34. LA RIABILITAZIONE LOGOPEDICA

ELEONORA CARRAVIERI    

I soggetti affetti da Sindrome di Down (SD) presentano una compromissione nello sviluppo linguistico e cognitivo di grado variabile; generalmente, presentano una marcata dissociazione tra il dominio della comprensione e quello della produzione, che risulta più alterato a livello fonetico-fonologico e morfologico rispetto alla sfera lessicale.

La precocità della presa in carico, le relazioni interpersonali che si instaurano nell’ambiente familiare, successivamente alla diagnosi, permettono di organizzare un approccio terapeutico - riabilitativo peculiare, ma non specifico, non definibile a priori perché ogni bambino con SD presenta caratteristiche diverse e per questo non è mai possibile definire, se non in modo schematico un programma d’intervento logopedico, che va, pertanto, applicato in modo flessibile.

Accanto al patrimonio genetico, i fattori ambientali, affettivi e cognitivi svolgono un ruolo determinante nello sviluppo neuropsichico e neuropsicologico globale e nell’organizzazione della personalità. La crescita di un bambino sindromico è monitorata da controlli medicospecialistici secondo protocolli che, da una parte, hanno lo scopo di prevenire l’evidenziarsi o l’evolversi delle possibili patologie connesse e dall’altra, indicheranno i percorsi necessari e specifici per quel quadro e per quel bambino.

L'intervento riabilitativo

Il modello teorico si basa sull’approccio multidisciplinare che assicura un progetto individuale con interventi scelti in funzione delle difficoltà emergenti, garantisce lo scambio e l’integrazione delle informazioni tra le figure professionali e la famiglia, considera sempre l’evoluzione globale del bambino, assicurando l’alternanza degli interventi rispetto alla stratificazione degli stessi, nell’ottica di una molteplice offerta.

L’intervento riabilitativo, sia esso di fisioterapia, psicomotricità, logopedia, terapia occupazionale o educativa, ha la finalità di permettere al soggetto di generalizzare abilità, apprendimenti e comportamenti in domini diversi, attuando il comportamento adattivo richiesto dalla realtà contestuale, sia esso l’ambito familiare, scolastico o ricreativo. Le caratteristiche emotive del bambino con SD nello specifico necessitano della mediazione di adulti e coetanei che lo aiutino a trasferire abilità e competenze dall’ambito familiare e dal setting terapeutico ai contesti sociali abituali.

Ogni terapista lavora per promuovere la motivazione e la curiosità del bambino, che nel tempo impara ad essere più attento, ad imitare le proposte, a rielaborarle e a correggersi fino a maturare le competenze motorie, prassiche, linguistiche, cognitive e metacognitive.

La valutazione neuropsichiatrica infantile

Le valutazioni neurologica e neuropsichiatrica forniscono informazioni su postura, motrici-tà grossolana e fine, manipolazione, sviluppo affettivo, partecipazione all’ambiente e socializzazione, tutti elementi necessari per poter impostare correttamente i programmi d’intervento.

Nel soggetto Down si rileva quasi costantemente un ritardo nell’acquisizione delle varie tappe di sviluppo psicomotorio, comunicativo, sociale e di conseguenza nelle autonomie personali dell’individuo. il bambino inizia a rispondere con il sorriso al contatto fisico e verbale con circa un mese di ritardo, sorride spontaneamente dopo circa 2 mesi e contemporaneamente riconosce mamma e papà, inizia a introdurre cibi solidi con un mese di ritardo e mangia un biscotto da solo intorno ai 10-12 mesi (1).

Nelle attività di motricità e di adattamento si rileva un divario di circa 3 mesi di ritardo nel seguire gli oggetti girando gli occhi, nell’afferrare un giocattolo che oscilla e nel passare gli oggetti da una mano all’altra. Il divario si allunga tra i 10 mesi e l’anno e mezzo di età in attività di precisione come completare i puzzle di tre-quattro pezzi, copiare un cerchio, accoppiare forme, figure e colori.

È nel corso della scuola materna che si evidenzia il divario tra sviluppo normale ed età; certamente ci sono differenze individuali e variabilità interne alla sindrome stessa che rimandano a quadri molto differenti tra loro (2).

Nello sviluppo del bambino Down interagiscono vari fattori quali: patologie cardiache, oto-rinolaringoiatriche ed oculistiche, fattori ambientali e socio-culturali, la scolarità dei genitori, la presenza o meno di fratelli, le occasioni offerte o negate dall’ambiente culturale e sociale.

L'ascolto

Il frequente riscontro di patologia flogistica a carico dell’orecchio medio con conseguente sordità spesso rende necessaria la prescrizione della protesi acustica; per facilitare l’adattamento e l’utilizzo della protesi stessa nella maggior parte dei casi bastano delle sedute di counselling con i genitori per insegnare loro a stimolare l’ascolto del bambino attraverso giochi sonori, fischietti, strumenti musicali, richiami da caccia, tombole sonore, canzoncine che stimoleranno contemporaneamente l’imitazione onomatopeica dei suoni ascoltati. Tutte queste modalità sono attuate dalla terapista durante la seduta riabilitativa.

Lo sviluppo della percezione dei suoni ambientali nel soggetto Down presenta un ritardo: intorno ai 2 mesi il bambino incomincia ad interessarsi ai rumori ambientali, verso i 7 si volta alle voci e verso l’anno riconosce oggetti d’uso, parole familiari e comprende semplici istruzioni verbali che riguardano le sue necessità come “Vuoi l’acqua? Dove è il tuo orsetto? Dov’è papà? Cerca il biberon!”

L’ascolto dei messaggi verbali migliora con il passare del tempo in relazione alla disponibilità del bambino di rapportarsi con l’ambiente circostante ed anche in risposta alle sollecitazioni ambientali. i messaggi verbali proposti dall’adulto devono essere ricchi di significato, poco ridondanti e incalzanti, con pause che permettano al bambino di inserirsi con commenti per capire meglio o per commentare.

Spesso le proposte dell’adulto hanno contenuto semplificato sia nella costruzione grammaticale che nella scelta lessicale nel dubbio di una non perfetta comprensione del bambino, per contro altre volte i messaggi sono troppo rapidi e sofisticati e rischiano di non essere colti dal bambino.

È necessario educare il bambino all’ascolto piacevole e condiviso di favole; inizialmente saranno storie brevi e illustrate che l’adulto descrive mentre invita il bambino a cercare tra le illustrazioni del libro gli elementi di cui sente parlare. Successivamente saranno racconti scanditi dalle stesse espressioni, parole e intonazioni, ripetuti tante volte quante ne richiederà il bambino, fino all’ascolto di storie senza illustrazioni; il bambino ascolta con piacere un adulto che gli dedica tempo. Queste attività aiutano a migliorare l’analisi del linguaggio utilizzato dagli adulti, ad integrare le informazioni, fare inferenze, comprendere con un ritmo e una profondità più adeguato.

La competenza comunicativa

La competenza comunicativa si valuta considerando i precursori dello sviluppo verbale: il gesto, lo sguardo, i turni comunicativi. Nell’individuo con SD bisogna valutare le differenze relative a tali parametri; questi bambini piangono meno frequentemente, hanno sorrisi più brevi e meno numerosi anche in risposta a quello materno, presentano difficoltà a stabilire il contatto oculare ed utilizzano un minore sguardo referenziale, guardano l’oggetto che desiderano, ma sviano lo sguardo se non sono subito compresi.

I primi scambi verbali tra mamma e bambino sono caratterizzati da una differenza quantitativa e qualitativa nell’alternanza dei turni e degli scambi (turn-talking). I turni sono rallentati e differiti, il bambino usa per più tempo i gesti deittici1 in sostituzione della produzione verbale ed anche nella fase combinatoria delle prime parole; esprime bisogni a gesti intorno ai 13 mesi, batte le mani e compie piccole routine su comando verbale intorno all’anno ed inizia giochi vocalici con duplicazione di sillabe che non hanno ancora valore di parola intorno ai 14 mesi.

II pianto e lo sguardo, proprio perché hanno una funzione comunicativa, inducono risposte nel comportamento materno, la difficoltà nello stabilire un contatto oculare comporta un ritardo nell’acquisizione della reciprocità e nella capacità di turnazione anche nella fase della vocalizzazione e della sillabazione, che diventa più monocorde senza decrementi di tono e con pochi giochi vocalici e sillabici. Il babbling canonico si presenta con un lieve ritardo, circa 2 mesi; intorno ai sedici mesi si evidenzia una più bassa frequenza di produzione di sillabe, mentre la comparsa delle prime parole avviene con un ritardo di circa sei mesi (3).