persone più realizzate del mondo commettono errori. L’arte non è , ma solo . mai finita abbandonata (attribuita anche allo scrittore E.M. Forster e al poeta Paul Valéry) Leonardo da Vinci IL PARADOSSO DELL’ARCIERE Per dire di aver raggiunto il bersaglio devi proprio colpire il centro? Non è detto. Il tiro con l’arco ci fornisce un buon esempio sul perché sbagliare è fondamentale. Le frecce sono fatte in modo da flettersi e curvare a metà traiettoria. Il tiratore deve quindi tenere conto della rigidità dell’asta per calcolare la deviazione del volo. Questo è il “paradosso dell’arciere”: il tiro perfetto prevede di mirare leggermente più in là rispetto al centro del bersaglio. A volte l’unico modo per farsi un’idea di come andrà è scoccare qualche freccia. Immagina che i tuoi errori siano solo dei tiri di prova: guarda dove vanno a finire i tuoi sforzi e correggi la mira. TEST DI ATTENZIONE SELETTIVA Nel 1999, i due psicologi di Harvard, Christopher Chabris e Daniel Simons hanno mostrato a dei volontari un video in cui due squadre, vestite rispettivamente di bianco e di nero e composte da tre persone ciascuna, si muovevano in uno spazio ristretto con due palle da basket. I volontari dovevano contare il numero di passaggi che i giocatori facevano all’interno della propria squadra nell’arco di un minuto. Durante la partita però, qualcuno travestito da gorilla è entrato in campo, si è fermato al centro e dopo essersi battuto i pugni sul petto, è uscito. Metà dei volontari era così concentrata sul proprio compito che non si è nemmeno accorta della presenza dell’intruso. Questo esperimento si è convertito in un classico esempio di attenzione selettiva: quando ci troviamo di fronte a una sfida, capita che ci sfuggano le cose più ovvie.