9. ASPETTI PNEUMOLOGICI

GIOIA PIATTI

Le infezioni respiratorie

Sebbene gli studi di mortalità nei soggetti affetti da s. di Down (SD) riportino come cause più frequenti di morte i difetti cardiaci congeniti e le infezioni respiratorie (1,2), le problematiche pneumologiche sono meno conosciute e studiate rispetto a quelle che interessano altri organi ed apparati.

Uno studio di sopravvivenza della durata di 10 anni (3), effettuato in Irlanda, ha dimostrato come la mortalità maggiore in questi soggetti si ha nel periodo compreso tra la nascita ed il primo anno di vita, e che circa il 20% delle morti è dovuto ad infezioni; la polmonite rappresenta la complicanza più frequente della malattia cardiaca congenita ed il tasso di mortalità per infezioni respiratorie in soggetti senza cardiopatia congenita è circa il doppio di quello osservato in soggetti di pari età, non affetti da SD.

Nello studio di Yang et al. (1), effettuato su circa 18.000 soggetti con SD, l’incidenza di polmonite, influenza ed infezioni respiratorie da aspirazione aumenta con l’età.

Questo dato era già stato riportato da Balarajan et al. (4) che annoverava la broncopolmonite come causa più frequente di morte nei soggetti più vecchi e la cardiopatia congenita come causa più frequente nel giovane.

Le patologie del tratto respiratorio inferiore sono anche una delle cause più comuni di ospedalizzazione (5), indipendentemente dalla coesistenza o meno della cardiopatia congenita, sebbene in quest’ultimo caso la durata del ricovero tenda ad essere più prolungata, la gravità dell’infezione tenda ad essere maggiore e sia più frequente la necessità di supporto ventilatorio durante il ricovero. i bambini con SD, probabilmente per l’incoordinazione faringea (6), ed i soggetti più anziani, in cui spesso si associano l’obesità ed alterazioni neurologiche come la demenza, sono anche più predisposti all’aspirazione tracheale (7).

Le infezioni respiratorie e soprattutto la polmonite sono ancora più frequenti quando i soggetti sono istituzionalizzati, come dimostrato dallo studio di Van Allen et al. (8), effettuato su 38 casi affetti da SD, ricoverati presso un centro per individui con ritardo mentale e seguiti per un periodo di 12 anni: oltre la metà di questi soggetti, durante la permanenza presso questo centro ha sviluppato una polmonite; la ricorrenza dell’evento ed il recupero incompleto erano maggiori quando le capacità motorie del soggetto erano ridotte.

Anche Chaushu et al. (9), paragonando l’incidenza delle infezioni respiratorie ricorrenti (definite come presenza di tre o più episodi di bronchite, tonsillite, sinusite, otite media, raffreddore comune, faringite nell’ultimo anno, oppure di interventi chirurgici di tonsillectomia o adenoidectomia) nei soggetti affetti da SD istituzionalizzati e non, hanno osservato che nel primo gruppo le infezioni respiratorie ricorrenti sono più frequenti, con incidenza circa doppia rispetto al gruppo che vive in ambiente domestico: il più elevato stress psicososociale avrebbe un ruolo etiopatogenetico importante.

Oltre alle infezioni respiratorie, il soggetto Down è predisposto ad infezioni della cute, delle mucose e dell’apparato gastroenterico (10): la causa dell’ aumentata suscettibilità alle infezioni nel soggetto con SD è incerta. Da una parte, vi sono anomalie immuno-ematologi-che (al cui capitolo si rimanda per un’analisi più approfondita) che potrebbero giustificare questo fenomeno, come ad es. la presenza di neutrofili alterati e con vita più breve (11); sono state segnalate linfopenia ed eosinopenia (12), così come sono state riportate alterazioni dell’immunità cellulo-mediata e delle immunoglobuline seriche (13, 14).

Per quanto concerne i polimorfonucleati neutrofili, è stato segnalato (15) che la percentuale di cellule non vitali in circolo è circa 6 volte maggiore nella SD rispetto ai soggetti normali; queste cellule presenterebbero anche un deficit di chemiotassi (16,17), mentre la capacità di fagocitosi, il burst ossidativo e l’espressione di alcuni markers di superficie sarebbe normale.

Riguardo ai linfociti, da molti anni sono note alterazioni anatomopatologiche a carico del timo, che presenta ipoplasia, scarsa differenziazione della corticale e della midollare e corpuscoli di Hassall con aspetti degenerativi (18). La presenza di un deficit funzionale dei linfociti T nella SD è evidenziabile dopo stimolazione in vitro con fitoemoagglutinina (19): dopo i 10 anni di età, la risposta allo stimolo diventerebbe progressivamente deficitaria; sarebbe inoltre comune una compromissione delle prove cutanee di ipersensibilità di tipo ritardato.

Un recente studio (14) condotto per valutare i deficit immunitari in soggetti dismorfici conferma come nella SD si riscontrino anomalie immunologiche più frequentemente che in altri gruppi, con diminuzione soprattutto nel numero di linfociti B e NK.

Cocchi et al. (13) hanno seguito per i primi 5 anni di vita 30 bambini con SD per studiare il trend temporale di alcune funzioni del sistema immunitario come il numero di globuli bianchi, il numero di linfociti CD4+, CD8+, NK, i livelli di immunoglobuline e di zinco. Essi hanno riscontrato che il numero assoluto di globuli bianchi decresce dal 3°-4° mese di vita in poi e si mantiene stabile nel corso dei primi cinque anni, pur essendo i valori medi nelle diverse età un po’ ridotti rispetto alla popolazione di controllo; il numero assoluto di linfociti segue il trend temporale della popolazione normale, ossia si riduce gradualmente dal 6° mese di vita in poi, sebbene i valori medi nei soggetti Down siano un po’ inferiori; i linfociti CD4+ si riducono progressivamente fino ai tre anni e mezzo d’età e poi si stabilizzano, anche se i valori medi sono inferiori alla norma; al contrario, i linfociti citotossici CD8+, che nei soggetti normali sono stabili fino a 24 mesi, nel soggetto Down aumentano dal 9° mese di vita fino ai 5 anni; il rapporto CD4/CD8 decresce rapidamente dal 3°-6° mese di vita e poi rimane stabile fino ai 5 anni; i linfociti natural killer tendono ad aumentare nel periodo compreso tra i 18 mesi e 4 anni, in modo abbastanza simile ai soggetti normali benché in questo caso raggiungano un plateau a 18-24 mesi e poi decrescano per mantenersi stabili fino ai 5 anni. In questo studio i livelli di immunoglobuline non differiscono da quelli dei soggetti normali. I livelli di zinco sono mediamente nella norma e tendono ad abbassarsi dopo i 3 anni di età; livelli più bassi sono eventualmente riscontrabili durante l’infanzia o l’adolescenza, per cui la supplementazione di zinco sotto i cinque anni di età non sarebbe necessaria.

A questo proposito, anche altri Autori (20) hanno somministrato zinco, secondo un disegno cross-over con placebo per un periodo di 6 mesi, a 64 bambini con SD di età compresa tra 1 e 19 anni: essi, pur riscontrando valori basali sierici di zinco bassi ed un aumento del 150% dei valori rispetto a quelli basali dopo il trattamento, non hanno evidenziato benefici valutabili in termini clinici, come incidenza di infezioni, né in termini laboratoristici, considerati i livelli di immunoglobuline, di complemento, le conte linfocitarie totali o per sottopopolazioni. Gli stessi Autori avevano dimostrato precedentemente (21) nello stesso gruppo di soggetti con SD di età pediatrica che i livelli di IgM sono più bassi rispetto alla popolazione di controllo e che i valori aumentano con l’età in entrambi i gruppi; le IgG e le IgA aumentano con l’età in misura maggiore nel soggetto Down, e inoltre i soggetti Down hanno conte linfocitarie più basse, un minor numero di linfociti T helper, suppressors e citotossici. Anche Burgio et al. (10,19) avevano riscontrato la tendenza di questi soggetti ad avere bassi livelli di IgM ed alti livelli di IgG sierici, oltre la frequente presenza di autoanticorpi.

Loh et al. (22) hanno studiato le immunoglobuline e le sottoclassi delle IgG in 26 bambini con SD che accusavano infezioni respiratorie ricorrenti: mentre non riscontravano alterazioni delle IgM e delle IgG totali, gli Autori riportavano un deficit di IgG4 in oltre la metà dei soggetti. Questo sottogruppo di IgG sarebbe coinvolto nella risposta ad antigeni polisaccaridici ed è l’unico in grado di attivare il complemento per via alternativa, pur rappresentando meno del 10% delle IgG circolanti (23).

Chaushu et al. (24) hanno evidenziato come i soggetti Down con infezioni respiratorie ricorrenti presentino un deficit di secrezione salivare (10% rispetto ai soggetti sani) ed una ridotta secrezione di IgA e IgM salivari; al contrario, i soggetti Down che non hanno infezioni respiratorie ricorrenti hanno spesso una secrezione salivare comunque ridotta (45% rispetto a soggetti non Down), ma livelli di immunoglobuline salivari maggiori, con riduzione prevalente delle IgA, mentre le IgM sarebbero entro i limiti fisiologici.

Nel tentativo di far luce sui meccanismi che possono condizionare una propensione alle infezioni respiratorie, anche noi abbiamo condotto uno studio (25) per valutare la clearance mucociliare in 18 soggetti con SD, di età compresa tra 1 e 48 anni, con un’anamnesi positiva per rinite, sinusite, otite, tosse o produzione di muco, in fase di stabilità clinica. Lo studio della motilità delle cilia respiratorie ha evidenziato la presenza di un deficit di clearance mucociliare nella SD, poiché il valore medio del battito ciliare è risultato inferiore alla norma (media: 7 ± 2.82 Hz vs 10.94 ± 0.65 Hz nei soggetti normali). Oltre la metà dei soggetti esaminati presentava un movimento ciliare di tipo fibrillante, senza metacronalità; lo studio delle cilia respiratorie al microscopio elettronico non ha tuttavia rivelato anomalie ultrastrutturali, consentendo di escludere difetti ciliari primitivi e di attribuire le suddette alterazioni della clearance mucociliare alle infezioni ricorrenti dell’albero respiratorio e quindi di considerarle, con buona probabilità, eventi secondari.

In modo simile, un altro studio condotto successivamente (26) ha confermato l’assenza di anomalie ultrastrutturali delle cilia nella s. di Down. È peraltro da segnalare che in letteratura è stato anche riportato il caso di un soggetto Down di 8 anni, con una storia di infezioni ricorrenti del tratto respiratorio superiore, presenza di bronchiettasie e situs solitus, che all’esame ultrastrutturale dimostrava un insolito difetto ciliare, ovvero una conformazione a “U” delle subunità A del cilio, anziché ad “O”: gli Autori concludevano per una diagnosi di discinesia ciliare primitiva associata a SD.

Un altro aspetto molto interessante ed oggetto di numerosi studi, specialmente negli ultimi anni, riguarda le alterazioni del metabolismo ossidativo che correlano da una parte, con l’aumentata incidenza di infezioni e dall’altra, con le alterazioni neurologiche, l’invecchiamento precoce ed altre patologie degenerative come la cataratta: nella SD infatti, uno degli enzimi cardine del metabolismo ossidativo è la superossido-dismutasi, codificata proprio dal cromosoma 21, presente nella sindrome in triplice copia. i polimorfonucleati neutrofili dei soggetti Down presentano aumentati livelli di questo enzima (circa 50% in più) che converte l’anione superossido in perossido di idrogeno, contribuendo alla suscettibilità alle infezioni causate da microrganismi che richiedono la presenza di anione superossido per poter essere distrutti (16,27), come ad es. S. aureus, C. albicans e Aspergillus. Le infezioni stafilococciche rappresentano un problema comune nella SD (28).

Livelli aumentati di superossido-dismutasi sono stati evidenziati non solo nei polimorfonucleati neutrofili, ma anche negli eritrociti, nei linfociti, nei fibroblasti e nelle piastrine


Simbolo

Nome

BTG3

Famiglia BTG, membro 3

MRPL39

Proteina mitocondriale ribosomale L39

ATP5J

Fattore 6 di accoppiamento mitocondriale

GABPA

Fattore di trascrizione della proteina di legame GA, subunità alfa (60 kDa)

BACH1

Fattore di trascrizione 1 (basic leucin zipper)

SOD1

Superossidodismutasi-1, solubile (sclerosi laterale amiotrofica dell'adulto)

CRYZL1

Cristallino tipo zeta (chinone reduttasi)

ATP50

ATP sintetasi che trasporta H+, complesso mitocondriale F1, subunità O

MRPS6

Proteina mitocondriale ribosomale S6

DSCR1

Regione 1 critica della s. di Down

CBR1

Carbonil reduttasi 1

CBR3

Carbonil reduttasi 3

SH3BGR

Proteina ricca di acido glutammico con dominio SH3

NDUFV3

NADH deidrogenasi (ubichinone), flavoproteina 3 (10 kDa)

SNF1LK

Chinasi simil SNF-1

C21orf2

Open reading frame del cromosoma 2 (proteina mitocondriale)

Tab. 1 Geni sul cromosoma 21 coinvolti nel metabolismo ossidativo e nella produzione di energia: tratto da Roizen et al. (31).


(29,30). Sul cromosoma 21 inoltre vi sono ben 16 geni che codificano per altre molecole coinvolte nel metabolismo ossidativo e nella produzione di energia a livello mitocondriale (31): essi sono riportati in Tab. I. In un gruppo di 20 soggetti con SD in fase di stabilità clinica e 16 soggetti di controllo noi abbiamo valutato la presenza di 8-isoprostano, marcatore di perossidazione lipidica e quindi di stress ossidativo, nel condensato esalato (EBC) e nel sangue venoso: in entrambi i tipi di campioni biologici abbiamo osservato livelli aumentati di 8-isoprostano (dati non pubblicati), confermando come nella SD il metabolismo ossidativo sia incrementato. L’interesse di queste osservazioni risiede anche nella possibilità di monitorare in questi soggetti lo stress ossidativo e l’efficacia di eventuali trattamenti antiossidanti con metodiche non invasive come quella del condensato esalato.