“Coloro che allattano e coloro che lottano affinché l’allattamento venga di nuovo considerato la norma
nell’alimentazione infantile, lo fanno non perché non vi siano alternative, ma perché le alternative sono tutte inferiori”, afferma Jan Riordan. E
prosegue: “Sfortunatamente, sapere che allattare è il modo ottimale di nutrire un bambino non basta. È necessario conoscere le regole giuste per
allattare e inoltre è di fondamentale importanza che la società accetti queste regole. (…) Affinché le donne che desiderano allattare possano farlo
senza ostacoli, la sfida che ci attende è che le conoscenze sull’allattamento ritornino di dominio pubblico e che tale pratica venga reinserita nel
tessuto sociale1.” L’autrice è riuscita a sintetizzare in poche parole il nocciolo del problema: com’è possibile che le mamme allattino, se poche di loro possono
avere accesso alle informazioni giuste e ad assistenza e sostegno adeguati prima, durante e dopo il parto?
Secondo la Riordan i tassi di allattamento di una società riflettono l’importanza che tale società dà a questa pratica, la quale a sua volta si misura sul grado di approvazione che godono nella società le madri che allattano. Noi viviamo in una cultura in cui il ricorso al biberon è considerato normale, mentre continuare la propria vita sociale insieme al bambino, portandoselo con sé e allattandolo a richiesta fa ancora parte di un modo cosiddetto ‘alternativo’ di vivere la maternità. Inoltre, dopo anni in cui la normalità era rappresentata dal bambino alimentato artificialmente, si può dire che oggi non viene in fondo recepita la differenza sostanziale fra le due scelte – seno o biberon – e, di solito, fra due possibilità non tanto diverse, la gente opta non tanto per la migliore quanto per quella più diffusa e socialmente accettata.
Partendo da queste considerazioni, nei prossimi paragrafi cercheremo di delineare una parte importante degli ostacoli alla diffusione dell’allattamento, quelli appunto dovuti a un ambiente culturale che promuove il ricorso al biberon.