20. ASPETTI TERAPEUTICI 

DELLO STRESS OSSIDATIVO

UMBERTO CORNELLI
Introduzione

La sindrome di Down (SD) è la più comune causa di disabilità mentale di origine genetica e, nei paesi evoluti, considerando tutte le forme, trisomia pura- mosaicismo- difetti di traslazione del cromosoma 21 (Ch 21), essa si osserva approssimativamente in 1 caso su 700/800 nati (1).

Visti nel loro complesso, i portatori di SD hanno una sopravvivenza ridotta rispetto agli altri individui e le più frequenti cause di morte sono i difetti congeniti cardiaci e le infezioni respiratorie (1). Tuttavia, anche la demenza, i disturbi tiroidei (ipo/iper), le polmoniti da aspirazione, l’influenza, l’epatite e la leucemia sono tra le più rappresentative cause di morbilità e decesso in questi soggetti.

Tutte queste patologie e la precocità dei relativi decessi stanno ad indicare una relativa fragilità.

Confrontando i dati di mortalità nel tempo (1) risulta evidente che l’età media di decesso era 25 anni nel 1983 e 49 anni nel 1997. Questo dato indica un incremento di 24 anni di vita rispetto all’incremento di soli 3 anni riscontrato nella popolazione normale di confronto.

È certamente un grande risultato per i soggetti affetti da SD, che testimonia l’aumento dell’ interesse rivolto a questa condizione, sia per gli aspetti correlati alla cura familiare che alla chirurgia cardiaca oltre che alle cure mediche generali.

L’osservazione di una più ridotta frequenza di alcuni tumori solidi (2) è da interpretare appunto con una maggior attenzione da parte dei familiari per quei fattori facilitanti quali tabacco, alcol, esposizioni occupazionali. L’ipotesi suggestiva di alcuni ricercatori (3) che nel Ch 21 sia codificato un gene che sopprime i tumori (anche se non quelli del testicolo/ ovaie e i retino blastomi), oppure la vecchia ipotesi di un generale rallentamento replicativo cellulare (4,5), pur corredati di alcuni fondamenti, restano comunque epifenomeni da comprendere e studiare più a fondo.

Dal punto di vista generale, la terapia delle affezioni correnti in un soggetto con SD non si discosta da quelle attuabili nella popolazione generale, ma alcuni accorgimenti devono comunque essere molto puntuali proprio in ragione di quella già citata fragilità.

L’attenzione di questo capitolo è rivolta alla definizione della componente di stress ossidativo (SO) che rappresenta un elemento pressoché costante in tutti i soggetti SD. Esso è considerato da correlare alla sovra-espressione della superossidodismutasi-1 (SOD-1) codificata sul Ch 21. Tuttavia il Ch 21 non codifica solamente la SOD-1, in quanto la sua sequenza genica (almeno quella completa al 97,7%) ha rilevato 127 geni noti, 98 predicibili e 59 pseudogeni (3 ). Tra questi sono ben noti i geni che governano la proteina precursore dell’amiloide (APP) e la cistationina-P-sintetasi (6).

Pressoché tutti gli elementi citati riguardano direttamente o indirettamente l’espressione dello SO che pertanto vale la pena di chiarire in funzione di possibili trattamenti.


LO STRESS OSSIDATIVO

Visto come fenomeno generale, lo SO deriva da uno sbilanciamento tra la produzione/ esposizione a specie reattive (SR) e la rete antiossidante che dovrebbe opporsi ad esse (questa opposizione può essere definita “smorzamento” o “quenching”).

Per produzione/esposizione si considerano sia la produzione da parte del nostro organismo (per motivi energetici, metabolici o reattivi) che l’esposizione ad agenti atmosferici e/o inquinanti.

Non è compito di tale capitolo addentrarsi nei meandri delle varie SR (7), ma basta qui definire che qualsiasi SR tende a trasformarsi, o meglio a essere trasformata nel nostro organismo in specie reattive dell’ossigeno (ROS) che sono: superossido (O2^); perossido di idrogeno (H2O2); radicale idrossile (OHV Questi ROS hanno la tendenza a trasformarsi in H2O, che è il più geniale e fisiologico terminale dello smorzamento delle RS.

Il ciclo di smorzamento

Quando, per qualsiasi ragione, nel nostro organismo l’O2 (ossigeno molecolare) riesce a captare un elettrone (e-) esso diventa O2^ (superossido), il quale è una specie molto reattiva (ossidante) e per questo innesca una serie di reazioni che si possono definire come “ciclo ci smorzamento”, i cui prodotti hanno sia natura radicalica (il puntino in alto a destra o a sinistra ne definisce tale caratteristica) che non radicalica: ma tutti comunque, radicali o non radicali, hanno un’ elevata capacità ossidante.

Pertanto, è importante che nel nostro organismo l’O2^ sia rapidamente trasformato nel prodotto terminale, ovvero H2O. Se tale smorzamento non si svolge in modo armonico, cioè evitando dispersioni fuori dal ciclo, si genera il fenomeno noto come SO il quale tende a propagarsi per contiguità.

Analizziamo il processo con più dettaglio.

O2 + e- ->O2 (superossido). Ovvero, l’O2 ha captato un elettrone (ci troviamo all’interno di una cellula, per esempio nei mitocondri) e subito va incontro a dismutazione.

Dismutazione

Si tratta di una trasformazione biochimica operata dall’enzima SOD-1 (oppure da SOD-2, 3, 4): l’enzima unisce due molecole di O2^ con 2 di H+ (che prende dall’H2O oppure da acidi presenti sul posto) e con un e- derivante dal Cu1+ che si trova nel suo sito catalitico.

L’enzima trasforma quindi le due molecole di superossido rispettivamente in O2 e H2O2.

La dismutazione in termini generali avviene come segue: il metallo di transizione (Mn+), capta un elettrone all’O2* e lo trasforma in O2.

Mn+ + O2' -> M(n-1) + O2 questa reazione si chiama superossidoreduttasi (SOR)

M(n-1)+ + O2' + 2 H+ -> Mn+ + H2O2 questa reazione si chiama superossidossidasi (sOO)

Mn+ rappresenta qualsiasi metallo del sito catalitico della sOs.

Il complesso di SOR e SOO si chiama superossidodismutasi o SOD (8,9).

Esistono diverse SOD, la cui parte catalitica può contenere Cu/Zn (SOD-1) o Mn (SOD-2) o Fe(SOD -3) e infine Ni (SOD-4).

L’enzima SOD-1 è una proteina che ha un cono di accesso al sito catalitico. Tale cono è costituito da aminoacidi che gli conferiscono una carica positiva (lisina in 120 e lisina in 134) e quindi esso ha la possibilità di legare anioni (O2' è infatti un anione tanto che correttamente si dovrebbe riportare come O2'-). Questi anioni sono depositati sul sito catalitico (arginina in 141) che contiene Cu 1+ e che non sembra far partecipare lo Zn2+ (legato a ponte con il Cu+ attraverso un imidazolo). Tale cono, oltre che legare altri anioni, può legare anche l’ H2O2 (10), la quale può inattivare l’enzima. A differenza di H2O2 l’anione O2' non riesce a saturare la SOD (8).

Questo ci indica che uno dei prodotti della dismutazione, se non è rimosso, può bloccare l’accesso al sito catalitico dell’enzima e accumularsi nell’intorno. Questo avviene se l’H2O2 è in eccesso o non ha la possibilità di entrare nella reazione che segue la dismutazione, la quale è nota come reazione di Fenton.

Tale reazione non è di tipo enzimatico, ma avviene alla presenza di metalli di transizione, tra i quali il più importante è il Fe2+ (si ricorda che il Fe legato a metalloproteine è ubiquitario).

Reazione di Fenton

H2O2 + Fe2+ -> OH' + OH- + Fe3+

In tale modo si forma l’OH* (radicale idrossile), che è l’ossidante più reattivo del nostro organismo. In altri termini, se sul posto non è presente un donatore di H+, l’ OH' cattura H+ dove è possibile. Essendo estremamente reattivo, l’OH' è immediatamente smorzato dagli enzimi perossidasi (GPX) e catalasi (CAT), i quali hanno come gruppo prostetico il glutatione ridotto (GSH) che cede un atomo d’ idrogeno all’OH' e lo trasforma in H2O.

Pertanto, se l’H2O2 non subisce questa sorta di “drenaggio”, tende ad accumularsi nel sito di formazione, quindi può bloccare la dismutazione, oltre che diffondere a distanza e ossidare quanto incontra. Non solo, ma l’eccesso di H2O2 può obbligare l’enzima a esercitare la sua capacità reattiva nel trasformare l’H2O2 in OH' (11) quasi a sostituirsi in qualche modo alla reazione di Fenton. Pertanto la SOD-1 in eccesso, in un modo o nell’altro produce OH'. 3

Si è notato come il glutatione ridotto (GSH o y-glutammil-cisteinil-glicina; la cisteina è anche presente come selenocisteina, ovvero legata al Se) sia l’ultimo anello della reazione che porta finalmente a H2O.

Il GSH può esistere libero o legato agli enzimi (GPX e CAT). Comunque, una volta che ha ceduto l’H deve essere rigenerato, cosa che avviene a sua volta attraverso il sistema enzimatico nicotinammide- adenina- difosfomucleotide NAD(P)H attraverso la G6PDH (glucosio 6 fosfato deidrogenasi). La produzione di GSH, o meglio il suo ripristino, dalla forma che ha ceduto idrogeno GSSG (glutatione ossidato derivante dall’unione di 2 GSH che hanno ceduto il loro H) avviene per l’intervento dell’enzima G6PDH (glucosio-6 fosfato deidrogenasi). Questo processo di ripristino è legato al ciclo dei pentoso fosfati (vedi Fig. 1) e implica consumo di ATP, pertanto è energeticamente dispendioso. Tuttavia, essendo il ciclo dei pentoso fosfati il punto di partenza della glicolisi l’energia si recupera nel resto della reazione glicolitica.

Questo processo è importante nelle cellule prive di mitocondri, quali gli eritrociti, i quali utilizzano il glucosio come fonte energetica per sostenere la spesa energetica legata alle loro varie funzioni, in particolare quella di proteggere l’emoglobina dall’ossidazione.


Fig. 1 Il ciclo dei pentosi, qui rappresentato parzialmente, consente la produzione di ATP per glicolisi, senza ricorrere alla catena respiratoria mitocondriale. Il glucosio (G) è fosforilato attraverso l’uso di ATP. Il ribulosio- 5-fosfato (R5P) per passaggi successivi è convertito in G6P per ripristinare il ciclo. Attraverso la glucosio-6- fosfato deidrogenasi (G6PDH) si produce nicotinamide adenina difosfonucleotide (NADPH) che ripristina il glutatione ridotto (GSSG). Questa parte della reazione consuma ATP. Una parte di R5P, con l’uso di un ulteriore ATP, è trasformato in triosi (difosfoglicerato e successivamente piruvato) generando 4 molecole di ATP. Pertanto il bilancio energetico è positivo (si consumano 2 ATP e si generano 4 ATP). Questa energia prodotta seguendo la via dei triosi consente, ad esempio agli eritrociti, di mantenere il potenziale di ossidoriduzione per proteggere l’emoglobina e per svolgere tutti gli altri processi ossido riduttivi, compreso il ciclo di smorzamento del O2 •(99).


È fondamentale che il passo finale della reazione OH7GSH avvenga in modo efficiente, per fare in modo che tutto il processo, dalla formazione di O2^ a quella di H2O, si svolga senza dispersione di forme reattive, che tenderebbero a ossidare l’ambiente circostante nelle sue varie componenti ovvero: lipidi di membrana, proteine, DNA o RNA, proteoglicani. Se il drenaggio riduttivo finale non riesce a compiersi in modo efficiente, l’accumulo di ROS si ripercuote a ritroso sino al sito catalitico della SOD.

Pertanto, nel caso di una sovra-produzione di SOD-1 si possono verificare diversi eventi:

a) riduzione della disponibilità di O2^ in quanto l’enzima lo trasforma molto velocemente

b) riduzione dell’attività dell’enzima per eccesso di produzione di H2O2

c) sovra-produzione di OH per azione catalitica sulla H2O2 da parte della SOD

d) Sovra-produzione di OH attraverso la reazione di Fenton

Ciascuno di questi eventi ha la possibilità di svolgersi in caso di una sovra-produzione di SOD-1.

A seconda della disponibilità di sostanze riducenti, tra le quali primeggia il GSH, la reazione può compiersi in modo diverso nelle cellule, anche a seconda della loro tipologia. La presenza o meno del nucleo (esempio gli eritrociti) e del relativo corredo reattivo (attivazione per trasduzione) condiziona il tipo di risposta.

Poiché ciascuno dei ROS ha un’azione differenziata a livello dei segnali di trasduzione (12, 13), la presenza di una o dell’altra tipologia di ROS può esitare in risposte cellulari molto differenti.

C’e chi sostiene infatti che un aumento della SOD-1 (14) porta a un decremento della presenza di O2’, ovvero si riduce lo stato stazionario di questo ROS.

Poiché l’O2’ mantiene limitata la produzione di ossido di azoto (NO’) per inibizione della sua sintesi, il risultato vettoriale non sarebbe un’ aumentata produzione di H2O2, ma un incremento della disponibilità di ossido di azoto NO’, con le conseguenze relative non sempre benefiche. Queste conseguenze relative sono la sovrapproduzione di perossinitrito (ONOO ) e poi di Off, identificabile come “paradosso dell’ossido di azoto”, in quanto all’azione vasodilatatrice di NO’ si sostituisce quella vasocostrittrice di Off.

La maggior disponibilità di NO’ potrebbe essere il motivo della ridotta incidenza di malattia aterosclerotica nei soggetti con SD.

L’aspetto della relazione fra O2’/ NO’/ONOO / OH’ riguarda ovviamente le cellule che possono operare la sintesi di NO’ (endotelio, astrociti, macrofagi ecc.) e aggiunge complessità a tutto il sistema. il tutto suggerisce che non si deve mai intervenire drasticamente, ad esempio usando dosaggi elevatissimi di antiossidanti al fine di correggere un’alterazione, ma che invece si deve cercare di armonizzare il sistema con pazienza e perizia. Queste ultime due qualità presuppongono, oltre a una conoscenza più dettagliata dei fenomeni, anche la possibilità di poter valutare le modificazioni farmacologiche indotte dalle eventuali terapie messe in atto.

Tuttavia, tutte le condizioni a, b, c, d oltre che l’interrelazione con NO’ conducono a stress ossidativo, ma le modalità di trattamento possono differire in modo consistente.

Da ultimo, la sovra-espressione di SOD-1 sembra essere da correlare alla Down Syndrome Critical Region (DSCR1 Adapt 78) che è un gene adattativo allo SO il quale porta alla produzione di calcipressina 1, che poi modulerebbe l’espressione della SOD-1 a livello cellulare (15). La calcipressina 1 è prodotta nel cervello e nei muscoli striati e nei soggetti affetti da SD oltre che nella malattia di Alzheimer (AD) essa è sovra espressa, inducendo a sua volta la produzione di SOD-1 (16). L’altra azione netta della calcipressina é di opporsi all’azione della calcineurina che innesca tutti i meccanismi di trasduzione del Ca2+ dalla reattività cellulare sino all’apoptosi.

Ci troviamo di fronte quindi ad una complessa regolazione composta da stimolatori e inibitori che si intrecciano alla ricerca di un adattamento.

Il problema della relazione O2’/ NO’/ONOO / OH

Si considera che l’incremento della produzione di NO’ sia benefico grazie alle sue ben note azioni vasodilatatrici e antiaggreganti. Questo, pur corrispondendo a verità, ha comunque dei limiti che devono essere presi in considerazione. Il limite principale è la sovraproduzione.

La sovraproduzione in presenza di O2’ consente la generazione di ione perossinitrito (ONOO-), il quale nelle condizioni di pH acido porta alla formazione di un radicale OH Quest’ultimo genera ossidazione consistente e vasocostrizione, ovvero un’azione paradossa (paradosso dell’NO’).

La correlazione tra un aumento della SOD e mancanza di protezione dallo SO è una vecchia osservazione condotta sul cuore isolato di animali sperimentali (17) in cui si notava che basse dosi di SOD erano protettive mentre alte dosi diventavano lesive.

Un secondo aspetto molto importante riguarda il rapporto tra rigenerazione nervosa e

NO’.

Una sua eccessiva produzione lo mette in competizione con l’ O2 dei citocromi e ne impedisce l’afflusso nei sistemi redox dei citocromi, con conseguente riduzione della produzione di ATP (18). Questo è uno dei meccanismi classici di impedimento della rigenerazione della mielina e dei neuroni nelle malattie neurodegenerative e nella sclerosi multipla (19).

Una combinazione particolarmente lesiva in congiunzione con la produzione di NO’ è l’ipossia, in quanto la carenza di disponibilità di O2 aumenta la produzione di NO’ che trova facile accesso al legame con i citocromi, riduce la sintesi di ATP, attiva la reazione gliale e sensibilizza i neuroni all’azione delle eccitotassine come glutamato e kainato (20,21).

Dal contesto di quanto presentato sino ad ora emergono alcune indicazioni importanti:

1) I soggetti affetti da SD sono in condizioni di SO e i comparti interessati da questo possono essere differenti a seconda delle disponibilità della riserva antiossidante o della capacità di compensazione che può essere anche tessuto specifica. Neuroni, astrociti, eritrociti, mioci-ti, macrofagi, linfociti ecc. possono avere compensazioni e riserve antiossidanti differenti.

2) Tutto il sistema di produzione dei ROS è alterato e non solamente la H2O2.

3) L’elevata produzione di SOD che genera livelli elevati di H2O2 i quali non sono smorzati per ridotta produzione di GSH, può non corrispondere alla realtà in tutti i sistemi cellulari (vedi successivamente il problema della cistationina-P-sintetasi).

4) Esiste una relazione tra SOD e NO’ tale che: SOD aumenta/ O2’ diminuisce/NO’ aumenta.

Tutto questo ci indica che lo SO nei soggetti affetti da SD, e non solo, può esprimersi in modo differenziato e quindi è importante poterlo misurare e poi intervenire di conseguenza.