Un ventre tondo tondo
“In Kabylia, e in generale in tutta l’Algeria – racconta Baya – non tutte le coppie vivono sole, anzi, la maggior parte vive ancora in famiglie allargate, dove la donna incinta viene accudita, soprattutto durante i primi mesi, detti mesi delle voglie. Si teme molto che possano macchiare il bambino e quindi si cerca di soddisfarle anche a costo di sacrifici importanti. Se, poi, quello in arrivo è il primo bambino della famiglia allargata, quindi il primo nipote, le attenzioni e le coccole aumentano: la mamma desidera la banana, da noi costosissima? Ebbene, avrà la banana. Vuole yogurt fresco ogni giorno, per noi una vera ricercatezza? Avrà yogurt fresco ogni giorno”.
Le culture tradizionali, spesso spietate con le donne (“In Albania è molto meglio nascere maschio”, dice Liza, “il maschio è come un dio, la femmina dicono che non vale nulla”) riconoscono il bisogno di tutela durante la gravidanza e il parto: si soddisfano le voglie, si garantisce il riposo, a volte anche attraverso divieti. Era così anche in Italia fino agli anni cinquanta. Anima racconta che nel suo paese, il Bangladesh, la donna gravida non può ammazzare neanche una gallina, perché il suo stato non le permette un contatto con la violenza e con la morte, mentre dopo la nascita, per molti giorni (“finché perde il sangue del parto”) non può andare al tempio, vuoi perché impura, vuoi perché così non si affatica camminando.