24. ASPETTI OCULARI

MANITTO MARIA PIA • MARTINA ELISABETTA • VIGANÒ MAURIZIA • RAMA PAOLO
Introduzione

Le anomalie oculari presenti nella sindrome di Down (SD) sono molteplici, ma nessuna di queste, anche se tipica, risulta patognomonica della malattia. Anche l’assortimento per numero e gravità dei segni coesistenti in ogni singolo soggetto presenta un’importante variabilità interindividuale.

Le alterazioni possono colpire qualsiasi struttura del bulbo oculare (annessi, cornea, cristallino, retina) e quindi, per praticità descrittiva, verranno analizzati ordinati secondo un criterio anatomico.

Prima di affrontare la trattazione della clinica è utile una premessa sulle modalità di esecuzione della visita oculistica nei soggetti trisomici.

Una visita oculistica completa richiede l’esecuzione di test oggettivi e di test soggettivi. Nei primi è l’esaminatore che rileva ispettivamente e/o strumentalmente le misurazioni (ne sono un esempio la tonometria, la topografia corneale, l’esame del segmento anteriore e del segmento posteriore) mentre all’esaminato è richiesta unicamente una collaborazione di tipo passivo, ovvero di mantenere una precisa e stabile posizione, solitamente seduti con la testa appoggiata alla mentoniera dello strumento, e di seguire con lo sguardo le istruzioni via via impartite dall’esaminatore stesso. i test soggettivi, invece, consistono nella raccolta di informazioni attraverso le risposte dirette del soggetto in esame (ne sono un esempio l’acuità visiva, la valutazione della visione stereoscopica, l’esame del campo visivo), e richiedono pertanto una collaborazione attiva e la necessità di comunicare secondo linguaggi codificati (esempio lettura di lettere, numeri...). È intuitivo, quindi, che il ritardo psicomotorio caratteristico della sindrome, anche se molto variabile da soggetto a soggetto, possa compromettere totalmente o comunque ridurre l’attendibilità di questi rilievi. Occorre pertanto che il personale che si dedica alla valutazione di questi pazienti abbia dimestichezza con metodologie di esame usate meno frequentemente dagli oculisti, attuabili anche in condizioni di scarsa collaborazione dell’esaminato (ad esempio valutazione del fundus oculi con l’oftalmoscopia indiretta invece che alla lampada a fessura). Solitamente gli specialisti più idonei all’utilizzo di queste strumentazioni sono gli oftalmologi pediatri, in quanto la visita oculistica di un soggetto non collaborante di qualsiasi età ricalca di pari passo la valutazione dei bambini di età prescolare.

La parziale e spesso imprecisa esecuzione dei test visivi non compromette comunque la possibilità di inquadrare e trattare le eventuali patologie oculari, anche per quanto riguarda la prescrizione di lenti. La scelta della correzione ottica adeguata avviene principalmente attraverso l’esame della refrazione in cicloplegia, che si ottiene con l’instillazione di collirio cicloplegico e midriatico. Nei soggetti trisomici è consigliato unicamente l’utilizzo di colliri a base di tropicamide che va preferita, per i suoi minori effetti collaterali, alle altre molecole disponibili (in particolare atropina e ciclopentolato) (1). Il ricorso alla narcosi diagnostica, infine, è molto raro e limitato prevalentemente alla necessità di misurare il tono oculare nei sospetti di glaucoma congenito. Gli eventuali interventi chirurgici, invece, (esempio: cataratta, cheratoplastica, ...) che spesso nella popolazione normale sono eseguiti in anestesia locale, nei soggetti con SD richiedono l’anestesia generale e quindi lo specialista, che ne valuti la necessità, deve sempre rapportarne l’indicazione anche allo stato di salute generale del paziente (ad esempio concomitanza di cardiopatia...).