Che cos'è la riabilitazione equestre?
La Riabilitazione Equestre (RE) è una modalità di riabilitazione che utilizza come mezzo terapeutico il cavallo. Presenta caratteristiche del tutto peculiari in quanto nasce dall’integrazione di esperienze che fanno capo tanto agli Sport Equestri, che ne costituiscono il presupposto tecnico portante, quanto alla Riabilitazione vera e propria, che ne rappresenta la finalità specifica (1).
Si caratterizza per 3 aspetti difficilmente riscontrabili in altre tecniche riabilitative:
1) rappresenta un momento privilegiato di unione fra terapia e sport;
2) consente al soggetto disabile di entrare attivamente in contatto con la natura, rappresentata dal cavallo e dall’ambiente in cui si muove;
3) viene abitualmente praticata in gruppo e quindi facilita l’integrazione, tanto più che si svolge in un ambiente non medicalizzato, il maneggio, che di per sè facilita la libertà espressiva del singolo e la socializzazione.
Dal punto di vista metodologico la RE si articola nelle seguenti discipline (2):
1) Ippoterapia: è centrata sull’uso del movimento del cavallo come strumento terapeutico, senza l’intervento attivo del soggetto. Si applica nella disabilità medio-grave e riconosce finalità riabilitative di tipo sanitario, ma può essere utilizzata anche in soggetti più lievi nella fase iniziale dell’intervento.
2) Rieducazione Equestre e Volteggio: comporta l’intervento attivo del disabile nella guida del cavallo. Riconosce obiettivi riabilitativi sia sanitari che sociali e prevede l’acquisizione delle tecniche di equitazione. Si applica a soggetti con disabilità medio-lieve. il Volteggio consiste nell’esecuzione di esercizi a corpo libero sul cavallo alle varie andature. Si svolge in gruppo e viene utilizzato nella disabilità psichica e/o motoria lieve (impaccio motorio) per la sua capacità di sviluppare la consapevolezza corporea, la coordinazione, l’equilibrio, la socializzazione. in italia è stato introdotto solo in tempi recenti ma sta diffondendosi rapidamente per i vantaggi che apporta sul piano psicoeducativo e comportamentale.
3) Equitazione Sportiva per Disabili: consiste nello svolgimento di attività agonistica vera e propria o comunque di attività competitiva o dimostrativa (show a cavallo, caroselli), con inserimento del soggetto sia in sedute di equitazione con normodotati che nella normale vita di scuderia. È la fase della RE più strettamente connessa all’ampliamento delle competenze sociali e all’autonomia.
Queste discipline rappresentano un vero e proprio “percorso” riabilitativo, nel senso che è possibile, ove la patologia di base lo consenta, il passaggio da una forma di “Riabilitazione Tecnica” (Ippoterapia) ad una di “Riabilitazione Integrata” (Rieducazione Equestre e Volteggio) e poi eventualmente di “Riabilitazione Sociale” (Equitazione Sportiva per Disabili) (1).
Linee guida per il lavoro di riabilitazione equestre
Il Centro Ippico dove si svolge la RE (Centro di RE) deve essere dotato delle normali strutture, scuderie confortevoli, areate e pulite, campi recintati e dotati di ottimo fondo, meglio se con maneggio coperto, spogliatoi, servizi ed una club-house, anche piccola, da utilizzare come luogo di conoscenza e di scambio.
I cavalli per la RE devono essere sani di corpo e di mente, non impiegati esclusivamente in questa attività - anche loro si divertono a correre e a saltare - di buona indole, ben muscolati, non troppo alti (intorno a m. 1,50) perché un cavallo molto alto preoccupa qualsiasi principiante ed è faticoso per l’operatore. Devono essere cavalli “gentili”, privi di tic, con andature regolari, capaci di fermarsi e ripartire in equilibrio, di capire e accettare le situazioni, pazienti e motivati al lavoro, docili ma non passivi. È necessario che non siano troppo giovani - in generale dagli 8 anni in su - e sarebbe importante conoscere il loro passato ma quando ciò non è possibile bisogna montarli e dedicare loro il tempo necessario a “capirli”: ciò è indispensabile nella gestione del lavoro di RE anche per ragioni di sicurezza e quindi di serenità per l’utente e per l’operatore.
II Centro di RE deve disporre di pedana o rampa specifici per la salita a cavallo e di bardature quali selle inglesi, di cui almeno una con maniglia estraibile: sella “Elisa 1” (3), fascione semplice e fascione tipo volteggio con 2 maniglie, in cui il cavaliere è a diretto contatto con il cavallo, ecc.
Nei Centri di RE della F.I.S.E.(Federazione Italiana Sport Equestri) è prevista un’Equipe multiprofessionale formata da (4):
- Medico Specialista (di solito Neuropsichiatra Infantile, oppure Neurologo o Psichiatra in base alla prevalenza dell’utenza) per la conferma dell’indicazione, esclusione di controindicazioni, stesura del programma, verifica dei risultati, councelling con i familiari e, ove possibile, con il soggetto, raccordo con i professionisti invianti;
- Figure direttamente operative in campo: Istruttore di Equitazione specializzato in RE e Terapisti di RE (professionisti dell’area sociosanitaria/educativa specializzati in RE), di cui almeno uno con formazione universitaria: conseguimento del “Master Universitario di 1° livello in Riabilitazione Equestre”, istituito dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze e organizzato dalla Cattedra di Neuropsichiatria Infantile, che rilascia il primo titolo universitario riconosciuto per la RE;
- Veterinario per la cura dell’aspetto alimentare e di salute del cavallo, di fondamentale
importanza data la delicatezza del lavoro che l’animale è chiamato a svolgere;
- Personale ausiliario: palafrenieri e volontari, preferibilmente giovani, che contribuiscono a vivacizzare l’ambiente e ad alleggerire il lavoro;
- Figure in consulenza: Ortopedico, Fisiatra, ecc.
Tutti i diversi componenti dell’Équipe devono conoscere i principi dell’Equitazione e della Riabilitazione, ciascuno nella specificità della propria area di competenza. Sono previsti momenti di incontro e confronto all’interno dell’Équipe al fine di programmare e monitorare il percorso riabilitativo, definire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, concordare eventuali passaggi di disciplina all’interno della RE (4).
Le necessarie verifiche vengono attuate attraverso videoregistrazioni seriate a cavallo e a terra con applicazione di specifici protocolli di valutazione (5), applicabili a soggetti sia in età evolutiva che adulta, affetti da patologia encefalica fissa o progressiva.
Modalità operative ed efficacia terapeutica
Il lavoro a terra. Rappresenta il modo migliore per far conoscenza con il cavallo e ha spesso un significato psicologico “forte” perché rappresenta il momento in cui il soggetto entra in contatto con l’animale e si prende cura di lui, ritrovando gesti e parole che fanno parte del suo “essere accudito”. È molto divertente spazzolare, pettinare, cibare i cavalli e spesso i bambini che hanno timore di montare perché intimoriti dall’altezza chiedono di farlo proprio durante il lavoro a terra, a volte persino nel box. Attraverso il lavoro a terra vengono esercitate le competenze visuo-spaziali, l’organizzazione e la qualità del movimento, la manipolazione. il soggetto sperimenta le relazioni causa-effetto, impara la terminologia, memorizza parole e gesti finalizzandoli allo scopo, capisce come muoversi intorno al cavallo e come riconoscere i segnali di pericolo e di gradimento da parte dell’animale.
Il lavoro a cavallo. La salita può essere un vero e proprio scoglio: spesso i soggetti hanno timore dell’altezza per cui la salita va affrontata con calma e con il metodo che l’operatore riterrà più opportuno, meglio se con qualcuno alla destra del cavallo perché il vuoto o la parete del maneggio possono creare timore. La discesa va affrontata con calma e sicurezza, utilizzando le stesse attenzioni della salita per non scatenare la paura di cadere nel vuoto. Le andature, essenzialmente passo e trotto poiché il galoppo è possibile solo in pochi casi e di solito limitatamente all’Equitazione Sportiva per Disabili, vengono scelte in relazione alle caratteristiche dell’utente e del cavallo e sono spesso vivacizzate dall’esecuzione di esercizi e giochi a cavallo.
Dal punto di vista strettamente neuromotorio l’efficacia della RE è correlata alla particolare posizione assunta naturalmente a cavallo e alle caratteristiche del movimento del cavallo alle differenti andature (6). La posizione a cavallo consente di per sè un corretto posizionamento del soggetto: nei pazienti con patologia neuromotoria l’ampiezza della base d’appoggio, cioè del dorso del cavallo, determinando l’abduzione obbligata delle anche con semiflessione ed extrarotazione delle stesse, comporta la drastica rottura degli schemi posturali patologici in iperestensione, adduzione, intrarotazione e, complice la posizione degli arti inferiori in triplice flessione, pone le premesse per un possibile raddrizzamento/controllo del tronco. Questo obiettivo è legato in particolare al movimento del cavallo alle varie andature (7). Si tratta di un movimento oscillatorio e di tapping (quest’ultimo particolarmente accentuato al trotto) che elicita molteplici afferenze, soprattutto propriocettive, che favoriscono in maniera significativa la regolarizzazione del tono muscolare, la mobilizzazione del bacino, l’emergenza o il rinforzo dei meccanismi di raddrizzamento, il miglioramento delle reazioni di equilibrio (soprattutto in relazione alle modificazioni di andatura e di direzione), la riduzione dei movimenti involontari.
Nel lavoro a cavallo è molto importante anche la creazione di gruppi di lavoro, meglio se formati da disabili e normodotati, che favoriscono la socializzazione, esorcizzando la paura e imponendo l’apprendimento delle regole. In effetti è molto utile praticare la RE nell’ambito di una Scuola di Equitazione in modo da poter inserire i disabili, a tempo debito e con le dovute attenzioni, nelle normali lezioni della scuola. Ciò permetterà loro di essere pari agli altri, faciliterà l’indipendenza e la partecipazione alla vita sociale, tutte cose che andranno a riverberarsi anche negli altri contesti. Una proposta molto valida, anche per i ragazzi con sindrome di Down (SD), ci viene offerta dai Pony Games (8). Sono 30, praticabili a cavallo alle tre andature ma anche a piedi, sui pattini o in bicicletta, a squadre, in coppia o individualmente: bisogna scegliere con attenzione i pony e i giochi da proporre, a volte modificandoli per adattarli al soggetto ed evitare frustrazioni. Sono giochi divertenti, che permettono di costruire una buona relazione con il cavallo, l’istruttore e i compagni: la squadra è solidarietà, è armonia, è grazie alla squadra che i bambini interiorizzano le regole e hanno più voglia di imparare perché si accorgono di riuscire in ciò che fanno. Non va dimenticato che l’equitazione è sport di regole per eccellenza e ciò rappresenta insieme un obiettivo ed un prerequisito, nel senso che proprio utilizzando il contenimento dell’ambiente-maneggio è possibile per i soggetti disabili affrontare il cambiamento. È un cambiamento che si gioca anche sul piano emotivo-comportamentale, nel senso che la peculiarità del rapporto con il cavallo, il contesto del maneggio, la presenza dell’operatore e dei compagni, le regole dell’equitazione e quelle proprie della RE, tutto ciò aiuta molto nel contenimento degli agiti auto ed eteroaggressivi, nel controllo degli atteggiamenti oppositivo-provocatori, nell’aumento della tolleranza alla frustrazione. il cavallo insegna la tolleranza e la pazienza: bisogna aspettare il proprio turno e rispettare la necessità di fare le cose “qui e ora”, superando la dipendenza dagli altri e facendo leva sulle proprie capacità.
Tra le regole va inclusa anche quella di un corretto abbigliamento da equitazione, che aiuta a contestualizzare l’attività svolta e offre al soggetto e alla famiglia una immagine curata e finalmente gratificante.
Il soggetto con sindrome di Down e il cavallo
Innanzitutto non facciamo l’errore di sottovalutare le capacità dei bambini con SD: sono spesso bambini molto amati, iperprotetti e talora un po’ viziati che desiderano mantenere questo vantaggio e possono far mostra di minore abilità sia per pigrizia che per compiacersi di aver ingannato l’istruttore. Come con tutti gli allievi, anche con loro bisogna essere disponibili ad ascoltare con attenzione, valorizzarli, essere pazienti ma fermi. Andare a cavallo li aiuterà sul piano neuromotorio migliorando tono muscolare, stenia, equilibrio, capacità di coordinazione ed esecuzione del movimento, ma è importante anche che si divertano. Ricordiamo che si impara davvero solo facendo, quindi non stancarsi di far ripetere l’esercizio (la tipica perseveranza di questi soggetti può diventare un vantaggio), magari in modi diversi per non annoiare e scomponendo le difficoltà per superare l’iniziale scoraggiamento. L’esempio degli altri compagni è fondamentale, poiché la motivazione e la fiducia nell’istruttore, se supportate dalla presenza di un modello operativo fruibile, sono in grado di far superare pigrizia e paura. Il maneggio e l’attività a cavallo aiutano molto anche per quanto riguarda gli aspetti comportamentali: ostinazione, ossessività e impulsività, legati alla paura di perdere il controllo sull’ambiente e alla difficoltà, anche cognitiva, di adattarsi nell’immediato ad una modifica, sono spesso ben contenuti dalla RE in quanto contesto ludico ma ben definito, prevedibile ma non rigido. spesso questi bambini sono timidi, ansiosi e credono poco nelle proprie possibilità; la nostra fiducia li stimola ad avere più iniziativa e coraggio, a lavorare senza il ricatto del risultato: “mi impegno, ma se sbaglio non importa, riprovo e farò bene ma soprattutto nessuno riderà di me”. Proprio per evitare l’innesco di aspetti ansiosi legati al persistente vissuto di inadeguatezza, non diamo loro troppe informazioni tecniche, alla tecnica equestre si arriverà per gradi, esattamente come succede con i normodotati. Nell’impostazione dell’intervento occorre ricordare anche le caratteristiche specifiche del funzionamento cognitivo di questi soggetti (9): la tendenza ad avere una percezione visuo-spaziale “globale” a scapito dei dettagli, la difficoltà nella elaborazione di risposte a consegne di tipo verbale (assai più agevoli le consegne visivo-gestuali), la carenza della memoria verbale a breve termine ecc., sono tutti aspetti suscettibili di miglioramento con la RE ma rendono ragione del fatto che questi bambini hanno spesso tempi più lunghi di apprendimento, si tratta di aspettarli e di programmare e monitorare un intervento riabilitativo che valorizzi le risorse sane e favorisca la crescita delle autonomie. Può darsi che il passaggio dalla ippoterapia alla Rieducazione Equestre avvenga, oppure no, l’importante è che ci sia la gioia di montare o anche soltanto di stare con i cavalli. Lavorare quindi con metodo, senza improvvisare, unendo sempre al rigore della disciplina sportiva (e della riabilitazione) la creatività e la fantasia che derivano dal lavorare con un essere vivente: il cavallo non è un giavellotto o una bicicletta, sente, vede, ha emozioni e sensazioni, noi dobbiamo osservare cavallo e cavaliere insieme leggendo il benessere o il disagio dell’uno e dell’altro. il cavallo ti dà la misura della tua forza: ti stimola a dimagrire perché temi di essere troppo pesante per lui o a mangiare altrimenti non avrai abbastanza forza per montarlo, sei tu che devi tranquillizzarlo se è nervoso, spronarlo se è indolente, premiarlo se si comporta bene: sei tu il suo leader e lui te lo fa capire.
Precauzioni e controindicazioni. Come dice giustamente la Baker (10), esistono Precauzioni e Controindicazioni laddove per “precauzione” si intende una “misura da prendersi in anticipo contro possibili danni, insuccessi ecc.” (Webster’s New World Dictionary). Per quanto riguarda la RE, rientrano tra le precauzioni la conferma dell’indicazione da parte del Medico dell’Equipe, la corretta programmazione dell’intervento (ad es. nel caso di soggetti con SD, tenere conto della loro stancabilità), la verifica del programma riabilitativo, la valutazione delle risorse umane ed equine del Centro e così via, mentre le controindicazioni possono essere correlate alla patologia di base o a quella associata (4). La SD in quanto tale non presenta controindicazioni alla pratica della RE, ma occorre fare attenzione alla eventuale patologia associata: instabilità atlanto-assiale, non rara nella SD, così che è buona norma richiedere un Rx del rachide cervicale prima di iniziare la RE, malformazioni cardiache, fragilità ossea e decalcificazione, condizioni di grave compromissione visiva a rischio di distacco della retina, sindromi fobiche gravi, comportamento dirompente ecc.