Non sono rimasto meravigliato quando l’autrice mi ha chiesto di poter stendere una versione divulgativa, più
inerente alla dislessia, del mio libro sulle funzioni esecutive. Innumerevoli discussioni ci hanno impegnato in questi anni, per le sue volontarie
riflessioni nel campo delle neuroscienze, della neuropsicologia e dei disturbi di apprendimento. Per timore di influenzarla o addirittura di
privilegiarla, la mia severità nei suoi confronti è stata perfino eccessiva, tanto da sconsigliarle di percorrere la mia strada. Se svolgi attività di
ricerca senza vera passione, le giornate e le ore in eccesso dedicate allo studio e al laboratorio (e spesso senza copertura finanziaria) divengono
penosa sofferenza, invece che fonte di realizzazione personale. Nonostante queste considerazioni, ho il sospetto di averla contagiata. Come mia
abitudine nei laboratori, con preziosi colleghi di ricerca, prediligo un metodo fondato sul dubbio, suffragato da domande puntigliose e incalzanti.
Così abbiamo proceduto nel confronto serrato dal quale è nato questo testo, soprattutto per definire alcuni dei “modelli” qui pubblicati.
Il secondo aspetto che vorrei sottolineare riguarda i trattamenti cognitivi, in particolare gli operatori che li mettono in atto. Agli estremi troviamo due tipologie errate: l’operatore passivo, che non si pone domande ed esegue il compito trasmettendo poco entusiasmo, nonostante anni di esperienza sul campo e, all’estremo opposto, quello eccessivamente creativo, che non riesce ad attenersi a una linea di condotta e perde di vista i modelli teorici. L’operatore ideale invece sa adattare la sua conoscenza ai diversi casi, ed è quindi creativo, attivo, ma nel contempo del tutto rispettoso delle regole sottostanti il proprio lavoro. Tali figure professionali sono psicologi, neuropsicomotricisti, logopedisti, psicopedagogisti, educatori, ma, pur nella varietà delle specializzazioni, non si differenziano di molto tra loro. Ciò che più li accomuna, oltre alla preparazione, è il modo flessibile, entusiasta, e pur sempre rigoroso, di porsi di fronte alle novità. La stessa autrice – che come operatrice formata ha affrontato con eccellenti risultati casi diversi di DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) – ha dimostrato sul campo di possedere queste importanti caratteristiche.
Ritengo perciò molto utile, e giudico con estremo favore, la nascita di questo libro, che si avvale inoltre di un particolare, prezioso atout: una serie di esercitazioni, appositamente pensate e preparate dall’autrice, sulla scorta dell’esperienza professionale maturata.
Prof. Francesco Benso
Docente di Psicologia fisiologica, Psicobiologia e Psicologia dell’attenzione presso l’Università di Genova