CAPITOLO IX

Fino a due anni e oltre,
secondo i desideri di mamma e lattante

A casa con il bambino

Se la mamma riesce a iniziare bene, uscendo dal reparto maternità con allattamento esclusivo e senza valigette contenenti omaggi come tisane per bebè, succhiotti e simili, o senza alcuna prescrizione di latte artificiale, certamente questo è un grande vantaggio e una parziale garanzia alla prevenzione di tanti potenziali problemi. Questa stessa mamma potrebbe trovarsi però ad affrontare una serie di ostacoli come quelli di cui abbiamo parlato all’inizio del capitolo: parenti o amiche che la rimproverano se allatta con frequenza, che non approvano il fatto che il bambino sia tenuto in braccio, o che mettono di continuo in dubbio che il bambino possa crescere bene “solo” con il suo latte, specialmente in caso di poppate frequenti e sonnellini brevi! Potrebbe ricevere consigli tanto indesiderati quanto frustranti su cosa dovrebbe o non dovrebbe mangiare, per assicurarsi una buona produzione di latte e soprattutto per non produrre latte di sapore cattivo…


In realtà oggi sappiamo che la quantità di latte prodotto è indipendente dalla dieta materna, e che la mamma che allatta può e anzi dovrebbe mangiare di tutto. In particolare, non è necessario escludere alimenti quali aglio e cipolle, cavoli, asparagi e carciofi, legumi (tanto per citare quelli più spesso vietati). A volte le madri vengono consigliate di bere litri e litri di acqua o tisane, mentre questo in realtà non è utile al fine di assicurare una buona produzione di latte! È invece sufficiente bere al bisogno, quando si ha sete.


Se poi una mamma che si reca dal pediatra è sicura di trovare informazioni circa il corretto dosaggio e la somministrazione di latte artificiale, è però un po’ meno probabile che ottenga indicazioni corrette su come superare banali problemi di allattamento, si tratti di ingorgo o di mastite, di capezzoli dolenti o infezioni da candida, o di scarsa crescita del bambino. Definendo “banali” questi problemi non si vuole sminuire il disagio delle mamme che li vivono in prima persona (e che spesso non li trovano affatto banali!), ma sottolineare come per un operatore sanitario con competenze in allattamento dovrebbe essere facile sia effettuare la diagnosi sia suggerire la cura, dal momento che si tratta di problemi molto diffusi. Ricordiamo che la maggior parte delle difficoltà in allattamento sono assolutamente risolvibili, se vengono affrontate in maniera appropriata.


Quindi può accadere che quando una mamma entra nell’ambulatorio del pediatra si senta spinta a ricorrere all’aggiunta di latte artificiale. Uno studio americano del 19991 ha coinvolto 1600 pediatri appartenenti alla prestigiosa Accademia Americana di Pediatria (AAP) chiedendo loro di rispondere a un questionario con domande sulla promozione dell’allattamento e su alcuni aspetti tecnici. A dispetto delle raccomandazioni sia dell’OMS che della stessa AAP, è emerso che soltanto il 65% dei pediatri raccomandava l’allattamento esclusivo nel primo mese di vita, e solo il 37% raccomandava che l’allattamento durasse almeno un anno! La maggior parte dei pediatri considerava inoltre l’allattamento e l’uso di latte artificiale come due metodi ugualmente accettabili per l’alimentazione di un neonato, e addirittura il 72% non conosceva l’iniziativa Ospedale Amico dei Bambini. Moltissimi incoraggiavano il ricorso al latte artificiale in presenza di situazioni ormai non più considerate veri ostacoli all’allattamento (come mastiti, capezzoli dolenti, ittero, scarsa crescita) rivelandosi del tutto incapaci di offrire alle madri una consulenza adeguata per superare queste difficoltà. Gli autori concludevano che questo campione di pediatri teoricamente era già “auto-selezionato” poiché, dal momento che il 30% degli intervistati non aveva risposto al questionario, probabilmente il restante 70% era composto da quelli più interessati all’argomento. Tuttavia le risposte date evidenziavano in questi pediatri la mancanza sia di atteggiamento positivo e motivazione, sia di conoscenze tecniche riguardanti la normale gestione dell’allattamento e il superamento dei problemi. I ricercatori concludono constatando che queste lacune si riflettono in bassi tassi di allattamento nelle mamme dei loro piccoli pazienti. Alle stesse conclusioni arriva uno studio del 2004, americano anche questo, secondo cui le opinioni dei pediatri riguardo l’importanza dell’allattamento influenzavano le decisioni delle madri dei loro assistiti, e che l’interruzione precoce dell’allattamento avveniva spesso dietro la raccomandazione da parte del pediatra di ricorrere ad aggiunte.