Riflessioni conclusive sul periodo 0-3 empo addietro un’educatrice montessoriana obiettava che non si dovrebbe parlare di “Nidi Montessori”, in quanto questo nome sarebbe specifico delle Case dei Bambini e delle Scuole, identificabili da un caratteristico complesso di oggetti, materiali, proposte di attività. I La discussione si fece accesa perché, in realtà l’obiezione non ha molto senso: se c’è un aspetto che Maria Montessori ha costantemente portato avanti, è l’aver osservato e studiato i bisogni di un determinato periodo di sviluppo (o piano) per rispondere ad essi in modo adeguato, si tratti di un neonato o di un adolescente. Sembra ovvio che l’ambiente proposto per la Casa dei Bambini si modifichi profondamente quando si passa alla scuola elementare o alla media per adeguarsi ai nuovi bisogni dell’età (anche se molte volte questo non si realizzi). E il Nido? Il luogo per i più piccoli non può apparire come una Casa dei Bambini diluita, con spazi e oggetti non appositamente studiati e nemmeno essere dichiarata Montessori solo perché si danno ai bambini i materiali sensoriali più semplici. È questo specifico che richiede uno studio particolarmente accurato e approfondito, come del resto è stato capito e valorizzato presso altre scuole di pensiero . Che cosa caratterizza dunque la di questo lavoro con i neonati e con i bambini prima dei 3 anni. Secondo l’ormai lunga esperienza del CNM, il periodo zero-tre anni ha caratteristiche sue proprie, diversissime da quelle successive come ritmi, interessi, modi di agire, periodi sensitivi, desideri, capacità di assorbimento, ricerca indipendente di oggetti utili alle proprie esperienze. 32 dimensione educativa propriamente montessoriana Note Si veda ad esempio la modalità della Infant Observation, (osservazione dello sviluppo di un bambino lungo tutto il suo primo anno di vita), creata da Esther Bick e adottata dalla famosa Tavistock Clinic di Londra come formazione base dei terapeuti, degli psicoanalisti e degli operatori socio-educativi. 32. Riassumiamo: delle peculiarità individuali, non per esprimere valutazioni interpretative o diagnosi, ma per trarne indicazioni di relazione e di cura; l’osservazione la preparazione dell’educatrice a seguire ogni aspetto della diversità e delle individuali; originalità l’attenzione alla della persona contro ogni divisione astratta del tipo soma e psiche, nutrimento e sensorialità, parola e movimento, imparare e giocare e così via; globalità l’accurata secondo le crescenti possibilità di essere attivo e autonomo, per consentire i vari aspetti integrati di ogni azione infantile; quindi, da subito, favorire la e la dell’oggetto scelto senza intermediari di sorta, studiando le opportune di ogni tipo di attività che i piccoli mostrano di prediligere (infilare e sfilare; aprire e chiudere, riempire e vuotare e così via) e le relative possibilità di autocontrollo che sono il rispetto e il non intervento di fronte a ogni spontanea di un’azione – dal solo guardare all’agire – a ogni segnale di di preparazione dell’ambiente libera scelta presa diretta varianti precocissim ripetizione concentrazione, indipendenza; la valutazione “in concreto” della oggi chiamate “competenze”, non sempre valorizzate e rispettate nelle loro minime manifestazioni attraverso una sapiente organizzazione ambientale. capacità sensoriali e relazionali, A tre anni un bambino, cresciuto in tale clima di attenzione, è in grado di seguire facili regole di convivenza e di rispetto nell’uso degli oggetti; mostra già di sapersi assumere piccole responsabilità nel riordino o nell’apparecchiare la tavola; manifesta segni di indipendenza personale nell’uso del vestiario e della cura di sé, di ricerca creativa nell’uso di materiali strutturati e non, di significative capacità sociali. Linguaggio e movimento, assi portanti dello sviluppo, sono perfezionati e già molto ricchi: – se il bambino si è costruito nella pace dei rapporti e nella soddisfazione delle attività – sa fare di essi un uso responsabile. Ora è pronto per un perfezionamento ulteriore.