Racconto di due nascite
È nato un bambino. La neomamma era al centro dell’attenzione, mentre era incinta. Adesso le persone che vengono a farle visita la scansano e vogliono solo prendere in braccio il suo bambino. Avere visite significa che dovrà rinunciare a riposare, e le persone si aspetteranno di essere intrattenute, lasciandola poi con una casa disordinata e un bambino irrequieto. Nessuno le chiede come si sente. Non ha esperienza con i neonati, non ha famiglia vicino, si sente persa e si chiede se ciò che sta facendo sia giusto. Il suo partner torna al lavoro dopo due brevi settimane. Fa fatica a soddisfare i bisogni del suo bambino, e anche i suoi. Nessuno l’aiuta con le faccende o a cucinare. Riceve molti regali, ma sono tutti per il bambino. È esausta perché la notte dorme a tratti, desidera fortemente riposare un po’, o avere del tempo libero senza il bambino. Le sue giornate sono un susseguirsi di momenti in cui dà da mangiare al neonato e momenti in cui si occupa di lui. Non ha più vita sociale, visto che gli altri lavorano a tempo pieno. Si sente isolata e sola. Brama la compagnia degli adulti. Si sente in colpa perché non si sta godendo ogni momento. Fatica a capire a fondo questa esperienza. Nasconde i suoi sentimenti e finge che sia tutto a posto.
Tutti le danno consigli contrastanti e indeboliscono il suo istinto. Nessuno si prende cura del suo corpo, e sente la pressione di “dover tornare
alla normalità”, sia a livello fisico che sociale. A un mese dalla nascita è esausta, insicura riguardo le sue capacità di madre e si sente ancora
come se fosse appena entrata in una condizione di post parto, fisicamente ed emotivamente.
Le cure post parto sono il parente povero del mondo delle nascite. La nostra cultura si concentra esclusivamente sul bambino invece che sui bisogni della neomamma, e questo si nota con evidenza nel fatto che la maggior parte dei regali che i neogenitori ricevono sono vestiti e giocattoli per il bambino. Eppure ai bambini non importa niente di peluche e vestiti: ciò di cui hanno più bisogno, oltre a calore, protezione e cibo, è avere genitori amorevoli. E questi, per essere in grado di allevare i loro bambini, hanno a loro volta bisogno di sostegno, incoraggiamento e premure. Attenzioni e regali, invece che essere diretti al bambino, non dovrebbero essere diretti ai genitori, e soprattutto alla madre? Questa saggezza si ritrova ancora in molte culture in tutto il mondo, ed è stata parte anche di quella occidentale, ma si è persa in favore di una cultura che loda una madre che è “tornata alla normalità” il prima possibile dopo il parto, come se niente fosse successo. Questo libro vuole schierarsi a favore di un cambiamento verso una cultura postnatale che sia più incoraggiante e rassicurante.
È nato un bambino. La neomamma viene festeggiata e il suo status è arricchito dalla maternità. Le persone capiscono che ha compiuto un’impresa incredibile nel far crescere e nel mettere al mondo un’altra persona e che ha bisogno di tempo, riposo, cure e di una sana alimentazione per riprendersi. Familiari e membri della comunità si stringono attorno a lei. Non deve pensare a niente in casa: le faccende sono sbrigate, il cibo è cucinato. Deve solo pensare a riposarsi e a conoscere il suo bambino. Altre madri con più esperienza le stanno accanto e la sostengono mentre impara a prendersi cura del suo bambino e a nutrirlo. Quotidianamente una persona le massaggia il corpo e le avvolge della stoffa attorno all’addome, in un modo pensato per farla riprendere più velocemente, sia a livello fisico che spirituale. È trattata e riverita come una regina. Le persone litigano su chi le preparerà il pasto successivo. I piatti sono pensati appositamente per restituirle la forza, nutrire il corpo e rafforzare la salute. Non è mai sola, è sempre in compagnia di altri adulti, e può parlare dei suoi sentimenti e capire che il suo concetto di sé sta cambiando. Braccia amorevoli tengono il bambino ogni volta che ne ha bisogno. Si riprende completamente, e a un mese dalla nascita è pronta a rientrare nella vita della comunità, è più forte, più sicura di sé e capace di prendersi cura del suo bambino.
Questo confronto può sembrare troppo antitetico, o troppo idealistico, ma ho assemblato le storie raccolte in anni di racconti di madri provenienti da diverse culture. Mi ricordo quando parlai con una dolcissima donna keniota nel cortile della scuola. Mi raccontò una storia straziante sul contrasto tra la sua esperienza dopo la nascita del primo figlio in Kenya e quella del secondo figlio nel Regno Unito. Mi disse che le persone facevano a gara per chi dovesse cucinarle la cena, e che non avevi neanche bisogno di lavarti da sola. Quando si trasferì in Gran Bretagna e nacque il suo secondo figlio non aveva accanto la famiglia. Aveva un figlio più grande da portare all’asilo e un marito che si aspettava di trovare la cena pronta ogni sera. Si è sentita totalmente sola, le mancavano disperatamente la sua comunità e il supporto postnatale del suo paese, e piangeva ogni giorno.
Negli ultimi 10 anni ho sostenuto molte donne durante il loro viaggio nella maternità e ho ascoltato centinaia di storie. Ho assistito allo stesso sforzo di adeguarsi e allo stesso senso di colpa nel “non fare niente di produttivo”. Ho visto e ascoltato molte donne sentire ed esprimere le medesime cose che io stessa ho provato come neomamma.
Sono stata incredibilmente fortunata dopo la nascita della mia seconda figlia perché mia suocera dall’India era qui con noi. Mi diceva di andare in camera con la bambina e di rimanere lì. Non mi faceva mai cucinare. Faceva tutto, anche prendere in braccio la bambina. Mi suggeriva di avvolgere la pancia, di stare al caldo, e di non permettere a chi veniva a farci visita di prendere in braccio la bambina e farla passare da una persona all’altra. Mio marito mi preparava spuntini energizzanti. Assumevo frullati e capsule con placenta e si svolgeva la cerimonia del “Closing of the bones”.
Seema Barua
Avevo tutto il sostegno di cui avevo bisogno e l’entrata nella maternità è stata magnificamente facile.
Deborah Neiger
La mia magnifica ostetrica privata mi disse di stare a letto per una settimana dopo il parto (“appena ti vedono vestita e in giro per casa il recupero post parto è finito” mi disse). Suggerì di lasciare una chiave sotto lo zerbino e un biglietto con scritto “preparate il tè prima di venire su e non state più di mezz’ora.” Stava andando tutto molto bene finché il marito di una vecchia amica non mi disse “perché sei ancora a letto? Sei malata? Hai solo avuto un bambino, è fisiologico, non serve che tu stia a letto.” Quel commento misogino mi fece sentire così patetica, non meritevole di riposo. Mi buttò completamente a terra.
Sophia MacDonnell
Ero profondamente sconvolta dal fatto che nessuno vedesse la sofferenza e il dolore che provavo. Da amici e familiari fino al personale sanitario, non capivano il mio dolore fisico ed emotivo e quanto fossi sopraffatta. Questo mi fece sentire molto egoista: come potevo avercela con un bambino perché nessuno si stava prendendo cura di me?! La nostra società non è fatta per prendersi cura delle neomamme, specialmente chi lo diventa per la prima volta.
Meg Hill
Mi ricordo quando mio marito tornò al lavoro. A volte mi telefonava per chiedermi cosa stavamo facendo (potevano essere le 11 circa). Mi chiedeva se fossimo ancora in pigiama. Mi sentivo così in colpa a dire di sì (anche se non ha mai fatto niente per farmi sentire in colpa) che mi preparavo e vestivo mio figlio alla poppata delle 5 di mattina, e poi tornavamo a letto vestiti. Sentivo che fosse più accettabile dire che avevamo fatto un riposino a metà mattina piuttosto che non avevamo ancora iniziato la giornata.
Nicola Witcombe
Mi ci volle almeno un anno e mezzo per riprendermi perché ho avuto un cesareo. Non c’è stato un vero aiuto da parte dei servizi sanitari: non si accorsero neanche che il nostro bambino stava soffrendo la fame. Vivevamo da soli qui in Gran Bretagna, senza una famiglia alle spalle. La mia fortuna è stata avere un’amica che si è comportata come un’ostetrica e un marito che è medico e ancora mi sta rimettendo in sesto con la medicina cinese.
Ilona Vero
Quando ho iniziato a lavorare come doula sono rimasta colpita da quante donne soffrono in silenzio, perché pensano di essere le sole ad avere difficoltà e se ne vergognano.
Una volta ho prestato servizio come doula per una donna americana di nome Emma. Era una donna divertente, intelligente, con uno spiccato senso dell’umorismo. Durante una delle mie visite dopo il parto, quando sua figlia aveva 3 mesi e suo figlio 3 anni, stavamo provando a chiacchierare mentre allattava la bambina e intratteneva suo figlio con i puzzle, quando Emma mi disse che non capiva perché fosse sempre stanca. Le dissi: “Sei stanca perché hai una bambina di 3 mesi e un figlio di 3 anni!”. “Ma tutti gli altri sembra che la stiano gestendo meglio di me”, mi rispose. Le spiegai che non era vero, che gli altri stavano mentendo, o fingendo. Emma mi disse anche che si sentiva in colpa a chiedere aiuto.
Ritengo che la nostra cultura, con queste immagini “perfette” ma insidiose sui social media, crei un sistema che perpetua il mito della maternità perfetta. Nessuno condivide i momenti brutti, quindi è facile pensare che per chiunque altro le cose siano più facili che per te, provare vergogna per non essere all’altezza e nascondere questi sentimenti, per cui si instaura un circolo vizioso di falsità e sentimenti di inadeguatezza.
Più lavoravo per aiutare le neomamme, più la mancanza di sostegno e le loro sofferenze silenziose mi facevano infuriare. Poiché di natura sono molto curiosa, ho iniziato a chiedere ad ogni madre straniera che incontravo come fossero le consuetudini delle loro culture riguardo il recupero post parto. Le storie che sentii mi lasciarono a bocca aperta. Swati mi raccontò che quando nacquero i suoi gemelli in India sua madre assunse una signora del villaggio per andare a farle un massaggio totale ogni giorno per un mese! Racconto questa storia ai futuri genitori perché fa capire davvero quanto ci stiamo perdendo.
Io sono sposata con Chi, che è nato ad Hong Kong, e come doula ho aiutato molte clienti cinesi. La tradizione cinese del zuò yuè zi (in cinese mandarino) o co jyut zi (in cinese cantonese), che si traduce con “fare il mese”, è una complessa combinazione di riposo, fasciature del corpo, specifici cibi nutrienti e fare sì che la madre stia al caldo.
Più storie ascoltavo, più diventava forte la sensazione che la nostra cultura fosse insufficiente per le neomamme. La maggior parte di noi non immagina neppure che il sostegno offerto non è adeguato. Non siamo consapevoli del fatto che non ci viene dato ciò di cui abbiamo bisogno. Siamo grate per i fiori, per le tutine o per i peluche, senza capire che sarebbe meglio ricevere cibo fatto in casa e aiuto nelle faccende.
Anna era una neomamma. La sua bambina aveva un paio di settimane. Era andata a riposarsi un po’, ne aveva molto bisogno. La bimba stava dormendo in una fascia sul mio petto. Avevo sistemato un po’ la casa e desideravo preparare qualcosa di caldo e sostanzioso per pranzo, forse una zuppa. Aprii il frigo e lo trovai quasi vuoto. Quando Anna si svegliò indicai i molti mazzi di fiori che si trovavano in cucina e dissi “quelli sono senz’altro belli, ma non si possono mangiare”. Ogni volta che andavo a casa sua mi chiedeva di buttare via dei fiori appassiti. Mi sembrava che i mazzi fossero un simbolo del fatto che il sostegno che le neomamme ricevevano fosse incentrato sulle cose sbagliate.
Da qui partì la mia determinazione a voler cambiare le cose. Scrissi sui blog, pubblicai sui social, cercai di sensibilizzare. Non era abbastanza. Questo libro è nato dal desiderio di raggiungere più persone, specialmente neogenitori o futuri genitori, nella speranza che possiamo iniziare a cambiare il modo in cui aiutiamo le donne dopo il parto nella nostra cultura.
Condivido storie e citazioni di donne dal Regno Unito ma anche da culture in cui esistono ancora cure post parto davvero complete, nella speranza che possano ispirare le donne a chiedere questo tipo di sostegno e incoraggiare le persone attorno a lei ad offrirlo. Ho una formazione scientifica, e mi affascina come le prove scientifiche e le conoscenze tradizionali si sovrappongano. Questo libro perciò contiene molti riferimenti a saggi e libri riguardo il recupero post parto, eppure alcune pratiche sostenute dalla tradizione non hanno (ancora) alcuna ricerca che le convalidi. Nonostante ciò, pratiche simili spesso esistono in tutto il mondo, il che suggerisce che vi siano dietro saggezza e un vero sapere. Solo perché qualcosa non è stato studiato non significa che non sia efficace. Segui il tuo istinto su ciò che fa stare bene il tuo corpo e la tua mente.
Sono profondamente consapevole che la maggior parte di noi non vive in comunità compatte, e che molte vivono lontano dalle famiglie; di conseguenza, la “situazione ideale” che ho descritto sopra è probabilmente impossibile da ricreare appieno. Nondimeno, credo fermamente che anche piccoli cambiamenti nelle cure postnatali possano dare beneficio, e miro a dimostrare che il modo per avere un puerperio rigenerante si riassume nell’avere cura di quattro semplici aspetti: riposo, cibo, sostegno sociale e cura del corpo. Questi sono i capitoli al cuore del libro. Ho tentato di presentare un insieme di opzioni, tra le quali potrai scegliere quelle che meglio si adattano alle tue circostanze, focalizzandomi soprattutto sul primo periodo da quattro a sei settimane dopo il parto – anche se riconosco che un recupero post parto completo dura molto di più. Un ottimo modo per aiutare a garantire che riceverai il tipo di aiuto che desideri e di cui hai bisogno è scrivere un piano di recupero postnatale, e nel capitolo a proposito di questo darò molte idee e esempi per aiutarti.
Se sei un futuro genitore, o un neogenitore, spero che questo libro ti aiuterà a pensare in anticipo ad alcune cose che potrai realizzare, in modo da avere un’esperienza più facile e con più sostegno, una volta che il bambino sarà nato.
Se sei un amico, un membro della famiglia di una futura mamma o di una neomamma spero che questo libro ti aiuterà a pensare ai modi in cui potrai offrire il tuo aiuto dopo il parto.
Se lavori nel mondo delle nascite, se sei una doula, un’ostetrica, un operatore sanitario, un educatore, un facilitatore o un terapista per percorsi preparto e post parto, o qualsiasi persona che lavora con le famiglie, spero che questo libro ti fornirà un quadro affinché tu possa incoraggiare i tuoi clienti a pensare al periodo postnatale e a pianificarlo, e che ti darà spunti utili per la tua professione.