28. PROBLEMI ANESTESIOLOGICI

PASQUALE DE BELLIS

ANESTESIA GENERALE ED HANDICAPS PSICOLOGICI

I pazienti portatori di handicaps psicologici possono essere divisi in due grandi classi: Portatori di handicaps psichici tali da rendere impossibile il dialogo con il chirurgo o l’odontoiatra e la comprensione delle sue richieste di cooperazione, Portatori di handicaps neurologici che impediscono l’immobilità del paziente (sul lettino operatorio o sulla poltrona odontoiatrica), pur in presenza di un quoziente intellettivo normale o diminuito in modo lieve.
Il tipo di handicap psichico che più frequentemente ostacola l’espletamento di piccoli interventi chirurgici o una seduta odontoiatrica è l’oligofrenia conseguente alle encefalopatie infantili. In ordine di frequenza seguono le forme più gravi della Sindrome di Down (SD) spesso complicate da spiccati atteggiamenti negativistici (1).

ANESTESIA E SINDROME DI DOWN

L’anestesista-rianimatore occupa un posto centrale negli interventi che possono occorrere nei soggetti con SD. Questi pazienti hanno bisogno di essere messi a proprio agio per attenuare al massimo le ansie e le paure provocate dall’ambiente ospedaliero, che sovente si trasformano in vere e proprie fobie. È molto importante rilevare che, rispetto ai soggetti normali, i Down vanno incontro a situazioni patologiche richiedenti interventi in anestesia generale un numero di volte nettamente superiore. L’anestesista ha come primo compito quello di un’accurata valutazione dello stato clinico dei pazienti associata ad un’anamnesi patologica approfondita e alla prescrizione di esami ematochimici e strumentali.
Solo dopo tale screening è possibile prevedere e prevenire le complicanze legate a patologie già presenti all’atto della visita e programmare una corretta condotta anestesiologica.
La presenza di alterazioni polmonari, cardiache o renali aumenta il rischio anestesiologico legato alla presenza della sola cerebropatia o della sola malattia neurologica.
I genitori o i tutori dei bambini ai quali il diritto concede potestà e responsabilità decisionale, devono essere sempre informati sulle possibilità di morbilità intraoperatoria o postoperatoria.

In contemporanea al discorso del chirurgo sul tipo e sulla durata dell’intervento programmato, l’anestesista illustra i risultati della sua valutazione e le previsioni delle complicanze perioperatorie.

Programma anestesiologico

Avvenuta l’informazione, dopo la concessione del consenso informato alle cure da parte delle persone che hanno la potestà giuridica di esprimerlo, viene fatto un programma anestesiologico che comprende:

• Tipo di ricovero: a regime pieno o a regime di day hospital nel caso di prestazioni limitate,

• Tipo di approccio pre-anestesiologico: eventuale sedazione la sera precedente o al mattino prima di lasciare l’abitazione o immediatamente all’ingresso in reparto, in base al grado di eretismo del paziente,

• Tipo di narcosi: per inalazione o completamente endovenosa o mista,

• Modalità di dimissione: dopo 18-24 ore per i pazienti sottoposti ad intubazione endotra-cheale, dopo quattro ore dalla prestazione negli altri casi.

Pianificazione del trattamento e valutazione dei pazienti a rischio

Nel nostro protocollo riguardante in generale le patologie chirurgiche più comuni e in particolare la patologia odontoiatrica, 15 giorni prima del trattamento programmato, i pazienti vengono visti clinicamente e indagati anamnesticamente mediante il colloquio con i genitori e/o con il pediatra o il neuropsichiatra curanti. Altrettanto viene fatto per il trattamento di patologie chirurgiche più complesse.

In tale occasione dall’esame del rachide cervicale, delle caratteristiche facciali, dell’efficienza della deglutizione e del riflesso tussigeno si ricavano importanti dati sul tipo di difficoltà all’intubazione endotracheale e sull’affidabilità delle vie aeree nell’immediato postoperatorio.

Tutti i dati raccolti vengono scritti in una cartella di valutazione anestesiologica che comprende il consenso informato (da parte dei genitori o tutori) e che viene poi completata dalla compilazione all’atto del ricovero della cartellina anestesiologica con i dati degli esami ematochimici e strumentali recenti e con la classificazione del rischio anestesiologico secondo ASA (una scala suddivisa in 5 livelli elaborata dall’American Society of Anesthesiology in base alle condizioni cliniche del paziente) (2).

Per quel che riguarda la patologia odontoiatrica, nei cerebrolesi particolarmente incoercibili è facile prevedere la persistenza delle condizioni che hanno causato la patologia medesima e cioè la scarsa igiene orale, l’alimentazione squilibrata verso i glucidi, nonostante la buona volontà dell’entourage familiare; prevedibile è anche la continuità di stati tossici nei soggetti costretti ad assunzione cronica di psicofarmaci.

Queste predittività non vanno sottovalutate nel programma di una terapia conservativa quando in questi soggetti esistono condizioni generali tali da aumentare il rischio anestesio-logico. Di conseguenza trattamenti conservativi multipli che richiedano più di due ore di narcosi vanno spesso ridimensionati e devono avere come obbiettivo non il miglioramento estetico ma l’eliminazione dei pericolo di una malattia focale odontogena con possibili gravi conseguenze a carico di organi vitali.

Oltre alla possibilità di malattie focali odontogene anche la presenza di una sintomatologia dolorosa rende il fattore beneficio più proporzionato al rischio nel caso di soggetti cerebropatici con compromissioni cardiache e/o polmonari.

Resta difficile nei pazienti a rischio il discorso della narcosi per trattamenti ortodontici per es. a causa di malocclusioni, particolarmente frequenti nei soggetti con paralisi infantili, in quanto legate ai movimenti involontari dei mascellari e all’aumentata tonicità dei muscoli del collo. I tempi richiesti dalle preparazioni sono lunghi e successivamente può essere scarsa l’accettazione del materiale endorale e impossibili gli esercizi di riabilitazione funzionale.

Valutazione dei rischi in anestesia generale

Mentre per patologie più complesse il problema non si pone, per quel che riguarda la patologia odontoiatrica, se il bambino non è collaborante ed è a rischio per un’anestesia generale, è ragionevole soltanto per motivi morfologici sottoporlo a trattamenti che possono ledere la sua salute?

Anche se non è possibile quantificare con esattezza l’evento lesivo legato all’anestesia, per quanto riguarda la mortalità, grazie ai notevoli progressi in questi ultimi anni nelle tecniche d’anestesia (recenti casistiche anglosassoni parlano di morti legate solo ad anestesia nella percentuale di 1:850.000) (2), è comunque indispensabile la prudenza nell’indicazione alla narcosi per qualsiasi tipo di trattamento ortodontico e chirurgico di bambini portatori di handicaps psicofisici che rientrano, proprio per la loro patologia di base ad eccezione dei bambini puramente psichiatrici, nella classe ASA II.

In tutti i casi è obbligatorio assicurare particolari condizioni d’assistenza: anzitutto un ambiente idoneo per attrezzatura anestesiologica e rianimatoria ove sia possibile, per uno specialista con esperienza di anestesia pediatrica, condurre l’anestesia in condizioni di sicurezza e subito dopo la possibilità di controllo postoperatonio in ambiente protetto sino al completo recupero psicofisico.

Day-Surgery e One Day Surgery

Per i pazienti sottoposti a trattamenti brevi in regime di day-hospital è indicata la somministrazione di ipnotici e sedativi di rapida metabolizzazione come il propofol (ipnotico a rapida insorgenza d’azione e di breve durata) o il midazolam (benzodiazepina ad effetto rapido e con bassa tossicità), associati ad infiltrazione di anestetico locale e ad inalazione di N2O/O2 ovvero aria/ O2.

Questi farmaci garantiscono una ripresa rapida del sensorio indispensabile per la dimissione, che può avvenire non prima di quattro ore dalla fine del trattamento ed è accompagnata da una serie di norme comportamentali scritte consegnate al parente che prende a carico il paziente.

Si può in alcuni casi fare ricorso ad intubazione tracheale, utilizzando miorilassanti a breve durata d’azione (vecuronio o rocuronio) ed un oppioide ad effetto rapidissimo ed esaurimento altrettanto veloce come il remifentanil.

La maschera laringea può essere considerata di grandissima utilità in un buon numero di casi.

Nei soggetti sottoposti a trattamenti di maggiore impegno il ricovero viene prolungato sino all’indomani mattina (one day surgery) in un ambiente sicuro sotto sorveglianza medica. Questo tipo di protezione permette una maggior versatilità nella preanestesia e nell’anestesia, attuate comunque sempre tenendo conto dei trattamento farmacologico in atto, della presenza di epilessia e del grado di agitazione del paziente (3).

Premedicazione

Per quanto riguarda la premedicazione (2, 4), di uso comune sono le benzodiazepine con preferenza per il midazolam per le ragioni di manegevolezza succitate, associate ad un vagolitico (atropina). La via di somministrazione preferibile per la sicurezza dell’assorbimento è quella i.m., ma sopratutto nei soggetti più impauriti e di più basso peso è possibile usare anche la via orale, con qualche incognita sul grado di assorbimento e sull’inizio dell’azione.

Nei soggetti più agitati in cui l’approccio venoso è difficoltoso si può ricorrere alla keta-mina i.m.

Nei soggetti di peso inferiore ai 30 Kg è possibile usare anche la somministrazione di soluzioni di midazolam per via rettale o intranasale.

Con la ketamina il sonno è più profondo, con il midazolarn più superficiale, ma sufficiente per l’incannulamento venoso, indispensabile per proseguire il tipo di narcosi programmata.

Nei bambini di età superiore agli otto anni il propofol risulta essere un buon ipnotico starter e di mantenimento.

Nei soggetti che accettano di buon grado il posizionamento della maschera facciale è possibile l’induzione e il mantenimento con anestetico alogenato, che permette piani maneggevoli d’anestesia.

Quando la preanestesia è stata realizzata con ketamina i.m. il mantenimento può essere continuato con ketamina i.v.; l’uso di questo farmaco va evitato nei pazienti epilettici a causa della possibile stimolazione dei foci epilettogeni.

si rammenta che in questi pazienti una patologia cardiaca è riportata con una frequenza del 7 al 70 %. Le più comuni lesioni congenite cardiache sono rappresentate dai difetti del setto ventricolare (dal 32 al 49% ), dai difetti dell’endocardio (32%) e dall’ipertensione polmonare (dal 32 al 100%).

Gli shunts intracardiaci, le malattie polmonari, l’embolia paradossa, la sindrome di Eisenmenger dovrebbero essere diagnosticate più precocemente. Anche se qualche Autore ha rappresentato reattività all’atropina, sembra documentata la sicurezza degli anticolinergici (10).

Nella SD sono relativamente comuni le lesioni maggiori della colonna cervicale. Con una frequenza dal 10 al 31% vi è l’evidenza radiografica di stenosi cervicale o di sublussazione atlanto-assiale, ma in percentuali molto più piccole (1-2%) tali anomalie sono asintomatiche.

Ciononostante, l’American Academy of Pediatrics (3) ha sottolineato l’utilità della valutazione della colonna cervicale e la restrizione delle attività sportive dei bambini con evidenza radiografica dell’instabilità. Che impatto hanno queste ricerche sulle considerazioni preane-

stesiologiche nei bambini con SD? In uno studio di alcuni Autori (5) fu notato che la dislocazione era stata preceduta per alcune settimane da sintomi quali dolore nucale, torcicollo, ipereflessia, debolezza, andatura incerta e clono bilaterale. Nella letteratura anestesiologica (6) fu segnalata una sublussazione atlanto-assiale in un paziente di 6 anni affetto da SD dopo un intervento cardiochirurgico. Non risultava chiaro se i sintomi fossero già presenti prima dell’intervento, ma in linea di principio è più prudente seguire la raccomandazione di evitare flessioni forzate del collo.

Altre considerazioni preoperatorie nella SD includono un aumento dell’incidenza della stenosi sub-glottidea a patologie della tiroide e del sangue. Sono segnalate anche diminuzioni del drive respiratorio, della acetilconatransferasi corticale e della concentrazione di neurotrasmettitori quali dopamina, serotonina, norepinefrina. Sono segnalati infine un ingrossamento della lingua ed un aumento delle secrezioni, insieme ad un difficoltosa gestione delle vie aeree di questi pazienti per ristrettezza del cavo orale e delle cavità nasali, ipotonia faringea. infine vi possono essere alterazioni del parenchima polmonare, diminuzione del numero di alveoli e inusuale aumento delle resistenze vascolari polmonari (7).

Tecnica della anestesia

Tutti i pazienti sono sottoposti preferenzialmente ad intubazione nasotracheale mediante curarizzazione adeguata per patologie odontoiatriche. Se si prevede di usare la succinilcolina, è opportuno un controllo dei valori plasmatici delle colinesterasi e del numero di dibucaina.

L’intubazione orotracheale viene riservata ai casi di congestione della mucosa nasale di ridotta pervietà delle fosse nasali o di ipertrofia adenoidea ovvero nei casi di chirurgia generale (2,8).

L’uso della maschera laringea è divenuto molto comune negli ultimi anni, specie nei casi in cui le vie respiratorie restano sotto il controllo diretto dell’ anestesista. il posizionamento della maschera laringea può talvolta comportare qualche difficoltà di posizionamento date le dimensioni della lingua dei pazienti, difficoltà peraltro superabili con una maggiore attenzione nella applicazione della tecnica.

Si impone un uso attento e oculato di tutti i tipi di miorilassanti onde evitare deficit della muscolatura respiratoria nel postoperatorio soprattutto nei soggetti portatori di miotonie, nei quali si riconosce anche un rischio generico di insorgenza d’ipertermia maligna.

Particolarmente indicati il rocuronio, il vecuronio, l’atracurio, il cisatracurio.

Recentemente è stato sintetizzato un antagonista selettivo del rocuronio e del vecuronio, il “sugammadex", progettato per annullare gli effetti dei due miorilassanti di comune impiego nel corso di interventi chirurgici richiedenti un rilassamento muscolare profondo, anche se non di lunga durata. Inizialmente il sugammadex è apparso in grado di antagonizzare rapidamente il blocco neuromuscolare (sia superficiale sia profondo) indotto da rocuronio rendendo così possibile, mediante l’impiego in successione dei due farmaci, il controllo in tempo reale della profondità del rilassamento muscolare. Successivamente il farmaco si è rivelato utile anche nell’uso del vecuronio. Questo effetto è particolarmente gradito nel trattamento di pazienti che possono avere problemi muscolari per patologie congenite e/o acquisite.

I soggetti con distrofia muscolare di Duchenne o con miopatie da deficit di mioadenilato-deaminasi o miopatie del tipo ”central core disease” sono riconosciuti sicuramente predisposti a ipertermia maligna, qualora vengano sottoposti ad anestesia inalatoria associata a succinilcolina (7).

II mantenimento dell’anestesia viene attuato preferibilmente attraverso una tecnica “bilanciata” oppure mediante TIVA (total intra-venous anesthesia), utilizzando il remifentanil. Il vantaggio dell’utilizzo del remifentanil in questi pazienti è legato innanzitutto all’estrema maneggevolezza dovuta alla breve emivita di eliminazione, quindi al ridotto legame con le proteine plasmatiche. Queste caratteristiche impongono l’uso di pompe di infusione per un’accurata somministrazione. L’uso delle pompe rappresenta un indubbio vantaggio anche in considerazione del fatto che in queste anestesie è di fondamentale importanza il controllo dell’equilibrio idroelettrolitico ed acido-base che, come è noto, deve essere estremamente preciso.

Molto promettente l’uso della TCI (target control infusion), variante della precedente, in cui si considera non la quantità dei farmaci in sé, bensì la loro concentrazione ematica. Entrambe le metodiche si sono rivelate molto utili in questo tipo di pazienti (2).

Certamente la migliore modalità di somministrazione continua di ipnotici per sedazione, è la TCI, infusione basata su di un target plasmatico o, ancor meglio, un target al sito effettore.

Il sistema TCI è costruito su modelli farmacocinetici tricompartimentali, che consentono di richiedere ed ottenere facilmente una determinata concentrazione (nel plasma o, meglio, direttamente al sito effettore) e mantenerla poi nel tempo, senza pericolo di sovradosaggio e con la possibilità di rapidi aggiustamenti della concentrazione, in funzione delle variabili esigenze del paziente, nei diversi momenti dell’atto chirurgico.

Qui di seguito vengono riportati i principali dosaggi TIVA:


Preanestesia

atropina 0.01-0.02 mg/kg im/os; DBP (deidrobenzperidolo) 50-70 mcg/kg im/os.

Induzione

propofol 3 mg/kg iv; ketamina 5 mg/kg im; succinilcolina 1 mg/kg iv.

Intubazione: nasale/orale.

Mantenimento

propofol (10 mg/ml) in infusione continua a 6-9 mg/kg/h; remifentanil (10mcg/ml)
0.15-0.25 mcg/kg/m se età <1 a; 0.5mcg/kg/m se età >1 a.

Analgesia intraoperatoria

2 mcg/kg all'induzione + 1 mcg/kg boli à la demande.

Miorisoluzione

vecuronio 0.1 mg/kg all'induzione + 1/3 à la demande; rocuronio 0.6 mg/kg
all'induzione + 0.15 mg/kg à la demande; atracurio 0.3-0.6 mg/kg + 1/4 à la demande; 
cisatracurio 0.1-0.15 mk/kg + 1/4 à la demande.

Decurarizzazione

prostigmina 0.005/mg/kg + atropina 0.002 mg/kg

Tabella. Considerazioni anestesiologiche nella Sindrome di Down

Monitoraggio intraoperatorio

Particolarmente importante è, in corso di anestesia di questi pazienti, il monitoraggio intraoperatorio. Esso comprende fondamentalmente quello della ventilazione, della funzione cardiovascolare, della temperatura corporea, della funzione neuromuscolare, della profondità dell’anestesia. Auspicabile, per questi pazienti (certamente cerebropatici) il monitoraggio dell’Ossimetria Cerebrale (INVOS: in vivo optical spectroscopy) (9,10).

1) Ventilazione

Al fine di assicurare al paziente una adeguata concentrazione di ossigeno nella miscela inspirata, nel sangue e nei tessuti durante l’anestesia, si raccomandano l’esecuzione dei seguenti accertamenti.

Determinazione della concentrazione inspirata di ossigeno

È raccomandato l’impiego su ogni apparecchio di anestesia di un analizzatore di Ossigeno per la misurazione in continuo della concentrazione del gas nella miscela inspirata. Tale dispositivo deve essere dotato di allarme, acustico e visivo, di concentrazione minima e massima.

Valutazione della ossigenazione del sangue e dei tessuti periferici

Oltre alla periodica valutazione clinica del paziente, si raccomanda l’utilizzo dell’analizzatore di Ossigeno quale metodo quantitativo di valutazione della ossigenazione. Il controllo della saturimetria in O2 (pulsossimetria) andrà protratto sino alla dimissione dalla sala operatoria. 

Ventilazione

In ogni fase dell’anestesia è necessario il monitoraggio della ventilazione che deve essere effettuato mediante le seguenti metodiche:

- durante un’anestesia di breve durata con ventilazione spontanea o controllata in maschera alcuni segni clinici quali l’escursione della gabbia toracica, l’osservazione delle variazioni di volume del pallone respiratorio, l’auscultazione del torace, unitamente al colore della cute e delle mucose, possono essere considerate rilevazioni adeguate,

- durante ventilazione meccanica controllata con intubazione tracheale si raccomanda che la ventilazione del paziente sia monitorata, oltre che coi suddetti segni clinici, mediante i seguenti sistemi:

• uno spirometro, con sensore posto sulla linea espiratoria, per la misura dei volumi espirati dal paziente;

• un capnometro, per la determinazione del valore di CO2 di fine espirazione. Entrambe le apparecchiature dovranno essere dotate di allarmi, acustici e visivi, del valore massimo e minimo.

Monitoraggio della connessione del paziente al circuito di anestesia.

si raccomanda che il ventilatore sia dotato di un sistema di allarme acustico sulla pressione di insufflazione in grado di segnalare la deconnessione del paziente quando la pressione nel circuito di anestesia scende sotto un valore prestabilito dall’operatore per un intervallo di tempo superiore a 20 secondi. Anche lo spirometro, ma soprattutto il capnometro, rappresentano utili sistemi di allarme in caso di deconnessione dal ventilatore.

2) Controllo clinico e strumentale della funzione cardiocircolatoria

Oltre alla periodica valutazione clinica della funzione cardiocircolatoria si raccomanda che ogni paziente sia monitorato con ECG e frequenza cardiaca (ed ossimetria) in continuo durante anestesia generale. Tale controllo andrà protratto sino alla dimissione dalla sala operatoria.

Si raccomanda che durante anestesia generale la pressione arteriosa venga determinata con una periodicità suggerita dalle condizioni cliniche del paziente e comunque ad intervalli non superiori a 10 minuti. Utili informazioni sullo stato emodinamico possono derivare anche dalla capnometria. Recentemente si è imposto all’attenzione generale il monitor emodinamico “VIGILEO” (9-10), che permette di misurare la gittata cardiaca basata sull’analisi dell’onda della pressione arteriosa il quale non necessita né calibrazione né di termodiluizione. È una tecnica minimamente invasiva (è necessaria la cannulazione dell’arteria radiale) che permette di misurare:

a) APCO: gittata cardiaca rilevata in continuo attraverso un algoritmo che mette in relazione PVC e pressione arteriosa analizzando la morfologia dell’onda sfigmica

b) SCVO2: saturazione dell’O2 venoso centrale

c) SVO2: saturazione sangue venoso misto

d) SV: volume della gittata cardiaca

e) SVV: variazione del volume della gittata cardiaca

f) SVR: resistenze vascolari sistemiche

3) Controllo della temperatura

Durante ogni anestesia deve essere assicurato il mantenimento di una adeguata temperatura corporea del paziente. Allo scopo l’anestesista può avvalersi dei segni semeiologici; tuttavia si raccomanda che sia prontamente disponibile un metodo di misurazione in continuo della temperatura del paziente in ogni reparto operatorio.

Quando siano previsti pazienti a rischio per ipertermia maligna o quando è previsto l’impiego di tecniche intenzionalmente dirette a modificare la temperatura del paziente (ipotermia), la temperatura corporea deve essere monitorata in modo continuo. Utili informazioni possono derivare anche dalla capnometria.

4) Controllo della funzione neuromuscolare

Data la particolare sensibilità di questi pazienti all’azione dei miorilassanti, si raccomanda la pronta disponibilità di un semplice dispositivo di monitoraggio della trasmissione neuromuscolare per la valutazione della miorisoluzione farmacologica. Consigliabile che le apparecchiature proposte siano munite di sistemi di registrazione dei parametri monitorati con possibilità di riprodurre quanto avvenuto immediatamente prima e dopo l’evento che ha innescato l’allarme.

5) Profondità dell'anestesia

Per molti anni è stato sostenuto l’uso dell’elettroencefalogramma come monitoraggio della profondità di anestesia durante gli interventi, ma fino alla messa a punto del BIS (indice bispettrale dell’EEG) monitor, il tracciato grezzo EEG e gli algoritmi sull’EEG risultarono clinicamente inutili.

L’analisi bispettrale quantifica il grado di accoppiamento di fase e così può essere derivato un indice bispettrale. È stato dimostrato che l’indice bispettrale è migliore rispetto ai parametri spettrali standard nel predire i movimenti del paziente in risposta allo stimolo chirurgico. Inoltre, le modificazioni del Bispectral Index (indice bispettrale) sono correlate con la concentrazione ematica di propofol e con la soppressione dell’apprendimento indotta dal propofol.

L’indice BIS è un valore numerico direttamente riferibile al livello di sedazione e coscienza del paziente. Mediante l’applicazione di un complesso algoritmo ad una derivazione elettroencefalografia semplificata ottenuta con un particolare elettrodo monouso, è in grado di monitorare in continuo lo stato ipnotico. Il valore è compreso in un range tra 0 (isoelettrica) e 100 (stato di veglia completo), mentre tra 60 e 40 dovrebbe allocarsi la perdita di coscienza.

Un’alternativa al BIS è rappresentata dagli AEP (auditory evoked potentials) che derivano dalla risposta EEG all’invio di stimoli sonori ed in particolare delle onde a latenza media. L’analisi dei potenziali evocati acustici (AEP) si basa sullo studio delle loro diverse componenti, precoci, medie e tardive e della latenza media MLAEP (15 - 100 msec) che si pensa rifletta il processo di elaborazione corticale primario, non cognitivo). La MLAEP è formata da onde positive e negative, che sono influenzate dai farmaci attivi sul SNC che tendono ad aumentarne la latenza e diminuirne l’ampiezza. Tali modificazioni della latenza del picco, della ampiezza, della frequenza vengono elaborate in un “AEP index” che sembra essere fortemente predittivo dello stato di veglia del paziente.Anche per l’AEP il valore numerico che facilita sia la lettura che la correlazione clinica.

6) Ossimetria Cerebrale

Il sistema INVOS (in vivo optical spectroscopy) è il primo e l’unico sistema di monitoraggio che in modo non invasivo e in continuo monitorizza le variazioni nella saturazione regionale di ossigeno del sangue nel cervello (rSO2). Le variazioni dei dati nell’INVOS evidenziano il bilancio tra ossigeno fornito e consumo cerebrale.

Terapia post-operatoria

L’uso di analgesico maggiore (morfina, buprenorfina, meperidina) va limitato ai trattamenti più algogeni e nelle patologie più gravi, negli altri casi si può rimandare la sedazione analgesica al postoperatorio con analgesici minori (ketoralac, ketoprofene, paracetamolo, tramadolo).

La presenza accanto al bambino di un genitore o della persona che lo segue più assiduamente, per tutta la durata del postoperatorio attenua il disagio del ricovero, il quale rimane l’unico mezzo per rimediare tempestivamente alle complicanze più gravi, specie in chirurgia maxillo-facciale, come le dispnee laringee che possono essere anche tardive (12 ore) e i sanguinamenti post-estrattivi o post-gengivectomia.

L’incidenza di tali complicanze è relativamente bassa, mentre più elevata è l’incidenza di effetti avversi minori: vomito, iperpiressia, agitazione motoria, sonnolenza protratta con prevalenza nelle anestesie mediante volatili alogenati o ketamina.

Patologia maxillo-facciale e odontostomatologica

Per quel che riguarda la patologia odontoiatrica, molto importante per questi pazienti, i benefici di ogni trattamento condotto in anestesia generale devono essere valutati tenendo conto del rischio associato alle manovre e ai farmaci usati per la narcosi. I quesiti rimangono sempre gli stessi: il rischio associato all’anestesia è giustificato? I benefici che derivano al paziente superano i rischi ai quali egli è esposto in quanto viene sottoposto ad anestesia generale?

A questo proposito rappresentiamo brevemente i risultati di un nostro lavoro osservazio-nale condotto qualche anno fa su pazienti portatori di handicap psichici presso gli Ospedali Galliera di Genova (11).

Fu effettuata una metanalisi su 967 pazienti (pt) affetti da handicaps psichici di età compresa tra gli 8 ed i 44 anni (95 pt Down), ricoverati e operati presso l’U.O. di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’E.O.Ospedali Galliera di Genova dal 1991 al 2001 per patologia odontostomatologica di piccolo e medio impegno.

- I pazienti pediatrici e giovani adulti (8-20 anni) furono 271/967 (28%), di cui 95 Down; di questi ultimi 47 (49,5%) normali e 49 ( 51,5%) affetti da malattie cardiache congenite (25 pt -26%- con difetto ventricolare settale; 14 pt -15%- con difetto del canale atrioventricolare; 8 pt - 9%- con difetto settale).

- I pazienti adulti (21-44 anni) furono 696/967 (72%), dei quali 236 (34%) normali e 389 (56%) con prolasso della mitrale di vario grado; 70 pt (10%) con insufficienza aortica di vario grado. 106 pazienti (11%) di età >12aa risultarono affetti stenosi subglottica e da instabilità atlanto-assiale Rx evidenziata. 49 pazienti (5%) di età <18 aa dimostrarono clinicamente “obstructive sleep apnea”.

Non fu registrato nessun ricovero in Rianimazione oltre le 18 ore dall’intervento. Nessuna complicanza letale venne evidenziata.

Pertanto, anche tenuto conto della nostra esperienza, in ambiente idoneo e dopo una valutazione accurata, un anestesista esperto può condurre con sufficiente sicurezza qualsiasi tecnica d’anestesia per i trattamenti odontoiatrici nei bambini portatori di handicaps. Da consulente com’è nella fase iniziale di valutazione, egli diventa medico curante e contribuisce in prima linea ad un tipo di terapia che sino a dieci anni fa era poco diffusa perché giudicata rischiosa.

Il passo più importante: la visita pre-anestesiologica

È di fondamentale importanza la visita pre-anestesiologica, durante la quale è bene instaurare un rapporto sereno con i genitori o con gli abituali accompagnatori. Durante tali visite pre-anestesiologiche vanno evidenziate le difficoltà di intubazione, dovute alle frequenti malformazioni a carico dell’apparato maxillo-facciale, della faringe, della laringe, del rachide cervicale o della lingua, nonché di quelle muscolo-scheletriche che complicano spesso l’accesso venoso e lo stesso posizionamento del malato sul tavolo operatorio (2,8).

Ancor più, in questa fase, vanno riconosciute integrate e/o corrette le terapie che, in qualche modo, possono interferire con l’anestesia.

Conclusioni

Quanto fin qui esaminato fornisce un quadro abbastanza esauriente delle problematiche anestesiologiche e dei potenziali rischi collegati presentati dai pazienti portatori di handicap psicofisici ed in particolare dai pazienti Down. L’indicazione valida e forte che si ricava è che l’anestesia in questi soggetti è una procedura personalizzata in ogni sua fase, dalla visita anestesiologica alla ripresa finale del paziente. Tutte le metodiche adottate non hanno e non devono avere alcunché di meccanico e di routinario. Nulla, assolutamente nulla, può essere sottovalutato. Quindi ogni paziente portatore di handicap o Down, al di là e contro la sua somiglianza con ciascun altro portatore di Trisomia 21 o di altre patologie, è un caso assolutamente singolare, soprattutto dal punto di vista anatomico e fisologico. Tali aspetti sono peculiari ed anche legati alle capacità metaboliche di ciascun soggetto, e quindi, al suo corredo genico (11).

In definitiva, le persone con Sindrome di Down (peraltro dolcissime, affettuosissime e straordinarie, ma prive di riso), presentano problematiche non sovrapponibili a quelle dei pazienti normali. Tuttavia è possibile ridurre i rischi ad esse correlate ove si adottino le precauzioni, gli accorgimenti, le tecniche e le conoscenze conquistate dalla ricerca, e soprattutto il raccomandato approccio personalizzato. in ogni caso, la scelta dell’anestesia migliore sarà determinata dalla fisiopatologia delle anomalie associate alla sindrome, con particolare riferimento alle malformazioni cardiache. Da ricordare inoltre, che l’affetto, la pazienza e la comprensione sono forse i presidi migliori da dedicare a questi bambini ed ai loro genitori.


Sistema

Fisiopatologia

Considerazioni anestesiologiche

Cardiaco

Difetti non-cianotici

Difetto atrio ventricolare completo; difetto del setto ventricolare; difetto del setto atriale

Evitare l'aumento delle resistenze vascolari periferiche;

evitare alte SVR;

uso di bassa FiO2;

evitare bassa ETCO2;

antibiotici

Difetti cianotici

Tetralogia di Fallot

Normale o aumentata FiO2; mantenere pH normale; tenere ETCO2 normale o bassa; tenere SVR nei limiti normali, evitando larghe riduzioni; formula del trattamento intraoperatorio della tetralogia di Fallot: (1) fluidi (10-20 ml/kg); (2) Fenilefrina;

(3) Ossigeno; (4) Compressione diretta dell'aorta con l'aiuto del chirurgo (se necessario)

Polmonare/Vie

respiratorie

Microcefalia; macroglossia; stenosi subglottidea; apnea notturna/ ostruzione del tratto respiratorio

Considerare l'uso di tubo tracheale più piccolo; estubazione da sveglio; antibiotici

Muscolo scheletrico

Instabilità atlanto-occipitale

Evitare flessioni ed estensioni del collo durante la laringoscopia; attenzione al posizionamento intraoperatorio; riguardare le radiografie del collo durante la valutazione preoperatoria; considerare l'uso di collari cervicali intraoperatoriamente (se dimostrata instabilità)

Gastrointestinale

Aumento del rischio per malattia del reflusso gastroesofageo; atresia comune del duodeno; fistola tracheoesofagea; malattia di Hirschprung; ano imperforato

Possibile induzione a rapida sequenza; intubazione da sveglio in caso di severo; profilassi preoperatoria della malattia del reflusso gastroesofageo

SVR = systemic vascular resistance; FiO2 = frazione di ossigeno inspirato; ETCO2 = CO2 di fine espirazione.