Allo stesso modo, in terapia, il paziente sente che in questa fase può ritrovare la sua indipendenza, inibita dal dramma del suo disagio psicologico. Tornare in carreggiata può significare riprendere il controllo della propria vita, dopo aver acquisito consapevolezza di sé nelle fasi precedenti. Il movimento del corpo ha sempre avuto un valore importante per l'uomo, che però, nella nostra epoca di stress, non funziona più in modo armonioso, ma piuttosto a volte in modo dissociato e con ritmi che non sono più i nostri. Spesso si tratta di ritmi veloci, assorbiti dalla fretta della routine quotidiana. È facile dissociare i movimenti e le parti del corpo: «il sorriso appartiene solo alla bocca», «quando camminiamo, solo le gambe camminano», ecc…, il mondo degli adulti ha perso la sua creatività fisica. Il movimento è il flusso di energia che appartiene a tutti gli esseri viventi. Un movimento fluido e consapevole è fondamentale per raggiungere i nostri obiettivi. Abbiamo detto nel paragrafo precedente che è l'intero essere che canta: mente, corpo e anima. Quindi lavorare sul movimento significa diventare consapevoli di tutto il corpo, liberando quelle tensioni causate da movimenti innaturali creati da noi stessi. Vivere usando solo la testa significa dimenticare che abbiamo tutto il resto e che è l'uomo intero a vivere e non solo una parte di lui. Quando lavoro sul ritmo della camminata, noto, comune a tutti i pazienti, la difficoltà di camminare a passo lento. Inizialmente, chiedo loro di camminare liberamente per la stanza, pensando alle esperienze passate. Noto subito una camminata spesso veloce quando vado a rallentarne il ritmo indicando il tempo sul tamburo o al pianoforte, la persona davanti a me mi informa della sua difficoltà. 271 272 273 Pallaro P., (2003), , Edizioni Cosmopolis, Torino, p. 45. 271. Movimento autentico , p. 48. 272. Ibidem , p. 46. 273. Ibidem Durante questa fase, chiedo gradualmente di prestare attenzio-ne alle piante dei piedi, alla schiena, alle caviglie, alle ginocchia, ai glutei, al pavimento pelvico e all’apparato sessuale, all’addome, al diaframma, al petto, alle braccia, al collo, alle spalle, alla testa, al viso, agli occhi, alla bocca. Queste parti del corpo vengono analizzate nel corso della terapia e il risultato è la scarsa consapevolezza che i miei pazienti avevano per una, diverse o tutte le parti del corpo. Poca considerazione per il corpo che è un tutt’uno con la nostra psiche e la nostra anima. Se la voce è l’espressione informe, condensata di un corpo, come potrebbe una voce essere libera ed evincere il suo essere più pro-fondo, se il corpo è quasi inesistente per la coscienza? Ridare vita al corpo significa restituirgli la sua considerazione, renderlo di nuovo attivo e creativo e non castrarlo nel suo movimento. Il movimento è la grande legge della vita: la voce è innanzitutto l’espressione immateriale di un corpo; se non si tiene conto di questo, è impossibile pensare a una buona emissione vocale. 274 , p. 53. 274. Ibidem I VOCALIZZI Siamo arrivati alla fase di vocalizzazione, in cui il paziente deve affrontare una prova tecnica non del tutto semplice: riprodurre scale o arpeggi con la voce per mezzo di vocali. Non siamo qui per preoccuparci della bellezza o della qualità della voce che segue il trattamento, anche se, fondamentalmente, credo, e so per esperienza, che tutte le voci hanno il loro fascino e la loro bellezza, una volta che siano state pulite, liberate dalla polvere della sofferenza che ha bloccato questo flusso di energia. Il paziente è ora di fronte al musicoterapeuta, possibilmente in piedi, e presta attenzione ai supporti (diaframma, pavimento pelvico e gambe/piedi), alla respirazione, all’emissione sul respiro.