capitolo iv

Le strategie da adottare

A proposito di regole, dichiarazioni e disegni di legge

Nel mese di gennaio 2017 il Senato ha approvato, quasi all’unanimità, il disegno di legge a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, che adesso torna all’esame della Camera per la quarta lettura.


All’articolo 1 comma 2 del disegno di legge n. 1261 vi è la definizione di cyberbullismo:

Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.

La legge si pone, inoltre, l’obiettivo di contrastare il fenomeno con azioni a carattere preventivo e di sensibilizzazione nelle scuole sia per le vittime sia per i bulli; di istituire un tavolo tecnico interministeriale con il compito di redigere un piano integrato contro il bullismo online, di introdurre la procedura di ammonimento per il bullo ultra quattordicenne che sarà convocato dal Questore insieme ai genitori e, infine, di prevedere la possibilità per la vittima minorenne di richiedere al gestore del sito l’oscuramento o la rimozione delle azioni che configurano episodi di cyberbullismo.


Negli ultimi anni si sta anche consolidando una giurisprudenza più severa nel punire i reati 2.0.: il reato di molestie, secondo le recenti sentenze della Corte di Cassazione, è configurabile tramite Facebook che rappresenta un luogo aperto al pubblico, come la diffamazione per mezzo di social network aggravata dal mezzo pubblico, mentre nel caso in cui l’insulto avvenga via chat si parla di ingiuria. La creazione di un falso profilo, infine, azione spesso compiuta proprio dai più giovani, integra il reato di sostituzione di persona. Nel caso di fotografie, anche se il fatto non può annoverarsi come reato in quanto non va a ledere l’onore e la reputazione della persona ritratta, quest’ultima può avviare la procedura del ricorso d’urgenza al fine di ottenere la rimozione dello scatto postato.


Allargando ulteriormente il campo di azione si è giunti alla Dichiarazione dei diritti in internet, un documento redatto dalla Commissione Internet per una Carta dei diritti appositamente istituita in sede parlamentare il 28 luglio 2014. Alle origini di questa “magna carta” vi era stata la proposta di Stefano Rodotà al World Summit on the Information Society, organizzato nel 2005 a Tunisi, di articolare una carta di princìpi al fine di guidare il legislatore italiano ed europeo nel regolamentare quanto avviene nella rete, “la più grande invenzione del secolo” come la definì Rita Levi Montalcini, che ha ormai assunto un ruolo fondamentale nell’economia, nella società, nella cultura.


La Carta dei diritti, composta da un preambolo e 14 articoli, si fonda su tre princìpi: a) internet ha creato un nuovo spazio, contribuendo a ridefinire il luogo pubblico e privato, b) internet, attraverso questo nuovo spazio, è diventato uno strumento essenziale per promuovere l’aggregazione e c) in questo nuovo spazio creato da internet vanno necessariamente garantiti determinati diritti che ne assicurino il suo funzionamento democratico.


Tale concetto di internet inteso come strumento essenziale per la democrazia viene ripreso nel preambolo della Dichiarazione, approvata dalla Commissione e pubblicata a luglio del 2015 in seguito a una serie di audizioni con associazioni, soggetti istituzionali ed esperti, e a una consultazione pubblica.


I 14 articoli sono dedicati al riconoscimento e alla garanzia dei diritti: al diritto di accesso, al diritto alla conoscenza e all’educazione in rete, alla neutralità della rete, alla tutela dei dati personali, al diritto all’autodeterminazione informativa, al diritto all’inviolabilità dei sistemi, dei dispositivi e domicili informatici, ai trattamenti automatizzati, al diritto all’identità, alla protezione dell’anonimato, al diritto all’oblio, ai diritti e garanzie delle persone sulle piattaforme, alla sicurezza in rete, al governo della rete.


Per un utile approfondimento si veda in Appendice l’intero testo della Dichiarazione dei diritti di internet, che è stata distribuita a tutti gli studenti presenti in occasione dell’inaugurazione ufficiale dell’anno scolastico 2016/2017 svoltasi a Sondrio.


Internet risulta quindi essere sinonimo di libertà ma necessita di regole, quelle stesse regole che dovrebbero sussistere anche nella vita reale ma alle quali adulti e giovani sembrano essere sempre più allergici.


Un’indagine di qualche anno fa del Censis, La crescente sregolazione delle pulsioni, ha evidenziato una dilagante insofferenza per le regole: l’agire dei singoli sembra essere ormai determinato esclusivamente dai propri bisogni e dal proprio tornaconto. Ne emerge un quadro di individualismo allarmante nel quale ognuno si erge ad arbitro unico e indiscusso dei propri comportamenti. La frantumazione dei fattori di coesione sociale, come la famiglia, la scuola, la Chiesa, i partiti, ha contribuito fortemente a distogliere le persone dalle relazioni reali sospingendole verso quelle virtuali; in queste ultime, tuttavia, il malessere persiste e può scatenare comportamenti aggressivi che sono il frutto della de-individuazione che l’anonimato, di cui si gode in rete celati dietro un nickname, amplifica insieme al fatto di non aver davanti agli occhi l’interlocutore o la vittima. Come già accennato in precedenza, sul web la parola viene ormai brandita come un’arma affilata e scagliata contro le persone più deboli e isolate dal gruppo. Sono in aumento gli individui insofferenti verso il prossimo che si sentono legittimati ad aggredirlo online con la ferocia verbale: il linguaggio riproduce questa intolleranza che affonda le sue radici nella totale mancanza di cultura del rispetto e ben difficilmente regolamenti, dichiarazioni e disegni di legge potranno invertire la tendenza.


Il diffuso senso di insicurezza e l’eccesso di presunta libertà hanno acuito l’intolleranza e lo stigma verso chi è, o viene percepito, diverso: chi non si uniforma viene etichettato, emarginato, bullizzato, solo l’appartenza a un gruppo allevia il sentimento di precarietà che, ormai, permea sempre più persone nella vita reale e di conseguenza anche in quella virtuale.


Umberto Eco ha provocatoriamente affermato come i social media abbiano “dato diritto di parola a legioni di imbecilli”, cioè di persone incapaci di formarsi un’opinione su un argomento ma pronte a esprimere con convinzione un giudizio fondato sulla superficialità. Opinioni non qualificate o notizie false diventano virali con rapidità in rete, di modo che l’accesso illimitato alle informazioni e la possibilità di una libera espressione non marciano di pari passo con una maggiore comprensione della realtà e un miglioramento delle relazioni con gli altri; al contrario, la situazione sotto questo profilo è nettamente peggiorata.