Capitolo 1 Il prologo. Rossini lascia l’Italia Via da Napoli Il 6 marzo 1822, alla decima e ultima recita di Zelmira al San Carlo di Napoli, è presente, per festeggiare Gioachino Rossini,il re Ferdinando I (1751-1825). Il Maestro sta per lasciare Napoli alla volta di Vienna dove è atteso con impazienza e molta curiosità perché la Zelmira stessa è stata programmata per andare in scena al Teatro di Porta Carinzia (Kärntnertortheater). Le cronache recitarono che «Sua Maestà infine della rappresentazione si benignò di dare al Maestro e ai cantanti che partivano lusinghieri segni di gradimento, e tutto quel vasto recinto echeggiò allora di vivi e continui plausi». Zelmira è la nona opera che Gioachino compone per Napoli. Per tutte queste opere Rossini si è avvalso, per il ruolo della protagonista femminile, del soprano Isabella Colbran (1784-1845), mentre per i ruoli maschili si è affidato a una pattuglia di leggendari tenori che hanno fatto la storia del belcanto: Andrea Nozzari (1776-1836), Manuel Garcia (1775-1832), Giovanni David (1790-1864), Giuseppe Ciccimarra (1790-1836), Claudio Bonoldi (1783-1846). Alcuni di questi presto li rincontreremo. A Napoli ha conosciuto appunto Isabella Colbran negli anni del suo massimo splendore vocale. Proprio nella Zelmira ha incontrato una piena consacrazione; dice di lei il cronista del Giornale delle due Sicilie: «il nostro cuore è in sua balia, sublime, ammirabile, inimitabile». E lo stesso cronista dice di Gioachino «Rossini progredisce a grandi passi per la via della perfezione». Il Nostro invece è un po’ stanco di Napoli anche se nella città partenopea ha trovato un ambiente culturalmente molto avanzato dove ha potuto proporre composizioni caratterizzate da notevoli innovazioni musicali, con grandi pezzi d’assieme, arie e concertati tra loro legati in un disegno armonico di ampio respiro; non è mancato neppure un occhio alla musica francese. E proprio alla Francia Rossini ha già guardato, prima con Armida, poi, con maggior risolutezza, con un’opera, Ermione (azione tragica in due atti), notevolmente innovativa; questa infatti, in varie parti, è caratterizzata dallo stile declamatorio, la cosiddetta “declamazione cantata alla francese”, tipica della tragédie lyrique, genere di melodramma inventato e sviluppato in terra di Francia, ma anche conosciuto a Napoli come lascito della dominazione napoleonica. Per la scelta della vicenda di gusto classicista, derivata nientemeno che da Andromaque di Jean Racine (1639-99) e ambientata nell’antica Grecia, Stendhal (1783-1842) scriverà: «Era un tentativo, per aver voluto cimentarsi nel genere dell’opera francese». A Napoli, infatti, Rossini ha incontrato il musicista francese Louis Hérold (1791-1833), inviato nella penisola dalle autorità transalpine a scritturare compositori italiani per i teatri parigini. Costui nell’aprile del ’21, dopo aver incontrato il Maestro pesarese, scriverà alla propria madre «Rossini m’a fait mille amitiés: il brûle de venir à Paris». 1 Rossini a partire dal 1815 fu nominato dal celebre impresario Domenico Barbaja “direttore artistico” dei Teatri del San Carlo e del Fondo; per il San Carlo, appunto, compose nove melodrammi: Elisabetta regina d’Inghilterra (4 ottobre 1815), Otello (4 dicembre 1816), Armida (11 novembre 1817), Mosè in Egitto (5 marzo 1818), Ricciardo e Zoraide (3 dicembre 1818), Ermione (27 marzo 1819), La donna del lago (24 settembre), Maometto II (3 dicembre 1820), Zelmira (16 febbraio 1822).