Flavia Pozzaglio alias Irene Fargo Figura 6. Irene Fargo. Foto di Sergio Aveta per Alteregostudio, 1995. Nel febbraio del 1992, quando ero ancora un adolescente pieno di sogni e curioso della vita (anche se ancora oggi ho sogni da realizzare e mondi da scoprire), quando il canto era già un modo per e arrivare a , in questo mese da secoli speciale per la musica, in cui il Carnevale dà ancora spazio agli eventi musicali prima di lasciare il posto al silenzio della Quaresima, una voce magica e seducente ha incantato il mio cuore per sempre, risuonando in me come un cembalo ed evocando tutte le mie concezioni mentali e le speculazioni su ciò che una voce e una canzone dovrebbero essere. Ero con la mia famiglia quando, all'ora di cena, guardavamo come di consueto il Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Mentre la cena proseguiva tra un discorso e l'altro, a un certo punto tutta la famiglia si fermò davanti a una giovane donna con riccioli neri raccolti sulla testa, due grandi occhiali rotondi, un'eleganza gestuale e una voce potente, limpida e cristallina, come quella di una dea scesa in terra. Era sorridente. Cantava , una canzone che rende omaggio all'opera di Puccini. penetrare la realtà comprendere il cosmo come un'armonia Come una Turandot