TRA TALENTO E DURO LAVORO SEI PREDESTINATO AL SUCCESSO? Gli psicologi ci dicono di alimentare i nostri punti di forza, i dirigenti di lavorare sodo. Ma c’è una via di mezzo tra il talento innato e l’automiglioramento? La cosa migliore da fare è non sottovalutare nessuno dei due aspetti. Il detto “la pratica rendere perfetti” è un ottimo punto di partenza nella scalata verso il successo. Ma cosa possiamo aspettarci da noi stessi per quanto riguarda il talento innato e il duro lavoro? 10.000 ore? Forse avrai già sentito parlare della teoria dello psicologo svedese K. Anders Ericsson, poi ripresa da Malcom Gladwell nel suo libro , secondo cui per diventare davvero bravi in qualcosa occorrono 10.000 ore di allenamento. Ma la realtà non è così semplice. Fuoriclasse Lo stesso Ericsson ha infatti dichiarato nel 2012 che non intendeva affatto negare il ruolo della genetica, ma solo che non era ancora avallato da prove. Ha anche sottolineato che 10.000 è solo una media delle ore necessarie e che la pratica deve essere costante e sistematica. Altri studi hanno poi messo in dubbio i suoi risultati: un’analisi del 2014 ha rilevato che solo il 12% della padronanza di una competenza dipende da quanto ti alleni. Gemelli musicisti Uno studio del 2014, condotto dalla neuroscienziata svedese Miriam Mosey, ha riscontrato che in oltre 1000 coppie di gemelli monozigoti il talento musicale, in termini di orecchio e senso del ritmo - abilità presa in considerazione anche da Ericsson -, era solo in minima parte influenzato dalla pratica: in un caso, nonostante 20.000 ore di esercizio in più, la differenza tra i due fratelli non era sostanziale. Certo, la pratica aiuta a migliorare alcune competenze tecniche, tuttavia lo studio sui gemelli dimostra che sia la genetica sia la pratica influiscono sul talento musicale. Il potere del flusso Come si diventa bravi in qualcosa? Non è tutto merito dei geni e della pratica. Il trucco sta nel trovare il “flow”, ovvero il “flusso”. Il concetto rimanda al modello di felicità PERMA (vedi pp. 48- 51). Uno studio americano del 2013 distingue tra la nozione di “piacere”, cioè il bisogno di cercare gratificazione, e di “coinvolgimento”, ossia la tendenza a perderci in uno stato di totale assorbimento rispetto all’attività che stiamo svolgendo. Ecco cos’è il flusso. Ma è anche una strada per il successo: la ricerca afferma che le persone a caccia del piacere erano inclini a distrarsi, mentre quelle coinvolte mostravano una maggiore grinta (vedi pp. 64-65) e resistenza, oltre ad ambire a traguardi più alti. Secondo Martin Seligman, il talento e la pratica incidono sulle nostre abilità allo stesso modo: la reale differenza sta tra il “talento”, innato e indiscusso, e i “punti di forza”, che possiamo coltivare. La pratica non ci renderà mai perfetti se alla base non c’è un’attitudine che ci sostiene. In questi casi la cosa migliore è circondarsi di validi collaboratori che compensino le nostre mancanze (vedi pp. 74- 75). Dedicarti alla tua passione e trovare il flusso ti permetteranno di mantenere la motivazione necessaria. Così facendo, riuscirai a sviluppare al massimo le tue qualità. L’ e il possono essere condizionati dall’ . intelligenza rendimento scolastico estrazione sociale Oliver James METTITI ALLA PROVA Gli elementi che definiscono i punti di forza sono numerosi. Grazie a loro: ■ Ti senti te stesso: “Questo è ciò che amo”. All’inizio non occorre che tu sia bravo in ciò che fai: sei spinto dal desiderio di imparare. ■ Ti emozioni quando fai piccoli progressi. Ti sei soffermato ad analizzare che percorso hanno fatto le persone ormai capaci nell’ambito che ti interessa? In questo modo puoi dar forma alle tue competenze. ■ Cerchi un feedback. Chiedi l’opinione sul tuo operato ogni volta che se ne presenta l’occasione. ■ Ti senti carico e felice quando usi le tue capacità. NATI PER ESSERE FELICI? Lo psicologo Martin Seligman sostiene che il nostro livello di felicità - imprescindibile per esprimere a pieno il nostro potenziale - si può riassumere nella seguente formula: H = S + C + V la durata della nostra felicità dipende da tre fattori. H (“happiness”, felicità): la predisposizione ereditaria a stati depressivi o meno, da cui dipende il 40/50% dei tuoi livelli di felicità e che funge da “bussola emotiva”. Le tue scelte determinano se a prendere il controllo saranno le emozioni positive o quelle negative. S (“set range”, quota fissa): il fatto di vivere, oppure no, in un paese democratico del primo mondo, con una forte rete di sostegno e la possibilità di ridurre al minimo le situazioni e i sentimenti negativi. C (“circumstances”, circostanze della vita): le azioni, le scelte, le decisioni che compi ogni giorno determinano il tuo livello di felicità. V indica i fattori che dipendono dal nostro controllo volontario: