XII RITMO L'aspetto ritmico di un brano è sicuramente molto importante. Pensiamo solo al fatto che già molti secoli or sono esistevano molti pezzi che portavano con sé sia come indicazione di tempo che come accenti un andamento di danza: giga, corrente, gavotta, minuetto... Naturalmente, ogni brano, di qualsiasi genere, per come viene letteralmente "portato", ci dà delle indicazioni, sia emotive che tecniche (se si è musicisti) e in qualche modo ci delinea un ambito, un panorama da guardare e un punto di osservazione da cui guardarlo, senza il quale si ha, banalmente, la sensazione che ciò che sta avvenendo "non abbia senso". Naturalmente tutto ciò vale anche per le melodie, le armonie, l'utilizzo degli strumenti musicali. Potremmo persino dire che la somma di queste variabili sia essa stessa la musica: trovare un controfagotto in un gruppo metal non è precisamente comune, e se venisse utilizzato produrrebbe inevitabilmente un effetto di straniamento. Allo stesso modo, un gruppo pop che scriva le proprie in 19/32 utilizzando melodie costruite su una scala lidia dominante non ha molte possibilità di raggiungere i vertici della classifica. Scrivo queste cose perché un improvvisatore credo debba avere presente più di chiunque altro che una certa somma di fattori condurrà in una certa direzione, ed è proprio lui che dovrà sapere dove vuole andare e cosa vuole comunicare. Non certo un violinista che si approcci allo studio di una sinfonia di Mahler e nemmeno un batterista che sia stato chiamato per completare un quartetto che si accinge a proporre un tributo a Charlie Parker. L'improvvisatore ha dunque il privilegio di poter impostare da zero il discorso, il che mi pare una bellissima possibilità. Ma affinché codesta possibilità non si trasformi in rovinosa caduta egli deve costantemente sapere dove è, navigare a vista per vedere i successivi metri innanzi a sé e lasciarsi la possibilità di stupirsi durante il percorso. Insomma, non predeterminare il risultato. hit