prima parte - iv

Il sonno condiviso nel
mondo animale

Per le specie come i primati la madre è l’ambiente.

Sarah Blaffer Hrdy, 1999

I mammiferi restano istintivamente vicino ai loro piccoli, che non sopravviverebbero senza il calore, il cibo, la protezione e il nutrimento psicologico forniti dalla madre. Tutti i mammiferi praticano una qualche forma di sonno condiviso, il cui contesto e le cui modalità, tuttavia, variano in base agli adattamenti ecologici della madre nel loro insieme, tra cui la relazione con il maschio della specie e il suo fabbisogno in termini di cibo e di sostentamento.


Alcune madri (quali balene migratrici e orsi polari) digiunano fintanto che la prole è in tenera età, attingendo alle riserve di grasso del proprio corpo per il proprio sostentamento e per la produzione di latte. Altre (come nel caso dei grandi felini) si dividono i compiti dell’accudimento dei cuccioli e della caccia in modo tale per cui l’intera comunità ne assicuri lo svolgimento. Tra i mammiferi un numero considerevole di madri tiene nascosti i cuccioli (sotto bassi arbusti, sugli alberi, oppure in caverne, tane, grotte o buchi) mentre va a procacciarsi il cibo per il proprio sostentamento e per la produzione di latte per il piccolo. Tali mammiferi vengono definiti “specie nidificate”. I loro cuccioli non piangono durante l’assenza della madre in parte perché, così facendo, i predatori li sentirebbero e li catturerebbero, ma soprattutto perché il latte materno da loro assunto è talmente ricco di grassi da mantenerli sazi per tutto il periodo in cui la madre si assenta. I cerbiatti, ad esempio, rimangono nascosti all’interno di nidi coperti da cespugli per intervalli di 8-10 ore. Il latte di cerva è composto per il 19% di grasso, per cui i cuccioli si sentono sazi fino al rientro della madre. A quel punto i cerbiatti vengono riallattati, dopo di che l’intera famiglia, composta da madre e fratellini, si addormenta, gli uni accoccolati agli altri.


Contrariamente alle specie nidificate, i primati, quali le scimmie e l’uomo, vengono definiti dagli scienziati con il termine di “specie portatrici”. Il nostro latte ha una maggior quantità di acqua e di zuccheri, con il 10-20% in meno di grassi rispetto a quello delle specie nidificate. I grassi sono il nutriente che determina la crescita, quindi i mammiferi il cui latte è a basso contenuto lipidico crescono più lentamente rispetto agli animali che assumono latte ad elevato contenuto lipidico. Ogni poppata riesce a saziare i cuccioli di primate solo per una o due ore, trascorse le quali essi si sentono di nuovo pronti a poppare per soddisfare la fame. Il bisogno di nutrirsi frequentemente al seno comporta che i primati, diversamente dai piccoli appartenenti alle specie nidificate, debbano stare vicino alle madri. Quindi invece di essere messi al riparo in qualche rifugio, i cuccioli di primate vengono portati almeno fino al raggiungimento di un’età compresa tra i 6 e i 12 mesi, di solito ben oltre quest’età. Essi dormiranno tra le braccia della madre o aggrappati al suo dorso, cosicché diventeranno parte integrante di ogni aspetto delle attività quotidiane da essa svolte.