4.2 Come l’attenzione filtra le informazioni Secondo le teorie strutturali, il cervello interpreta uno stimolo operando come un unico processore centrale a capacità limitata. Lo psicologo britannico Donald Broadbent studiò tale fenomeno analizzando la capacità del cervello di concentrare l’attenzione uditiva su un particolare stimolo, filtrando tutti gli altri recepiti nello stesso momento. Broadbent elaborò così la “teoria del "filtro", in base alla quale, quando due stimoli vengono recepiti nello stesso momento, solo uno dei due è in grado di essere processato, mentre l'altro rimane "immagazzinato" per evitare un sovraccarico di informazioni e viene ripreso in un momento successivo. La teoria del filtro postula l'esistenza di un filtro che regoli l'ingresso delle informazioni nella memoria. Nella selezione dell’informazione, tutti gli stimoli vengono inizialmente immagazzinati per breve tempo nel sistema sensoriale (magazzino a brevissimo termine) dove vengono analizzati sulla base delle loro caratteristiche fisiche. Successivamente uno speciale meccanismo selettivo fa sì che solo alcune informazioni vengano passate al sistema percettivo, il quale le elabora una dopo l'altra in modo più completo. Il modello di filtro rigido di Broadbent è correlato alla cosiddetta “teoria del multi-magazzino”, che divide la memoria in tre strutture principali: memoria sensoriale, memoria a breve termine, memoria a lungo termine. Nei suoi esperimenti, infatti, Broadbent presentava simultaneamente a un soggetto due messaggi verbali diversi per ogni orecchio. Il soggetto riusciva a seguire e quindi a ricordare solo uno dei messaggi, mentre l'altro non veniva ricordato. Per i teorici della capacità, invece, le risorse vengono allocate contemporaneamente e in diverse quantità a più compiti. L'attenzione in questo caso è intesa come una sorta di energia che viene impiegata in diversi modi a seconda delle esigenze. Se pensiamo alle attività che si possono eseguire contemporaneamente ci rendiamo facilmente conto che più due compiti sono simili più la loro contemporanea esecuzione è difficile. Due compiti possono somigliarsi, quindi interferire l'uno con l'esecuzione dell'altro, in quanto usano il medesimo canale sensoriale, oppure condividono qualche stadio del processamento dell'informazione, o ancora possono avere in comune lo stesso meccanismo di risposta. In tutti questi casi possiamo parlare d'interferenza strutturale tra i due compiti. Esiste, però, anche un'interferenza che si verifica quando non c'è, tra i due compiti, competizione per alcun processo o meccanismo. In questo caso il fenomeno si può attribuire al fatto che qualsiasi operazione mentale, per essere svolta in modo ottimale, richiede una certa quantità d'attenzione. Non è possibile dedicare un’attenzione uguale, nello stesso momento, a due oggetti diversi. Chi pretende di leggere e mangiare contemporaneamente per esempio, mette in atto comportamenti errati in entrambe le azioni. Infatti, se si presuppone l'esistenza di una capacità centrale che può essere utilizzata per una vasta gamma di operazioni mentali, si presuppone anche che tale capacità sia limitata. La qualità dell'esecuzione dei due compiti dipende, quindi, dalla quantità di risorse che ciascun richiede. Secondo tale prospettiva, solo se le richieste dei due compiti non eccedono le risorse complessive del sistema, i due compiti non interferiscono l'uno con l'altro e possono essere svolti in maniera ottimale.