capitolo xiii

Maria Montessori:
maestra di mindfulness

Si pensa esclusivamente al domani del fanciullo, alla sua futura esistenza; e mai si bada al presente, cioè a quanto gli occorre per vivere nella sua età.

Maria Montessori

Quando ci dedichiamo a qualcosa che ci piace siamo naturalmente concentrati e, incredibilmente, la mente tace. Essere completamente assorti in ciò che facciamo ci fa stare bene. Il lavoro diventa meditazione e, anziché stancare, ricarica le nostre energie.


Maria Montessori lo aveva capito e incoraggiava gli educatori a osservare il bambino, a cogliere i momenti di intensa attenzione e a rispettarli in quanto esercizio di concentrazione. Anche un semplice commento, persino un complimento (di quelli che, vedendo i nostri bambini all’opera, ci vengono dal cuore) può interrompere quello stato quasi meditativo in cui il bambino è immerso. Essendo, nei primi anni di vita, la capacità di concentrazione piuttosto limitata, la Montessori suggeriva di non intralciarla per permetterle di svilupparsi pienamente. Meglio quindi osservare in silenzio e commentare o complimentarsi in un secondo momento.


Ogni attività “ragionevole” nella quale il bambino investe la sua attenzione è, secondo la Montessori, utile al suo sviluppo. Il bambino è naturalmente attratto dalle attività che gli permettono di affinare le proprie abilità fisiche e mentali e le sue scelte (nei limiti ovvi della sopra citata ragionevolezza) andrebbero rispettate. Se riusciamo a farci da parte noteremo inoltre che dopo aver lavorato a lungo e con intensa concentrazione il bambino è sereno e soddisfatto. Perché la presenza mentale è appagante, al di là dello sforzo (fisico o mentale) che il lavoro richiede. Ricordate l’esempio delle pulizie? Quando siamo in quel famoso “stato di grazia” non ci sembrano faticose.


In una società in cui più si cresce, più si tende a intellettualizzare la propria vita, scollegandosi completamente dal corpo, Maria Montessori introdusse l’educazione sensoriale: il materiale Montessori permette di toccare con mano i concetti che il bambino dovrà assimilare. L’insegnante non spiega un concetto al bambino: esso è implicito nel materiale e il bambino lo comprende da solo manipolandolo. L’apprendimento avviene non solo attraverso la mente ma con tutto il corpo.


Il metodo Montessori promuove l’apprendimento attraverso l’esperienza e non attraverso la semplice comprensione intellettuale. Lo stesso accade con la meditazione e con la consapevolezza: non è necessario studiare o memorizzare concetti filosofici elevati, la pratica offre tutti gli strumenti per imparare da sé.


La Montessori incoraggia inoltre l’adulto a rispettare i ritmi del bambino. Quando il bambino impara a camminare, invece di infilarlo sistematicamente nel passeggino, sarà consigliabile concedersi qualche camminata insieme a lui. Adattandoci al suo ritmo usciremo dal turbine delle nostre vite frenetiche e potremo assaporare ogni istante in piena consapevolezza.


Maria Montessori proponeva inoltre ai bambini delle sue scuole quella che il monaco buddista Thich Nhat Hanh chiama la “meditazione camminata”: al centro della classe era (ed è tuttora, nelle scuole Montessori) disegnato un’ellisse sul pavimento. I bambini camminavano spontaneamente, lentamente e consapevolmente su questa linea. La forma ovale di questo “percorso di consapevolezza” è stata studiata dalla Montessori per richiedere sforzo e concentrazione nel posizionare i piedi in modo da mantenere l’equilibrio collocando (a piedi scalzi) sia il tallone che la punta del piede sulla linea. Questo permette di affinare contemporaneamente la motricità e la concentrazione. Ai bambini venivano proposti via via esercizi più complessi per il controllo dei movimenti e per la concentrazione: camminare, ad esempio, sulla linea portando in mano un bicchiere colmo quasi fino all’orlo. La mano che regge il bicchiere è dominata dalla stessa volontà che dirige i piedi a non abbandonare la linea.


Ora vorrei parlarvi di un esperimento che ho visto proporre ai bambini in una scuola primaria Montessori e che potete fare anche a casa. Oltre a quella di botanica, questo esperimento contiene una grande lezione di vita.

Sapendo che un seme, per germogliare e crescere, ha bisogno di:

  • terra

  • acqua

  • luce

viene chiesto ai bambini di ipotizzare cosa succederebbe se al seme in questione venisse tolto uno di questi elementi. I bambini discutono liberamente con l’insegnante, elaborando le proprie teorie. Poi si passa all’azione e si prova a sperimentare. In quattro piccoli contenitori vengono disposti dei semi, tutti identici.


A quelli del primo contenitore verrà dato tutto: terra, acqua e luce. A quelli del secondo non verrà data la terra; li si disporrà su uno strato di cotone. A quelli del terzo non verrà data l’acqua e a quelli del quarto verrà negata la luce.


Prima di proseguire la lettura, fermatevi un attimo e provate a fare una previsione. Quali semi germoglieranno, secondo voi, e quali no? Se ne avete il tempo e la voglia, potete provare a fare l’esperimento. In questo caso, chiudete qui e tornate a leggere solo dopo.


I vari contenitori vengono disposti uno accanto all’altro, ad eccezione di quello privato della luce, che verrà riposto in un cassetto o in un armadio poco lontano.


Dopo qualche giorno, ecco il risultato:

  • i semi che hanno avuto tutto sono forti, dritti e rigogliosi;

  • i semi che non hanno avuto terra crescono comunque;

  • i semi che non hanno avuto acqua non sono germogliati;

  • e i semi che non hanno avuto luce?

Ebbene, contrariamente a tutte le previsioni, aprendo il cassetto o lo sportello che avrebbe dovuto impedire loro di germogliare, i ragazzi rimangono stupefatti: i semi lasciati senza luce sono germogliati. Non solo: i loro germogli sono cresciuti ancor più di quelli che hanno avuto tutto! Però sono storti. Sono tutti inclinati disperatamente verso quella piccola fessura che lasciava intravedere la luce.


Questo esperimento, interessantissimo per i bambini sotto l’aspetto scientifico, assume quindi anche un profondo significato filosofico: quando veniamo privati di ciò che dà luce alla nostra vita, possiamo gettare la spugna oppure trovare la forza per crescere, raggiungendo livelli ancor più elevati di quelli raggiunti da chi non ha avuto bisogno di battersi. Certo, i segni (nel nostro cuore, e in alcuni casi anche nel corpo) saranno evidenti, come i germogli cresciuti di traverso. Ma la forza che possiamo trovare in noi stessi nelle situazioni di difficoltà è immensa.


Quando ci sentiamo in difficoltà e ci sembra di non farcela, pensiamo a come un minuscolo seme riesce a trovare in se stesso la forza per crescere nonostante tutto, e prendiamo esempio da lui.