Ho partorito il mio primo figlio sotto l’effetto dell’anestesia epidurale, e ora che mi si presentava la seconda
occasione ero quasi certa che quell’anestesia non l’avrei voluta fare. Ero pronta al mio secondo appuntamento con la vita! Ho iniziato il travaglio
del mio secondo bimbo in casa, tranquilla, consapevole che quei dolori erano il primo vero messaggio che il mio bimbo mi stava mandando da là dentro,
e un po’ li ho riconosciuti perché memore del primo parto, un po’ per la loro cadenza ritmica inconfondibile. È lì che ho capito che le vere doglie le
riconosci dalle contrazioni preparatorie nel tempo che passa tra una e l’altra: c’è un tempo di dolore e uno di silenzio, uno di dolore e uno di
silenzio a cadenza incredibilmente costante.
Quando i dolori si sono fatti più lunghi e quindi più intensi mi sono messa sotto la doccia, l’acqua tiepida mi ha dato un sollievo quasi immediato, le contrazioni continuavano ma il dolore era come attutito, sotto la doccia mi è venuto spontaneo iniziare a respirare con inspirazioni ed espirazioni lunghe.
Uscita dalla doccia mi sono resa conto che le contrazioni erano incredibilmente vicine e che era giunta l’ora di andare in ospedale.
Il mio corpo stava davvero facendo tutto secondo le regole della natura, restava solo una cosa da sistemare: lasciare il mio primo figlio e poter procedere verso l’appuntamento con la vita. Nel tragitto in macchina da casa verso casa di mia mamma il mio dolore si è come fermato, all’improvviso non avevo più nemmeno una contrazione, e quel silenzio non me lo riuscivo a spiegare se non che mi stava dando un gran sollievo e che potevo raggiungere l’ospedale con calma. Appena ho lasciato il mio primo figlio nelle mani fidate di mia mamma, ecco che le contrazioni sono tornate inesorabili e vicinissime, come se stessero recuperando il tempo di quella mezz’ora di calma che mi era stata concessa per il tempo di lasciare al sicuro il mio primo bambino.
Sono arrivata in ospedale e mi hanno letteralmente spedita in sala parto, non c’era più tempo per nulla… il dolore era davvero forte ma assolutamente calibrato su di me, ce la potevo davvero fare! Non posso dire che non facesse male, ma mi sono messa a pensare che ogni contrazione in più era una in meno e poi c’era quella meravigliosa pausa tra una contrazione e l’altra che mi faceva davvero rinascere tra un dolore e l’altro. E poi avevo una vittoria tutta mia in tasca: io quel parto lo stavo sentendo! Lo stavo vivendo davvero. Ho iniziato a spingere perché il mio corpo mi diceva di farlo, il ricordo del parto precedente era di una spinta muta e dettata, assolutamente non sentita. A quel punto il bisogno di spingere ha preso il sopravvento sul dolore, non sentivo più nulla… e quando pensavo che non ce l’avrei più fatta, perché ero stanca di spingere… avevo un bel bimbo tra le mani. Io e lui ce l’avevamo fatta.
Beatrice, mamma di Guglielmo e Umberto