E.Balsamo: Benedetta, puoi dirci com’è cambiata nel tempo la situazione dell’assistenza ai neonati prematuri?
B.Costa: Agli inizi degli anni Ottanta, il principio secondo cui i bambini pretermine dovevano essere toccati il meno possibile, solo per l’igiene e le
terapie, vigeva assoluto. I genitori stavano dietro a un vetro, raramente era concessa loro l’entrata nel reparto di Terapia Intensiva che di solito
avveniva alla fine della degenza per preparare la dimissione. Figurarsi parlare di massaggio!
“Massaggiare i bambini prematuri? In un modo o nell’altro basta tirarli fuori! Quando mai tutte queste attenzioni? È meglio non toccare i bambini
prematuri, sono così delicati, si corrono troppi rischi!”; questi erano i commenti che mi sentivo rivolgere.
Poi, grazie alle “battaglie” di operatori illuminati e degli stessi genitori, si sono attuati dei cambiamenti e anche la letteratura scientifica ha dato
il suo contributo per confermare il diritto dei bambini prematuri a ricevere una cura personalizzata centrata sulle famiglia. Ha acquisito
riconoscimento il concetto di “care” che potremmo tradurre non solo come cura-terapia, ma anche come presa in carico, avere in cura… La
care al neonato, prevista nell’assistenza dei bambini ricoverati nelle TIN, introduce attenzioni e cure particolari che da una parte riducono
gli eventi stressanti e dall’altra promuovono esperienze maturative, adeguate alle esigenze individuali di ciascun neonato e della sua famiglia.
Tra le varie componenti della care ricordiamo la cura delle posizioni, il contenimento, il contatto pelle a pelle, l’handling e
naturalmente anche il tocco dolce: inizialmente non possiamo ancora parlare di massaggio, il rischio dell’eccessiva stimolazione è sempre presente e da
evitare. Con estrema gradualità il momento del contatto verrà proposto a partire dall’appoggio delle mani (resting hands) per poi evolversi e
arricchirsi di altre modalità nel rispetto dei segnali che il bambino invierà e che i genitori sapranno ascoltare e interpretare.
E.B.:
Penso sia importante spiegare ai genitori che cosa significhi una nascita prematura per il bambino dal punto di vista dell’esperienza tattile: ci
puoi dire qualcosa a questo proposito?
B.C.: Nell’utero, ambiente filtrato e protetto, il bambino era rassicurato dal costante contenimento e da una continua interazione fisica ed emotiva con
la madre. Le pareti uterine e il liquido amniotico operavano un’importante azione di contatto e sostegno che promuoveva afferenze ed esperienze tattili,
propriocettive, cinestesiche e vestibolari, necessarie per lo sviluppo armonico del sistema nervoso.
L’improvvisa e traumatica nascita dovuta a un parto prematuro o a un evento distocico, determina una brusca quanto inattesa separazione; la perdita di
contatto con il corpo materno provoca nel neonato un senso disorientante di abbandono nello spazio non più definito e contenuto, per il quale è del
tutto impreparato.
Il nuovo ambiente della TIN espone a una serie di esperienze stressanti quali tecniche invasive, luci e suoni eccessivi, limitazione del movimento,
esperienze tattili negative e dolorose. Tali impegni percettivo-sensomotori così inadeguati richiedono compiti di adattamento realmente eccessivi per
neonati in fase critica e tanto più per neonati pretermine dotati di sistema nervoso ancora immaturo ed estremamente fragili nella omeostasi dei sistemi
che regolano il comportamento (autonomico, motorio, degli stati e dell’attenzione).
L’offerta di esperienze tattili positive (contatto e contenimento cutaneo precoce, contenimento a mani ferme, marsupio, promozione dei movimenti di
contatto verso il proprio corpo, bagnetto, tocco dolce…) cerca di restituire precocemente al neonato ricoverato in TIN un contatto corporeo con i
genitori, favorendo la ripresa della loro relazione e il processo di riappropriazione; promuove altresì il benessere e la maturazione clinica (la
stabilità dei parametri autonomici, l’organizzazione posturo-motoria e del ritmo sonno-veglia, l’alimentazione autonoma e la crescita ponderale).
E.B.: E il massaggio?
B.C.: Gradatamente anche il massaggio può essere proposto ai genitori come un’esperienza tattile più matura con il loro bambino e utilizzato come uno
strumento integrante per comunicare e stare bene.
Non è un’ulteriore tecnica terapeutica somministrata dai caregiver, ma può essere proposta e fatta propria da quei genitori che abbiano il
desiderio e la disponibilità a investire le proprie energie in tale modalità di relazione.
Il massaggio proposto in TIN viene chiamato Massaggio Dolce proprio perché è stato adattato ai bisogni di un neonato estremamente fragile, modulato da
un approccio particolarmente attento ai segnali di disorganizzazione individuale e al rischio di iperstimolazione, quindi delicato, sicuro e
appropriato.
Il neonato deve avere maturato una buona stabilità neurovegetativa e una sufficiente tolleranza agli stimoli ambientali e sensoriali.
Il genitore deve aver precedentemente imparato a dare contenimento al proprio bambino attraverso un contatto a mani ferme e rilassate, deve essere
aiutato a saper riconoscere i segnali di organizzazione e di stress ed essere capace all’occorrenza di promuovere la stabilità utilizzando facilitazioni
diverse.
E.B.: E poi come si deve procedere?
B.C.: Prima di iniziare il Massaggio Dolce è necessario assicurare e favorire la stabilità del bambino, curando il micro e macroambiente e iniziando
sempre dal contenimento; il tocco deve essere delicato ma fermo, lento e tranquillo, adattando la sequenza, la pressione, la velocità, il ritmo e la
durata del massaggio con gradualità e attenzione, tenendo conto dei segnali e delle risposte del bambino e interrompendo quando si mostra stanco.
La sequenza iniziale è limitata a pochi movimenti e poi, in relazione alla tolleranza, il massaggio coinvolge altre zone del corpo.
Le mani contengono, chiedono permesso, scorrono, accarezzano, comunicano, rassicurano… dai primi gesti, le prime sillabe, il dialogo via via si
arricchirà sempre più di parole…
Il massaggio diventa un momento di contatto speciale, di benessere e di piacere reciproco.
Non è qualcosa che si fa “sul” bambino ma “con” il bambino; fondamentale è quindi avere il suo consenso, riconoscere la sua disponibilità e ottenere il
suo permesso.
E.B.:
Ecco, vorrei che ti soffermassi un momento su questo concetto del permesso che considero essenziale e che invece è così spesso trascurato,
soprattutto dai terapeuti…
B.C.: Sì, il permesso è importante perché, pur così piccolo e fragile, il prematuro è una persona in grado di dire di sì e di no, il suo corpo manda
segnali di disponibilità e indisponibilità che un’osservazione attenta saprà interpretare. I segnali possono arrivare dal sistema autonomico (il battito
del cuore, il respiro, le temperatura, il colore della pelle) oppure dallo stato di veglia o di sonno in cui si trova, dai movimenti spontanei e
atteggiamenti degli arti. Tremori, scatti, irrigidimenti… ci dicono che qualcosa non va mentre i movimenti degli arti verso il viso o la bocca, lenti,
fluidi ed eleganti ci comunicano benessere e l’autorizzazione a proseguire.
E.B.:
Che cosa dicono i genitori? Come hanno accolto l’invito a prendersi cura dei loro bambini con questa modalità così semplice e così profonda?
B.C.:
“Appoggiando le mani sulla mia bambina la sentivo davvero mia!”, “Con il massaggio dolce ho imparato a capire quando il mio bambino mi diceva di sì,
di andare avanti e quando invece dovevo fermarmi, dargli una pausa…”, “Il momento del contatto è quello che ricordo con più piacere tra quelli vissuti
durante il ricovero”.
Per me sono grandi soddisfazioni…