Per allergia alimentare si intende una risposta anomala del sistema immunitario scatenata
dal contatto con un cibo che comunemente viene assunto senza problemi dalla maggioranza degli individui e che invece viene riconosciuto come
un “nemico”.
L’allergia può causare, a seconda del meccanismo che la determina, sintomi che insorgono rapidamente, di solito entro pochi minuti o poche ore dopo l’esposizione all’alimento (orticaria, vomito, shock anafilattico) oppure manifestazioni ritardate, innanzitutto di tipo gastrointestinale.
Gli alimenti più sovente associati al rischio di allergia alimentare in età pediatrica sono latte vaccino, uova, arachidi, frutta a guscio (noci, nocciole…), pesci, crostacei, soia, semi di sesamo, grano.
Si stima che tra il 6 e l’8% dei bambini nei primi 2 anni di vita presenti un’allergia alimentare; questa incidenza tende a ridursi con l’età, a testimoniare che, con la crescita, in molti casi i sintomi si attenuano o scompaiono. I disturbi allergici derivano dalla complessa interazione tra predisposizione genetica e influenze ambientali, di cui fa parte la nutrizione.
Negli anni ’90, per prevenire lo sviluppo di allergie alimentari, le linee guida internazionali raccomandavano di evitare la somministrazione di cibi allergenici in gravidanza e durante l’allattamento nei bambini con familiarità per allergia, considerati ad alto rischio. Si consigliava inoltre a tutti i soggetti di ritardare l’introduzione di cibi allergenici quali pesce, uova, arachidi e frutta a guscio nell’alimentazione complementare. Queste indicazioni si basavano su studi che attribuivano all’immaturità del sistema immunitario intestinale la ragione principale della mancata acquisizione della tolleranza. Nonostante tali misure di prevenzione, l’incidenza dell’allergia alimentare nell’infanzia ha continuato ad aumentare.
Curiosamente, in paesi in cui le arachidi sono di norma usate come alimenti per lo svezzamento, come Israele, è stata riscontrata una bassa incidenza di allergia alle arachidi.