Un nuovo ospite

Migrare è un po’ come nascere
(D. Bertani)

Ho scritto la prima versione di questo libro1 quando i miei figli erano piccoli e insieme trascorrevamo molto tempo in cucina, anche con i compagni di scuola, i cuginetti e i figli dei vicini di casa. Impastare, lavare, travasare, tagliare, cuocere, assaggiare, dire “Bleah!” o “Che buono!”: che si poteva fare di meglio? La cucina era un laboratorio caldo, vitale, e attraverso il cibo e la sua preparazione passavano fra di noi il piacere di sperimentare e di chiacchierare facendo qualcosa con le mani, la soddisfazione di vedere a tavola ciò che avevamo cucinato, la fatica del riordino, momento di chiusura dell’esperienza del giorno.


Da allora sono trascorsi molti anni. I figli sono cresciuti e di tempo per stare insieme in cucina ce n’è sempre meno. Lo si ritaglia soprattutto nelle grandi occasioni, quando, intorno ai fornelli della nonna, si recupera un poco di tradizione e in onore alle differenti aree geografiche da cui provengono i vari membri della famiglia, si preparano crostini toscani e ravioli ricotta e spinaci, gnocchi alla romana e seadas al miele di castagno, leckerli e schiacciata all’uva.