CAPITOLO VI

Una grammatica per la scuola
(e per la vita): gianni rodari

C’è una scuola grande come il mondo.
Ci insegnano maestri, professori, avvocati, muratori, televisori, giornali, cartelli stradali, il sole, i temporali, le stelle. Ci sono lezioni facili e lezioni difficili, brutte, belle e così così. Ci si impara a parlare, a giocare, a dormire, a svegliarsi, a voler bene e perfino ad arrabbiarsi. Ci sono esami tutti i momenti, ma non ci sono ripetenti: nessuno può fermarsi a dieci anni, a quindici, a venti, e riposare un pochino. Di imparare non si finisce mai, e quel che non si sa è sempre più importante di quel che si sa già.
Questa scuola è il mondo intero quanto è grosso: apri gli occhi e anche tu sarai promosso.
Gianni Rodari

Da più di dieci anni abito a Omegna, la città dove è nato Gianni Rodari. Una città che spesso lo onora, lo ricorda, ma forse non abbastanza, soprattutto a scuola. Dedicargli uno spazio, in questo viaggio che tratteggia una scuola diversa e possibile, è per me quasi scontato, anche se l’operazione è sdrucciolevole, a causa della lettura spesso semplificata che viene proposta del suo contributo, quasi a volerne, in modo più o meno consapevole, neutralizzare la portata rivoluzionaria e critica che lo caratterizza.

Cosa vuol dire davvero essere una maestra rodariana, magari non solo leggendone le rime o i racconti per le occasioni da calendario o per qualche spunto laico a favore della pace e della convivenza?


Me lo sono chiesta spesso e il confronto, in questa occasione, con alcuni compagni di viaggio, come gli amici del Parco della Fantasia di Omegna, che di Rodari hanno fatto già da tempo la chiave di lettura del loro lavoro con i bambini e i ragazzi, mi ha aiutato a trovare qualche risposta a questa domanda.


Rodari non è forse, come don Milani, un pedagogista intenzionale nel senso comune del termine, o quanto meno non si presenta come tale; tuttavia le finestre che apre sulla scuola e sull’apprendimento sono tesori preziosi per chi vuole guardare quell’esperienza con gli occhi dei bambini e di alcuni loro percorsi mentali. Esiste quindi, sì, una pedagogia rodariana, un pensiero sul bambino che, solo a tratti esplicitato a livello teorico, attraversa però in modo chiaro tutte le sue opere.


Rodari ha, per certo, un’idea piuttosto chiara di cosa vuol dire o dovrebbe voler dire imparare e soprattutto imparare a imparare ed è dichiarata la sua intenzione di offrire strumenti utilizzabili all’interno dei contesti educativi, e in particolare a scuola, per sviluppare competenze, facilitare i percorsi di apprendimento e soprattutto coltivare menti consapevoli.


Coerentemente, Rodari dedicò molto tempo a incontrare alunni e insegnanti e nel 1973 decise di offrire loro un testo breve ma assai efficace per condividere una riflessione teorica più strutturata sui pilastri su cui poggiava la sua opera e la sua idea di bambino. Quel testo è la Grammatica della fantasia, unica pubblicazione rodariana di carattere teorico, ancora oggi prezioso strumento per chi voglia riflettere e attuare qualche piccola o grande rivoluzione nel fare scuola.