La teoria del cancello
Occorre anzitutto fare una piccola premessa, come ci spiega la dottoressa Greta Chiaramonte, neurochirurgo e agopunturista:
Innanzitutto cos’è il dolore? È un’esperienza sensoriale ed emozionale sgradevole associata ad un danno tissutale reale o potenziale. I recettori
dolorifici periferici vengono detti Nocicettori e si trovano numerosi sulla cute, nei tessuti profondi e attorno ai vasi. Sono terminazioni
nervose libere che convogliano la sensibilità algica verso il midollo spinale. Esistono fibre mieliniche A delta (velocità di conduzione dello stimolo
circa 15 m/sec) e fibre amieliniche C (velocità di conduzione dello stimolo sino a 2 m/sec). Esistono poi Meccanocettori (ossia recettori
sensibili allo stimolo meccanico come la pressione) dai quali partono fibre nervose A beta di grosso calibro attraverso cui l’impulso viaggia molto
velocemente (sino a 70 m/ sec) sino al midollo.
All’interno del midollo spinale le fibre nervose (A beta, A delta, C) effettuano sinapsi con interneuroni situati in una zona del midollo spinale
definita sostanza gelatinosa. Questi interneuroni hanno un’attività inibitoria sullo stimolo doloroso, pertanto una loro attivazione si traduce in
un’inibizione del dolore e una loro inibizione si traduce in un’attivazione dello stimolo doloroso (Teoria del cancello). Le fibre di grosso calibro A
beta attivano la sostanza gelatinosa pertanto il dolore è bloccato – assenza del dolore – mentre le fibre di piccolo calibro A delta e C inibiscono la
sostanza gelatinosa e pertanto lo stimolo doloroso è attivato – dolore. Nella pratica questo spiega come la pressione (attivazione dei meccanocettori)
esercitata su una zona cutanea danneggiata (inibizione dei nocicettori) elimini il dolore.
Vediamo ora come la Teoria del cancello si applica al dolore del parto…
Dall’utero, in quanto viscere cavo, si dipartono solamente fibre nervose che trasportano stimoli dolorosi al cervello.
Lo stimolo doloroso “viaggia” verso il cervello trasportato da diversi tipi di fibre nervose. Le prime, chiamate “C”, in parte trasmettono impulsi anche
in assenza di dolore.
Periodo Prodromico – Con l’insorgere delle contrazioni preparatorie, aumenta l’attività di queste fibre fino a superare una soglia oltre la
quale la donna inizia a percepire il dolore, seppur lieve. Contemporaneamente si azionano anche altre fibre, chiamate “Aδ”, che trasportano lo stimolo
più rapidamente e vanno ad attivare il sistema che blocca la sensazione di dolore in arrivo al cervello (Teoria del cancello). In questo modo la donna
riesce a sopportare abbastanza bene le contrazioni della fase prodromica, quelle che precedono il travaglio vero e proprio, e che risulteranno
brevi e di lieve entità.
Periodo Dilatante – Quando però l’attività contrattile aumenta ulteriormente e si prolunga nel tempo (inizio del travaglio), la scarica di
impulsi che viaggiano attraverso le fibre “C” aumenta di nuovo oltre la soglia, aprendo il cancello, e quindi accresce la percezione del dolore.
Le contrazioni risulteranno sempre più intense, prolungate fino a circa un minuto e frequenti, fino a una dilatazione di circa 5-6 centimetri. Oltre,
l’intensità, la frequenza e la durata aumenteranno solo in misura lieve. Questa fase è quella del travaglio vero e proprio.
Se vengono stimolate fibre nervose ad azione simile a quella delle “Aδ”, che trasportano cioè degli impulsi a velocità maggiore e che inibiscono la
sensazione dolorosa in arrivo al cervello (chiudendo il “cancello”), allora la donna riuscirà a gestire e sopportare il dolore, che risulterà attenuato.
Ciò può essere realizzato, per esempio, attraverso un massaggio o con l’impiego di impacchi caldi o freddi, poiché stimoli di questa natura verranno
trasmessi al cervello con una velocità maggiore di quelli dolorosi.
Va ricordato comunque che la percezione del dolore è molto soggettiva ed è influenzata da diversi fattori psicofisici. Noi tutti abbiamo, infatti, una
parte del cervello, chiamato “arcaico” o “primale”, che mantiene memoria di tutte le nostre esperienze, sia fisiche che emozionali e istintuali (quindi,
fra queste, anche l’esperienza del dolore). Questa zona del cervello influisce, positivamente o negativamente, su ogni nostra percezione, compresa
quella del dolore.
Inoltre, il meccanismo della percezione del dolore viene influenzato dalla percentuale degli ormoni circolanti nel corpo, in particolare dall’adrenalina
(o dopamina). Quest’ormone, che viene chiamato “ormone della fuga”, viene secreto in abbondanza in seguito a situazioni di forte stress, paura, ansia,
panico, imbarazzo o pericolo. Durante il travaglio un’eccessiva produzione di adrenalina interferisce con il delicato equilibrio degli altri ormoni che
regolano l’andamento del parto (ossitocina e prostaglandine che regolano le contrazioni ed endorfine, ad effetto analgesico). Spesso la secrezione
adrenalinica è un effetto collegato all’ingresso in ospedale, all’eccessiva medicalizzazione della nascita e a un ambiente percepito come poco intimo e
familiare, che può essere vissuto più o meno coscientemente come stressante…
In seguito ad ansia o paura, l’alta percentuale di adrenalina circolante, ormone dello stress e responsabile della cosiddetta reazione “attacca o
fuggi”, causa uno spostamento del flusso sanguigno materno agli organi essenziali per garantirle la sopravvivenza immediata, riducendone l’apporto
all’utero e alla placenta con conseguenza sulle contrazioni uterine, che rallentano e diventano spastiche e poco efficaci. La diminuzione dell’apporto
di sangue alla muscolatura uterina è quindi fonte di aumento della percezione di dolore e di minor efficacia della contrattilità, con conseguenze sulla
durata del travaglio nel primo stadio e con un’espulsione precipitosa del feto nel secondo stadio; inoltre influisce sul benessere fetale a causa del
ridotto apporto di ossigeno.
Nel travaglio fisiologico il picco di dolore all’apice della contrazione favorisce un picco di secrezione adrenalinica. Tale secrezione stimola a
propria volta quella di ossitocina e prostaglandine (ormoni responsabili del mantenimento e della forza delle contrazioni) e delle endorfine (ormoni ad
effetto analgesico). Quando invece il picco di adrenalina viene sostituito da una costante e intensa produzione in seguito a stress o paura, viene
inibita la produzione di ossitocina e precursori delle prostaglandine, a discapito dell’efficacia della contrattilità uterina e dei tempi del travaglio,
nonché a discapito della produzione di endorfine, che non agiranno più contro il dolore.
Occorre dare estrema importanza alla pausa fra due contrazioni, utilizzando metodi, movimenti, massaggi, posture e posizioni che favoriscano il
rilassamento con l’attivazione del sistema nervoso parasimpatico e preparando l’organismo al successivo picco di adrenalina durante la contrazione
successiva, in un meccanismo che si “autoalimenta” e promuove il fisiologico proseguire del travaglio.
Le contrazioni sono iniziate a casa e io ero felicissima. Le prime 4 ore le ho passate sul mio terrazzo immersa in piscina… quando si sono fatte più
intense abbiamo deciso di raggiungere l’ospedale e li è cominciata l’odissea della mia dilatazione perché ci sono volute 36 ore per dilatarmi…
Ilaria, mamma di Giulia