PREFAZIONE di Andrea Valle Si potrebbe forse osservare come esistano tre modi di pensare l’armonia. 1. Un modo storico In questi casi si pensa all’armonia rispetto alla musica scritta e a un corpus storico di esempi che viene in qualche modo generalizzato. Come concettualizzare l’armonia? Nei trattati di armonia la notazione in uso è la notazione musicale tradizionale. Ad esempio, un accordo (un Do maggiore) viene rappresentato in chiave di violino con le note relative (dal Do centrale sotto il rigo al Mi e al Sol su primo e secondo). Questa notazione è in qualche modo inesatta sotto due aspetti: a) È assoluta, perché fa riferimento a una triade in uno specifico registro (il Do centrale del pianoforte), ma dovrebbe indicare una forma che ne è indipendente, un sistema di relazioni tra le tre altezze Do, Mi, Sol. Dovrebbe essere quindi relativa. L’armonia è infatti lo studio dei rapporti relativi tra le altezze. ii) È diatonica, perché la notazione musicale occidentale storicamente muove dalla scala di Do maggiore (o dal modo ionico di Do). Essa dunque include un sistema di asimmetrie intervallari. Un Re maggiore dovrà essere notato con Re, Fa♯, La. Ha la stessa forma di un Do maggiore, ma il simbolo di alterazione sul Fa (il ♯) richiede un’elaborazione supplementare, un computo intervallare. Con l’adozione del temperamento equabile, l’intervallo di ottava è diviso in 12 intervalli uguali. Non ci basterebbero dodici nomi separati. La forma concettuale dell’accordo maggiore non ha perciò una forma notazionale univoca, e questo non aiuta il neofita armonico.