Se dovessi limitarmi a esporre un solo bisogno dei bambini, non avrei esitazione: senz’altro parlerei del
bisogno di contatto fisico. Per tale ragione dedico a questo tema un capitolo intero: lo ritengo di centrale importanza come chiave di lettura per tutti
gli altri bisogni primari dei bambini. Nella nostra società non si parla molto delle necessità affettive dei più piccoli; è più facile trovare prodotti
industriali, manuali ed esperti che le sottovalutino e propongano metodi per controllarle o per reprimerle. Si ritiene normale considerare i bambini
come “piccoli adulti da impostare” perché crescano ben educati e non diano fastidio. Sembra che abbiano soprattutto doveri e pochi diritti. Pare che i
genitori abbiano l’obbligo di intervenire fin dal principio per indirizzarli verso l’indipendenza e l’autonomia attraverso lodi e punizioni. Sembra che
“diventare grandi” significhi dominare le proprie emozioni piuttosto che imparare a conoscerle e a gestirle con l’aiuto degli adulti; ed è anche
sottinteso che fra bambini e genitori debba aumentare la distanza fisica prima possibile, per guadagnare spazio e tempo sì da potersi svincolare
reciprocamente. Nella nostra cultura, poi, è più accettato guardare e parlare con i bambini piuttosto che toccarli, coccolarli o tenerli in braccio per
lungo tempo. C’è uno vero e proprio tabù riguardo al bisogno di contatto dei bambini.
González scrive: “La nostra società, per alcuni aspetti così comprensiva, lo è molto poco nei confronti delle madri e dei bambini. Questi tabù moderni
potrebbero essere classificati in tre grandi gruppi:
-
Tabù relativi al pianto: è proibito preoccuparsi dei bambini che piangono, prenderli in braccio, dare loro ciò che chiedono.
-
Tabù relativi al sonno: è proibito addormentare i bambini tenendoli in braccio o allattandoli, cantare o cullarli perché si addormentino, dormire
con loro.
-
Tabù relativi all’allattamento materno: è proibito allattare in qualsiasi momento o in qualsiasi luogo, o dare il latte a un bambino ‘troppo’
grande.