30. I DISTURBI MENTALI

BOBOCEL RUSTEA • SILVIO SCARONE
Riguardo alla suscettibilità o meno delle persone con sindrome di Down (SD) ai disturbi psichiatrici vi sono state, nel tempo, diverse speculazioni. Per via della loro natura affabile e del ritardo mentale (RM) si è ritenuto in passato che queste persone non soffrissero di tali disturbi quanto la popolazione generale.
I miglioramenti nella qualità di vita delle persone con SD negli ultimi anni sono derivati dai progressi nelle cure mediche in generale, negli interventi educativi precoci con l’introduzione di un sostegno nei contesti educativi tradizionali e, non in ultimo, nella diagnosi e nella terapia dei disturbi psichiatrici (1).
In certi ambiti, però, gli psichiatri sono stati a lungo associati ad un intervento farmacoterapico improprio o ad un vero abuso di farmaci (2). Questa associazione ha comprensibilmente condotto ad un atteggiamento di rifiuto rispetto al coinvolgimento dello psichiatra nell’intervento sulla persona con RM in generale e con SD in particolare e rispetto all’uso di farmaci psicoattivi, atteggiamento che è ancora presente in alcuni ambiti e che dovrebbe essere corretto con una maggiore attività educazionale, da parte dello psichiatra stesso, nei confronti dell’equipe multidisciplinare di cui è parte e dei familiari dei pazienti (3-4).
I farmaci psicoattivi sono spesso usati senza una precisa diagnosi psichiatrica o per comportamenti giudicati contestualmente inadatti. Le difficoltà importanti nel fare delle valutazioni attendibili ed impostare cure psichiatriche valide per motivi organizzativi e di accesso ai servizi rappresentano una limitazione importante per i professionisti della salute mentale nell’individuare la malattia mentale in persone con SD e/o RM. Inoltre, ogni sintomo presentato dal soggetto con SD e RM è spesso attribuito al RM, che “spiega tutto”, mascherando la presenza di altri disturbi in associazione (diagnostic overshadowing) (5).
Gli individui con SD hanno, oggi, delle grandi opportunità di integrazione nella famiglia e nella comunità. Purtroppo, questi individui non raramente presentano un tasso alto di disordini psichiatrici. I problemi di salute mentale non trattati o impropriamente trattati conducono a istituzionalizzazioni, a programmi restrittivi di gestione ed alla prescrizione di psicofarmaci per controllo del comportamento (6).

A. La sindrome di Down ed il ritardo mentale

Da quando la SD è stata descritta per la prima volta da Langdon Down nel 1866 sulla base delle caratteristiche fisiche associate ad una funzione mentale subnormale, questa sindrome è rimasta la malattia più studiata e più discussa tra quelle associate al RM e, sulla base dei dati epidemiologici, si può affermare che la SD rimane la causa più comune di disabilità intellettiva.

Si presume che il RM, nella maggior parte dei casi, sia causato da anomalie dello sviluppo del cervello. Gli sviluppi nel campo della psichiatria negli ultimi decenni hanno sottolineato il ruolo del substrato neurobiologico nel causare varie malattie mentali e si può presumere che le persone con RM possono avere una predisposizione supplementare a tali problemi a causa delle differenze nell’organizzazione del cervello e nel funzionamento del sistema neurotrasmettitoriale(6).

La ricerca rivela una non completa adeguatezza degli attuali sistemi diagnostici (DSM-IV e ICD-10) rispetto al RM. Il DSM-IV (7) definisce il Ritardo Mentale come la via finale comune dell’azione di agenti patogeni di diversa natura che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale. Tre sono i criteri diagnostici del quadro clinico, che il DSM-IV condivide con l’ICD-10 (8) e con il più recente manuale dell’American Association for Mental Retardation (AAMR) (9):

- la presenza di un disturbo intellettivo, con caduta di almeno due deviazioni standard rispetto alla norma (QI inferiore a 70, misurato con i più comuni test di valutazione dell’intelligenza, come le Scale Wechsler, le Matrici di Raven, ecc.);

- la presenza di un disturbo significativo delle capacità di adattamento alle esigenze di un ambiente sociale normale;

- l’insorgenza prima dei 18 anni.

Il ritardo mentale è l’aspetto saliente della SD. La maggior parte dei pazienti appartiene ai gruppi con ritardo moderato e grave; solo una minoranza ha un QI superiore a 50. Il declino intellettivo può essere reale o apparente (10). Un’adeguata valutazione della frequenza dei comportamenti disadattivi e psicopatologici richiede, quindi, che i dati relativi alla SD siano confrontati con almeno altri due tipi di popolazioni di individui: normodotati e con RM non dovuto alla SD.

Sono stati individuati diversi fattori sociali e ambientali che si correlano con la durata e la qualità della vita, in particolare con la compromissione cognitiva. Essi comprendono lo stato sociale, la disponibilità di servizi sul territorio, l’interazione con l’ambiente e lo stimolo intellettivo (11). Il livello di sviluppo differisce molto tra le persone con SD. Se nella prima parte dell’infanzia il loro sviluppo si colloca ai limiti inferiori dello sviluppo cognitivo normale, il quoziente intellettivo diminuisce nella prima decade di vita. Durante l’adolescenza il livello di sviluppo arriva a plateau e si mantiene durante l’età adulta. L’apprendimento può essere rallentato dalla messa in atto di strategie di evitamento, quando la persona si confronta con sfide cognitive (1).
Il problema della carenza di comportamento strategico in soggetti ritardati appare centrale; esso rappresenta una componente fondamentale di una teoria complessiva sul RM. Se è vero che il dato caratteristico e fondamentale del RM è rappresentato dal disturbo cognitivo, è altrettanto vero che il quadro clinico non si esaurisce nel disturbo cognitivo. Il RM è al contempo una struttura generale della personalità ed una sindrome complessa nella quale convergono disturbi cognitivi, motori, linguistici, affettivi e relazionali. Il modo con il quale questi sintomi si associano definisce diverse realtà cliniche, che differiscono tra loro non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente. Esiste poi una serie di disturbi che, pur non essendo direttamente legati al RM, sono frequentemente associati ad esso, in quanto conseguenti alle cause che hanno prodotto anche il disturbo cognitivo (12).

Il RM, pur variabile, è presente in tutti i pazienti con il SD. La maggior parte dei bambini e degli adulti con SD si collocano nella fascia lieve o moderata del RM. Circa 10% hanno un grado lieve o a limite di disabilità intellettiva. Una minoranza ha un danno cognitivo severo o profondo (13).


Gli individui con RM possono presentare sintomi delle malattie mentali che sono, spesso, diversi da quelli della popolazione normale. A causa delle limitazioni nelle abilità conoscitive in generale e nell’abilità verbale in particolare, le persone con RM non possono descrivere in modo articolato le loro condizioni ed i vissuti intimi. Per questi motivi, non possono aderire in modo adeguato all’intervista diagnostica psichiatrica, che è la pietra angolare della diagnosi e della programmazione del trattamento. Inoltre, il comportamento maladattivo, i danni a livello del substrato neurobiologico, il ritardo dello sviluppo ed i fattori psicosociali possono determinare manifestazioni esterne della malattia mentale differenti da quelle ordinariamente riscontrate nelle persone di intelligenza normale (6). Il danno cognitivo è il fattore principale della manifestazione diversa e dell’esigenza di approccio differente dei disturbi psichiatrici nelle persone con RM. A causa dell’intelligenza bassa, le domande poste durante l’intervista diagnostica possono essere mal comprese ed avere delle risposte errate. Le domande che riguardano lo sviluppo dei sintomi, le esperienze interiori, la condizione fisica ed il funzionamento sociale e professionale sono troppo complesse anche per le persone con RM lieve. Inoltre, le limitazioni nella comunicazione verbale, il vocabolario ridotto e la difficile comprensione della lingua astratta alterano la capacità di rispondere alle domande. Queste difficoltà si estendono anche alla valutazione della risposta al trattamento, una volta che un programma di trattamento è stato avviato (6).

Per alcuni disturbi psichiatrici, il rapporto verbale è assolutamente necessario per stabilire una diagnosi. È impossibile diagnosticare la schizofrenia nel RM severo e profondo per l’incapacità di riferire le allucinazioni ed i deliri (14).

Le persone con RM possono presentare manifestazioni di una malattia mentale che non solo sono differenti da quelle riscontrate in persone di intelligenza normale ma, si manifestano spesso con un aumento dei disturbi di comportamento durante la sua evoluzione (15). Per esempio, l’autoaggressività preesistente può notevolmente aumentare (16). Purtroppo, i disturbi del comportamento diventano spesso il centro dell’attenzione per i caregivers che non considerano la possibilità che una malattia mentale possa determinare il cambiamento del comportamento.

Il RM impatta anche in altri modi sulla manifestazione della malattia mentale. Per esempio, la grandiosità di un episodio maniacale può non essere evidente. Gli individui maniacali con RM possono essere “grandiosi” nella convinzione di essere in grado di guidare un’automobile, mentre un paziente con intelligenza normale ha un comportamento più sofisticato (15).

Le persone con disabilità affrontano molte barriere nella società. Soffrono la stigmatizzazione da parte degli altri, il rifiuto ed il pregiudizio sociale. Per questo, le persone con disabilità possono essere motivate a nascondere le loro limitazioni e l’ammissione di una disabilità supplementare dovuta alla malattia mentale. Di conseguenza le interviste o i questionari di autovalutazione sono di valore limitato. Per esempio, le persone con RM possono rispondere con “sì” a tutte le domande per mascherare la confusione. Durante l’intervista psichiatrica, le domande che richiedono la risposta con “sì” o “no” sono, quindi, inadeguate (5).

La scarsa capacità di esprimere stati affettivi, così come il polimorfismo e la frequente aspecificità delle manifestazioni cliniche, rende la diagnosi di disturbi emotivo-affettivi e comportamentali del RM particolarmente complessa. Lo stretto intreccio di fattori organici, emotivo-relazionali e sociali, rende la diagnosi tipicamente globale. Elementi irrinunciabili sono: una dettagliata raccolta anamnestica individuale e familiare, un’accurata indagine medica, psicologica (cognitiva e della personalità), neuropsicologica e psichiatrica, così come una conoscenza della situazione ambientale del soggetto.

L’utilizzazione di scale di valutazione è particolarmente diffusa nella pratica clinica degli ultimi anni, in quanto consente valutazioni quantitative rapide di alcuni parametri psicologici e rende possibili delle rivalutazioni in dinamica (12). Gli individui con RM moderato o severo non possono descrivere solitamente in modo esatto i loro pensieri e percezioni. Tali descrizioni sono richieste spesso, quando si usa uno schema diagnostico (DSM-IV). Le persone con RM lieve, tuttavia, possono rispondere esattamente alle domande circa l’affettività, le percezioni ed i pensieri. Quindi, le categorie del DSM-IV-TR possono essere usate. La classificazione internazionale dei disturbi (ICD) è più flessibile nella guida clinica di riferimento, benché possano ancora essere riscontrate delle difficoltà nel tentativo di diagnosticare i disturbi psichiatrici in persone con i quozienti d’intelligenza molto bassi.

Tutte queste limitazioni negli iter diagnostici classici rendono difficili le diagnosi psichiatriche specifiche. Tuttavia, è stata studiata la possibilità di usare i criteri diagnostici standard, concettualizzati dal DSM-iV, per le persone con ritardo mentale, attraverso degli equivalenti. usando questo metodo, si possono generare delle manifestazioni del comportamento che sono simili a quelle richieste nel DSM-IV (6).

Per tutti questi motivi i professionisti della salute mentale devono essere formati adeguatamente per poter diagnosticare e curare nel modo migliore gli individui con RM (6).