Introduzione

Un aspetto della vita trascurato

Quando riflettiamo sulla nostra vita di solito pensiamo in termini dualistici e contrapposti, come l’antagonismo tra buono e cattivo, luce e buio, maschile e femminile, sole e luna. Qualunque sia il motivo di tutto ciò, pensare per opposizione è così radicato in noi che spesso non ce ne accorgiamo neppure. Soprattutto il nostro metodo scientifico è permeato da questa mentalità ma, nonostante ciò, vi sono aspetti o argomenti in cui solo uno dei due poli contrapposti viene preso in considerazione e ci incuriosisce.


In fisiologia, quella branca della medicina che cerca di descrivere il funzionamento interno degli esseri viventi, da molto tempo ci si dedica principalmente allo studio dello sforzo e dello stress, in gran parte grazie all’approfondimento di quella che è stata chiamata reazione di attacco o fuga (fight or flight). Nel caso di questa reazione molto ben conosciuta, noi e gli altri mammiferi ci prepariamo ad affrontare situazioni stressanti attaccando oppure mettendoci in salvo. Siamo arrabbiati, spaventati, o entrambe le cose contemporaneamente; la pressione sanguigna aumenta e il sistema digerente si ferma quasi del tutto, inclusi i processi di stoccaggio dei nutrienti. Reagiamo con maggiore rapidità e siamo meno sensibili al dolore. Tutta l’energia del corpo si concentra per difenderci da un eventuale pericolo, reale o immaginario che sia. Proprio come Braccio di Ferro quando mangia spinaci, noi esseri umani – assieme agli altri mammiferi – sotto effetto della reazione di attacco o fuga siamo dotati per un breve periodo di poteri straordinari. Il nostro corpo produce una sorta di supercarburante, un power drink, che contiene ormoni e altre sostanze messaggere, i cosiddetti neurotrasmettitori o neuro-mediatori.


Il meccanismo fisiologico di solito trascurato, che descrivo in questo libro, è l’esatto contrario della reazione di attacco o fuga. Come la maggior parte degli altri mammiferi, noi esseri umani siamo capaci sì di mobilizzarci quando un pericolo ci minaccia, ma anche negli altri momenti di godere della bellezza della vita, rilassarci, intessere relazioni e guarire. Non sono solo gli eventi della vita a essere opposti, ma anche il sistema biologico coinvolto. Oggetto di questo libro è proprio l’altro piatto della bilancia, cioè il sistema di calma e connessione.


Tale sistema è associato alla fiducia e alla curiosità invece che alla paura, all’amicizia piuttosto che alla rabbia. Il cuore e il sistema circolatorio rallentano, mentre si attiva la digestione. Se prevalgono la pace e la calma, abbassiamo le difese e diventiamo sensibili, aperti, interessati a chi e cosa ci circonda. Invece del power drink adrenalinico, il nostro corpo ci offre un elisir di guarigione pronto all’uso. Sotto il suo influsso, percepiamo il mondo e i nostri simili in una luce positiva, possiamo crescere e guarire. Anche questa risposta dipende da ormoni e altre sostanze messaggere, ma finora i potenziali effetti di tali vitali vie metaboliche non sono ancora stati riconosciuti, né studiati, fino in fondo.


Il fatto che l’importanza di questo sistema sia stata trascurata rivela molto dei valori su cui si basa la ricerca scientifica: il sistema di calma e connessione è senz’altro importante per la sopravvivenza tanto quanto il sistema di difesa sotto sforzo, ed è altrettanto complesso, tuttavia la maggior parte dei convegni scientifici vertono sul dolore e lo stress, e solo di rado sulla calma, il riposo e il benessere. Per esempio, tra le ricerche sul sistema nervoso vegetativo (quella parte del sistema nervoso che regola le funzioni involontarie del corpo) soltanto il 10% si occupa del parasimpatico, coinvolto nel riposo e nella crescita, mentre il restante 90% si occupa del simpatico, che si attiva in caso di difesa e stress.


L’attuale orientamento della ricerca potrebbe dipendere dal fatto che, nella nostra cultura, viene posta l’enfasi sulla prestazione e sul successo nel raggiungimento di un obiettivo. Siamo abituati a definire un’attività come qualcosa in movimento, che si può vedere, ma molti dei processi e degli effetti del sistema di calma e connessione non sono visibili a occhio nudo. Avvengono lentamente e gradualmente, e non è facile individuarli o definirli al pari delle ben più drammatiche azioni legate all’attacco o alla difesa. Proprio come Nasruddin, il leggendario personaggio delle parabole sufi, che cerca la chiave nel punto in cui riesce a vedere meglio e non dove l’ha perduta, i fisiologi hanno studiato il meccanismo di attacco o fuga, che è molto appariscente, ma non si sono quasi accorti del sistema di calma e connessione, che è meno evidente e più discreto.


Questo sistema si attiva per lo più quando il corpo è a riposo. Dietro la quiete apparente si nasconde una quantità enorme di lavoro, che però non è orientato né al movimento, né allo sforzo, ma aiuta piuttosto il corpo a recuperare, crescere, guarire, trasformare il nutrimento in energia e immagazzinarlo per un utilizzo futuro. Il corpo e la mente si calmano e, in questo stato, possiamo accedere con più facilità alle risorse interne e alla creatività. Quando non siamo sotto stress, aumenta anche la capacità di apprendimento e di risolvere problemi.


Credo sia estremamente importante comprendere meglio i processi fisici e psicologici implicati in questo sistema, che è l’opposto della reazione di attacco o fuga. Abbiamo bisogno di entrambi, dato che ogni singolo individuo in ogni specifica situazione ha un modo ottimale di reagire, ma ora è risaputo che, a lungo andare, lo stress rischia di provocare vari problemi psicologici e fisici. Se vogliamo restare a lungo in buona salute, i due sistemi devono essere equilibrati.


L’oggetto di studio scelto da uno scienziato non è frutto del caso. Credo che ogni ricercatore si orienti in base alla combinazione di esperienza personale, spirito dell’epoca e clima politico all’interno della sua disciplina. Le memorie e il vissuto inconsci hanno anche un influsso, forse più grande di quel che si suppone. A partire da questo insieme di fattori, formuliamo ipotesi che cerchiamo di dimostrare o smentire, e impostiamo le domande a cui cerchiamo di dare una risposta.


Per tutti questi motivi in campo scientifico finora ha prevalso l’interesse per la fisiologia della prestazione, dello sforzo e della difesa, e non ci rendiamo neppure conto fino a che punto ha influenzato l’orientamento della ricerca. Tale modo di considerare le cose, direi piuttosto questi paraocchi, ha impedito per lungo tempo a noi che lavoriamo in campo medico di considerare la risposta di calma e connessione un sistema fisiologico a sé stante e indispensabile. Pertanto, per me, studiare questo sistema è stato come navigare controcorrente nella mentalità medica predominante.