Nel passato sono stati proposti vari metodi di intervento precoce e standardizzato applicati al bambino affetto da Sindrome di Down
(SD): il programma di Hayden del 1976 (1), quello di Cunningham del 1989 (2), o il progetto Edge (Expanding Developmental Growth trough
Education) (3).
Questi interventi, dal punto di vista motorio, non hanno mostrato risultati soddisfacenti e la grande variabilità dei risultati raggiunti pone molti interrogativi sull’opportunità di applicare queste modalità di intervento.
In alcuni casi si è evidenziata un’accelerazione delle tappe di sviluppo, ma non durature nel tempo.
Nel gruppo di Cunningham, alcuni bambini raggiungevano prima la posizione seduta, ma non più trattati, non anticipavano la tappa del cammino.
Sicuramente l’applicazione di un metodo codificato e di durata limitata nel tempo a tutti i bambini con la SD non ha motivo di essere; questi bambini, pur presentando la stessa sindrome, sono molto diversi gli uni dagli altri per quanto riguarda le loro caratteristiche comportamentali, motorie e sociali.
La finalità dell’intervento fisioterapico su questi bambini non è quello di accelerare le tappe dello sviluppo ma quello di raggiungere ogni tappa in modo significativo, lavorando sullo sviluppo di prassie ideative e sullo sviluppo di schemi di azione simbolici.
L’esercizio non può essere visto come una semplice ripetizione di un movimento, ma come l’utilizzo di differenti strategie per facilitare la soluzione di un problema.
La scelta di una proposta terapeutica dovrà essere fatta anche in relazione all’ambiente e al contesto di vita del bambino che dovrà elaborale e riproporle al di fuori dalla seduta riabilitativa.
“L’ apprendimento di abilità comporta l’acquisizione stabile delle strategie di un problema motorio, il contesto dovrà essere naturale, cioè vicino alla vita del bambino, e variato, in modo che egli apprenda non una soluzione specifica, ma le regole che gli consentono di agire in diversi contesti” (4).
Il bambino dovrà diventare attivo generatore di soluzioni e non recettore di informazioni non significative, dovrà inoltre essere in grado di formulare ipotesi, selezionare e utilizzare informazioni rilevanti e utilizzare processi anticipatori per raggiungere un obiettivo.
Abnorme lassità legamentosa
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Ipotonia
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Instabilità atlanto-assiale asintomatica
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Scoliosi/cifosi |
Displasia dell'anca-epifisiolisi della testa del femore
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Sublussazione e lussazione dell'anca
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Sublussazione e dislocazione della rotula |
Grave piede piatto
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Grave alluce valgo
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Ipermobilità articolare(dolori)
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Osteoporosi
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Tab. 1 Problemi ortopedici correlati alla Sindrome di Down.
Per modulare delle ipotesi di trattamento significative, bisognerà considerare le aree di adattabilità e il limite di tolleranza di ogni bambino.
Il progetto riabilitativo dovrà essere condiviso con i genitori, in quanto è necessaria una loro stretta e sostanziale collaborazione.
I genitori dovranno collaborare, capire come aiutare il bambino, essere in grado di comprendere le caratteristiche della disabilità, ma non essere troppo responsabilizzati in aree di non loro competenza in quanto questa tendenza, li porterebbe a diventare “riabilitatori” e non più figure affettive e di contenimento per il loro bambino.
Una riabilitazione precoce, individualizzata e duratura nel tempo deve tener conto sicuramente della prevenzione e della cura non chirurgica delle complicanze ortopediche che sono presenti nel 21,4% della popolazione di bambini affetti da SD (5).
Nell’esame fisioterapico del bambino viene effettuata una valutazione specifica di quei distretti muscolari suscettibili ad accorciamenti e/o alterazioni e viene valutata in gradi l’ampiezza delle articolazioni più importanti al fine di evitare l’instaurarsi di deformità ortopediche.
II bambino Down verrà valutato e verranno forniti dei suggerimenti ai genitori sulla postura da mantenere nell’arco della giornata, in modo da contrastare la tendenza che lo porterebbe nel tempo a sviluppare una vera e propria patologia ortopedica.
La cura e la prevenzione delle turbe ortopediche deve essere fatta nel rispetto del potenziale evolutivo di ogni bambino e dei suoi bisogni di autonomia e partecipazione alla vita sociale. Nella tabella 1 sono riportati i maggiori problemi ortopedici correlati alla SD e, di seguito, cercheremo di analizzare quei problemi su cui, con una riabilitazione mirata, è possibile intervenire per contenere i danni secondari.
Siamo coscienti che il nostro intervento non risolverà tutti i problemi del bambino, ma, sicuramente, gli permetterà una migliore qualità di vita e la possibilità di avere un accrescimento più armonico senza la presenza di disturbi che nel tempo porterebbero l’instaurarsi di patologie dolorose non più reversibili.
Sublussazione - lussazione dell'anca
Uno dei distretti sicuramente più a rischio è quello dell’anca con il rischio di sublussazioni e lussazioni che, a volte, possono compromettere severamente la postura eretta e il cammino.
Una corretta valutazione di questa articolazione deve essere eseguita fin dai primi mesi di vita. Una postura scorretta, che pone i legamenti e la capsula articolare in condizioni di allungamento eccessivo, favorisce il decentramento della testa femorale contribuendo allo sviluppo di displasie e sublussazioni.
La classica posizione a rana mantenuta nel bambino, già in posizione supina, provoca la distensione della capsula articolare dell’anca nella parte anteriore e porta ad un decentramento per scivolamento in avanti della testa femorale. Questa posizione provoca una diminuzione di ampiezza dei movimenti delle cosce in rotazione interna per l’accorciamento dei muscoli pelvi-trocanterici posteriori. Inoltre si può verificare una diminuzione di lunghezza dei muscoli ischiocrurali che diventa problematica per le anche e per il bacino: esso viene portato in una posizione di retropulsione nociva per la posizione seduta.
Bisogna cercare di contrastare questa posizione degli arti inferiori utilizzando dei dispositivi, in materiale plastico, modellati sul bambino usabili sia di giorno che di notte.
Valutiamo la postura seduta del bambino Down come si realizza spontaneamente in vari contesti e vediamo come queste posizioni non corrette possono nel tempo portare a peggiorare problematiche già presenti in diverse articolazioni e come, a volte, sia possibile contrastare questi effetti in modo semplice e economico.
Seduto su una sedia
Se osserviamo di profilo la posizione di un bambino con SD seduto su una sedia, notiamo molto spesso una forte retroversione del bacino, accompagnata da un atteggiamento cifotico del tronco; il bambino, in questa posizione, si trova in una situazione di instabilità che, a volte, non gli permette di effettuare delle rotazioni assiali del tronco e, inoltre, a causa dell’ipotonia, lo porta ad utilizzare gli arti superiori come appoggio, impedendogli l’utilizzo di questi per la manipolazione.
Il problema delle anche e l’atteggiamento cifotico nella posizione seduta può essere corretto utilizzando un seggiolino attivo basso che arriva al livello vertebrale di L3-D4 (6). Questo seggiolino è costruito in gesso, non è costoso e può essere rifatto più volte da un riabilitatore specializzato in rapporto alla crescita o alle correzioni da eseguire; permette una migliore stabilizzazione del tronco e un miglior utilizzo degli arti superiori. La posizione del bacino in antero versione che si ottiene permette un raddrizzamento attivo della colonna e il superamento dell’atteggiamento in cifosi.
Il calco viene eseguito con il bambino posto orizzontale prono con le anche flesse all’angolo desiderato. Vengono utilizzati vari cuscini che aiutano l’operatore a ricercare la miglior posizione del bacino: la sistemazione corretta del bacino è condizione obbligatoria per ottenere l’allineamento del rachide.
La posizione delle cosce, più o meno flesse o allargate, è in rapporto alla necessità di trovare una posizione in cui le teste femorali siano coperte dai cotili.
Prima della costruzione di un seggiolino sarà necessaria la costruzione di un diagramma dei settori in cui la testa femorale è coperta o scoperta per seguire l’evoluzione del centraggio delle anche (7). Questo studio ci permetterà di sapere qual è il settore di sicurezza all’interno del quale l’anca può essere considerata protetta dal rischio di lussazione.
La dimostrazione del diagramma può portare, per esempio, a non flettere le anche fino a 90° se esse risultassero troppo scoperte.
Il seggiolino perde il suo aspetto ortopedico nel momento in cui viene chiesto ai genitori di dipingerlo, utilizzando i disegni e i colori preferiti dal bambino.
Seduto a tappeto
Molte volte il bambino con SD a tappeto si siede mantenendo una posizione a rana, con una abduzione e rotazione esterna delle anche molto accentuata.
Questa posizione può essere corretta utilizzando un seggiolino ritagliato su misura sul bambino in un materiale malleabile che assicuri un corretta posizione del bacino in antero versione. Si ottiene anche una correzione dell’atteggiamento cifotico e una maggior adduzione delle anche che va a diminuire la distensione dei legamenti e della capsula articolare.
Seduto tra i talloni
Una posizione dannosa, da evitare è sicuramente la posizione adottata dai bambini quando a tappeto si siedono tra i talloni: il mantenimento di questa posizione provoca vari problemi che portano a rischio di deformità.
A livello dell’anca si esercita una pressione sulla capsula articolare che diventa lassa e la testa femorale preme sul ciglio cotiloideo appiattendolo. A livello del ginocchio il tendine rotuleo viene sottoposto a una trazione molto forte e i piedi a livello osteo-articolare subiscono la pressione del peso corporeo.
È possibile controllare questa posizione utilizzando il “trotte lapin” (8), un ausilio costruito su misura per il bambino e realizzato con un materiale di spugna con un’alta densità, ma elastico.
Il “trotte lapin” è molto leggero, la sua forma gli permette di oscillare e segue il bambino nei suoi movimenti, solitamente viene ricoperto da una stoffa colorata ed è molto semplica da indossare.
Piede piatto-alluce valgo
Un problema ricorrente nei bambini con SD è la presenza di un piede piatto accompagnato molto spesso da un alluce valgo. Questo problema può presentarsi in forma lieve, ma con il passare del tempo, se non contrastato, può diventare un forte handicap e provocare l’insorgere di una patologia dolorosa.
La propensione allo sviluppo di questa patologia può essere osservata e valutata precocemente nel periodo che precede l’appoggio al suolo: in questo periodo è possibile lavorare con il bambino utilizzando movimenti rotatori dell’asse corporeo e degli arti inferiori. Un esempio di questo lavoro possono essere esercizi su un rullo o su un grande pallone, che aiutino il bambino a mantenere posture corrette, a sviluppare movimenti in inversione del piede e che lo preparino al momento della stazione eretta.
Nel momento in cui il bambino si mette in piedi e inizia un cammino autonomo, la forza di gravità non fa che peggiorare questa deformità con un’evoluzione molto rapida.
In questa fase è utile utilizzare dei gusci modellati (9), che aiutano a correggere il valgismo del piede e che, contemporaneamente, abbiano un’azione preventiva sull’alluce valgo.
I normali plantari non riescono a correggere un piede realmente valgo, la pressione esercitata dal plantare sotto l’arco plantare non modifica la posizione articolare patologica e la distribuzione errata del carico.
Con i gusci, che vengono realizzati partendo da un calco gessato, si tenta di ricostruire l’architettura normale del piede e di risistemare i normali rapporti dell’articolazione astragalo calcaneare.
Questi gusci possono essere introdotti nelle scarpe normali o ortopediche a seconda della gravità del problema, ma nel caso in cui le scarpe siano correttive, non dovranno essere mai troppo rigide perché il piede dovrà comunque essere libero di effettuare movimenti normali durante il cammino.