Esperienze di plurilinguismo nella Casa dei Bambini a) Il bilinguismo come salvaguardia delle proprie radici di Alice Renton 168 interesse per il bilinguismo mi è venuto del tutto naturale, data la mia storia personale. Mia madre è messicana e io stessa sono vissuta in Messico fino ai diciotto anni parlando lo spagnolo, mentre da mio padre, americano di origine irlandese, ho appreso l’inglese. Dunque, due lingue materne. L’ Più tardi ho lavorato a lungo come maestra Montessori in una Casa dei Bambini e annessa Scuola Elementare; poi mi sono trasferita in Colorado per insegnare a leggere e a scrivere in spagnolo ai bambini, figli di immigrati messicani che non parlavano inglese. Lì, nel mio nuovo lavoro con i piccoli, ho capito tutta l’importanza di operare secondo Montessori per favorire l’accesso a più lingue e alleviare tante difficoltà, incomprensioni e, a volte, vere e proprie sofferenze. Note Alice Renton è una grande esperta di plurilinguismo e pluriculturalità, con molti anni di lavoro con bambini 3-6 anni. Il presente testo è la sintesi di un’intervista a lei rivolta da Lia De Pra per la rivista ticinese “Verifiche” e del suo contributo al Congresso di Roma 1996. 168. Le famiglie, soprattutto quelle di nuova immigrazione, non sempre sono bilingui, ma questo non è un problema: i loro bambini, giocando, vivendo con i coetanei, imparano subito la seconda lingua: l’importante è che non perdano la propria e che anzi questa sia messa in valore. Il problema ovviamente non riguarda nel nostro tempo solo lo spagnolo: può essere il turco o l’arabo, l’italiano o il francese. Però, secondo la mia esperienza, nella scuola dei piccoli è meglio che, a questa età per non disorientare, le lingue da imparare anche per lettura e scrittura, siano solo due. Il lavoro che ho sperimentato ormai da molti anni rientra in un programma previsto dalla scuola pubblica e creato appositamente per i bambini immigrati messicani che non parlano inglese: solo che nessuno aveva mai sperimentato quale vantaggio si ottenesse adottando Montessori piuttosto che i metodi tradizionali. L’importante è che gli educatori conoscano entrambe le lingue. Questo dà loro una sicurezza di fondo che, come si sa, è per chiunque un bene inestimabile. perfettamente Montessori è una metodologia molto forte, organizzata, coerente, che comunica chiarezza ai bambini fin dai tre anni. I piccoli immigrati hanno pochissimi legami con la loro cultura di provenienza; anzi questa, spesso, è vista come “meno buona”, se non addirittura, per i familiari adulti, qualcosa di cui vergognarsi. È un’esperienza assai comune nelle situazioni di immigrazione. Noi però non ce ne preoccupiamo. Il nostro lavoro consiste nell’organizzare la classe nel consueto modo Montessori che è organico e nitido in tutte le sue parti: si lascia che i bambini immigrati familiarizzino – alla pari con gli altri – con le attività, con gli oggetti. Nessuno mette loro fretta, nessuno esige rendiconti. Usiamo le stesse tecniche, gli stessi materiali. Ai bambini che posseggono già un loro linguaggio materno e sanno comunque esprimersi, parliamo direttamente nella nuova lingua, con tutta tranquillità e senza traduzioni. Introduciamo nei normali scambi verbali le frasi del quotidiano: “Buon giorno!”; “Sei guarito?”; “Dammi la palla”. Si fanno commenti, si ascolta, si racconta, si svolgono attività motorie, si canta (E intanto i bambini parlano tra loro!). Per tutte le attività e le esperienze lo schema del lavoro segue la struttura della lezione dei tre tempi: 1° tempo: l’adulto (e il bambino ascolta, registra a suo modo parole a frasi); presenta 2° tempo: il bambino (reagisce alla frase ma, per lungo tempo, risponde come può); riconosce 3° tempo: il bambino (comincia a rispondere; il fatto può avvenire anche dopo un anno o più, ma, quando lo fa, i suoni e le parole che dice sono già espressivi, carichi di vita, non meccanici!). si esprime Questo significa che i bambini non diventano subito bilingui, ma che dapprima – aiutati dal fatto che la situazione di classe non è ansiogena – sviluppano una notevole sensibilità uditiva: grazie alle relazioni non conflittuali tra loro e con la maestra, valorizzati in ciò che fanno dalla libera scelta e dal loro stesso agire in prima persona, mettono le fondamenta al piacere di esprimersi in modo diverso rispetto all’ambiente in cui ora vivono. Per loro è importante adoperare gli stessi materiali sensoriali con le relative brevi lezioni di linguaggio, sia nella prima che nella seconda lingua. È come se ricevessero una conferma importante a ciò che sperimentaInoltre in una Casa dei Bambini il piano culturale è pienamente appagato: ad esempio con tutte le attività di nomenclatura, con gli incastri geografici e le carte, mute e parlate, con il globo che porta i continenti in colore. Tutti questi sono aspetti della realtà, resi accessibili nel modo più semplice. Per loro scoprire che “questo è il Messico” e che lo spagnolo si parla in Cile, in Messico, in Argentina e in un altro paese lontano chiamato Spagna, è importante. Anche su questi elementi si innesta una comprensione che diventa via via una conoscenza più vasta. Inoltre, in uno spazio riservato della classe, creo sempre un piccolo ambiente culturale, con le cose che i bambini portano da casa: un nastro, una ceramica, uno strumento musicale originario, un elemento decorativo o sensoriale. I bambini “indigeni” capiscono bene che si tratta di oggetti inusuali, appartenenti a un’altra cultura e questo valorizza i loro compagni immigrati. Oppure vengono le madri o le nonne e preparano cibi insoliti per tutti. In ogni caso tutti i concetti nuovi, legati ad esempio al materiale sensoriale, vengono dati agli inizi nella loro prima lingua e solo quando sono bene acquisiti, se ne danno i termini esatti nella seconda, come un confronto. Anche il gioco è un buon tramite, ma soprattutto la musica e il canto sono preziosi. Con la musica si insegna tutto. A volte si manifestano pregiudizi culturali o razziali nella scuola, provenienti da talune famiglie o portati dai bambini più grandi che frequentano da poco. A questo punto Montessori diventa decisivo. Quando presentiamo come mangiare, dormire, coprirsi, ripararsi – attività che è alla base dell’educazione cosmica – ogni bambino capisce che e che popoli, che vivono in luoghi molti diversi tra loro, non possono che risolverli in modi diversi. Capiscono allora perfettamente e senza predica alcuna che nessuna cultura può essere considerata “migliore” di un’altra e che non sono certo queste le differenze che possono dividerci! i bisogni fondamentali degli essere umani tutti gli esseri umani hanno gli stessi bisogni Sulla base di questo lavoro abbiamo fondato il che ha ormai migliaia di aderenti e che diffonde Montessori negli Stati Uniti, in America Latina, nei Caraibi, in America Meridionale, ovunque ci siano situazioni di bilinguismo. Comité Hispano Montessori b) Oltre la seconda lingua, nei primi anni 169 di Michael Rosanova Le ricerche della Montessori in campo linguistico si concentrarono tra il ’39 e il ’45, gli anni dell’India e di Kodaikanal, nei quali ella seguì l’esperienza delle scuole di immersione nella lingua inglese destinate a bambini di lingua madre indiana (hindi, urdu, tamil). Furono anni decisivi per lo sviluppo delle idee sul che descrisse poi in ( ), ma che aveva già intuito in anni precedenti. English-medium Schools, periodo sensitivo del linguaggio The Absorbent Mind La mente del bambino Note 169 . La relazione presentata da M. Rosanova al Congresso di Roma è stata integrata con un articolo inviato alla curatrice nel ’97 dal titolo Early Childhood Bilingualism in the Montessori Children’s House. Rosanova con sua moglie Doris ha realizzato ampie esperienze di bilinguismo “naturale”, offrendo ai bambini del suo Centro “Intercultura” a Oak Ridge (Illinois) un “bagno” precoce in più lingue con i relativi maestri di madrelingua. Il principio base è il riconoscimento del potere assorbente della mente infantile nei primi anni di vita in particolare, e della sua capacità di assimilare in modo indelebile suoni verbali, anche molto diversi tra loro. tre È un nel corso dell’esistenza quanto a facilità di apprendimento. I piccoli a questa età non sono oberati da alcun dovere e, in più, hanno tanto tempo a disposizione, insieme a una naturale disponibilità a correggersi senza sforzo, ad assestare ogni sapere acquisito su nuove esperienze. periodo magico che non si ripeterà mai più È la condizione migliore per offrire loro un’esperienza uditiva e linguistica ad ampio raggio. Il fatto poi di usare loro stessi i suoni di altre lingue dipende dalla situazione affettiva e dal clima di fiducia, di collaborazione, di reciproca stima che il bambino avverte nell’ambiente, si tratti di famiglia o di istituzione infantile. I bambini non sanno che cosa sia il pregiudizio e hanno uno straordinario spirito di avventura, di meraviglia di fronte alle cose, per cui non rifiutano ciò che è insolito o chi è diverso: verso i suoni di una lingua sconosciuta mostrano curiosità e comunque desiderio di comunicare. Inoltre ripetono con piacere ogni loro attività: questo favorisce in modo naturale la memorizzazione. Nella Scuola Montessori sono i bambini a scegliere i momenti e la durata delle proprie esperienze e quindi se ne impadroniscono in forme del tutto personali. L’aneddoto riferito dalla Montessori del bambino che alla domanda: “Chi te lo ha insegnato?” in relazione alla scrittura, risponde: “Nessuno. L’ho imparato da solo” è un fatto che spesso si ripete. Lui sente che è così: non è presunzione; in effetti è lui che ha fatto tutto il lavoro, se ha potuto realizzarlo con i suoi tempi e nella totale fiducia dell’adulto. Tale situazione favorisce l’assorbimento di suoni, di parole, orali o scritte, di frasi o di modi di dire, appartenenti ad altri gruppi sociali e predispone nel modo più naturale all’integrazione tra etnie e culture, anche molto diverse tra loro, fin dalla prima infanzia. Montessori e immersione in altri linguaggi costituiscono dunque una felice combinazione, proprio perché è il bambino il protagonista dei propri apprendimenti e l’ambiente che, con i suoi stimoli diretti e indiretti, è un maestro accanto all’adulto-guida. non si fa lezione: Plurilinguismo: perché e come? Un tempo conoscere lingue straniere era un bene riservato a pochi; oggi invece l’apprendimento di almeno un’altra lingua diventa per ogni bambino una grande opportunità e una palestra della mente, carica di benefici nel mondo attuale. D’altro canto la propria lingua di origine è un bene inestimabile, da non gettare via come qualcosa che non serve più. Il futuro è pieno di interrogativi ed è quindi sempre meglio conservare e migliorare ciò che possediamo, partendo dall’idea che il nostro patrimonio culturale va condiviso con i figli. L’esperienza della nostra scuola conferma il fatto che il bambino impara senza sforzo più linguaggi, purché possa interagire con bambini di altre lingue e avere maestri di madre lingua. Per un bambino piccolo non esistono lingue difficili: l’esperienza dimostra che l’ampiezza, la varietà degli stimoli linguistici aprono la mente a suoni insoliti, a forme espressive differenti e alla tolleranza verso la diversità dell’altro. Mentre in scuole tradizionali l’apprendimento, sia pure sotto forma di gioco e di canto, è guidato dagli adulti a tempi determinati, nella Casa dei Bambini i piccoli sono sempre in posizione attiva di scelta e di ascolto. Il risultato è che, dopo otto-dieci mesi sono già in grado dapprima di capire una seconda lingua e di riconoscere alcune parole scritte. Poi arrivano per gradi e senza pressione alcuna a parlarla, a leggerla e a scriverla come la propria lingua materna. A volte accade parallelamente anche per una lingua, sia pure con modi e tempi diversi: dipende dai compagni della scuola e dagli adulti di madre-lingua presenti. terza In altre parole non assimilano i nuovi linguaggi come “stranieri”, ma, a questa età, come I meccanismi che, all’apice del periodo sensitivo, conducono al fenomeno esplosivo del linguaggio tra il primo e il secondo anno di vita, sono gli stessi che rendono possibile l’assorbimento e la produzione di altri idiomi. Questa è almeno la nostra ormai decennale esperienza, malgrado il pregiudizio, condiviso persino da alcuni montessoriani, che il plurilinguismo nuocerebbe allo sviluppo linguistico dei bambini piccoli. Abbiamo raggiunto ottimi risultati con lo spagnolo – undici anni di esperienze nella scuola – con il francese (cinque anni), l’italiano (circa tre anni) e il giapponese (sette anni). altre lingue materne. Abbiamo cominciato in famiglia: mia moglie parla perfettamente l’inglese e il tedesco; io inglese e italiano, ma anche altre lingue come spagnolo, tedesco e francese. Con nostra figlia lei parlava tedesco, io italiano, entrambi ovviamente l’inglese. Inoltre nella scuola la bambina partecipava alle attività del gruppo francese. Tutti ci dicevano che non avrebbe mai imparato bene l’inglese e che avrebbe avuto difficoltà nella lettura. Si è verificato il contrario: negli anni si è visto che ha assimilato le varie lingue, tanto che oggi a vent’anni parla per telefono in tedesco con i nonni materni che sono nel Liechtenstein, a differenza di bambini di famiglie di origine tedesca (che ogni sabato inviano i loro figli a lezione di lingua in scuole tradizionali, centrate sull’adulto): dopo anni di sforzi ricordano in modo frammentario i nomi dei colori, i numeri, i saluti e brani di canzoni, ma sono in grado di parlare solo l’inglese. Personalmente ho osservato quanto sia difficile per un Americano, nato e vissuto negli Stati Uniti, possedere perfettamente una seconda lingua , malgrado lo spagnolo e varie altre lingue siano del tutto comuni in questo paese. Lo si osserva in particolare nella classe media. Questo dimostra in definitiva le barriere che esistono tra residenti e immigrati e il fatto che non si realizzi alcuna esposizione efficace ad altri linguaggi – oltre l’inglese, come è parlato qui – e per “efficace” intendo anche la modalità dell’approccio e della situazione. 170 Note Secondo talune statistiche negli anni Novanta solo l’1% degli Americani possedeva un perfetto bilinguismo. 170. Sotto questo profilo Montessori è la proposta vincente, perché è la più naturale. Dopo vent’anni circa di esperienze molto varie, posso affermare che qualsiasi bambino che sia neurologicamente ed emotivamente sano, con una famiglia di monolingua, anche alfabetizzata al minimo, ma presente e affettuosa – immerso in un ambiente linguistico diverso in cui egli sia protagonista delle proprie scelte con una maestra di una madre-lingua diversa dalla sua, assorbe senza il minimo sforzo e con il massimo dei risultati il nuovo linguaggio. In principio emette suoni senza significato, ma grazie al fatto che nella scuola ci sono bambini di diverse età e a livelli di capacità differenti, i compagni riescono a capire e a fare da tramite in molte situazioni. A volte sembrano avere lo sguardo vuoto, reazione che scompare in pochissime settimane via via che stabiliscono contatti con gli altri. Sono state fatte molte ricerche per verificare se l’apprendimento delle lingue sia legato a un elevato quoziente intellettuale, ma nessuna correlazione è stata trovata tra i due fattori. Si è verificato invece che il plurilinguismo è collegato allo sviluppo delle capacità sociali e della concentrazione, due fattori che nella scuola Montessori sono messi al centro del lavoro. Già entro le prime cinque-sette settimane di frequenza il bambino comincia a ripetere brani di canzoni e a dire brevi frasi; entro gli otto-dieci mesi riesce già a farsi capire da un adulto che conosca solo la nuova lingua. Quanto all’abilità di parlare a se stessi che, secondo Vygotskij, comincia prima dei sei anni, abbiamo notato che molti bambini parlano a se stessi nella seconda lingua entro la fine del primo anno di “immersione”, soprattutto quando sono occupati con la “vita pratica”. Nel corso del terzo anno di frequenza i bambini sono in grado di inventare e scrivere brevi storie e di leggerne a un compagno più piccolo, parallelamente a quanto fanno con l’inglese. Il motore che guida questo percorso non è altro che l’energia che ogni maestro Montessori cerca di coltivare: la volontà del bambino impegnato nello sviluppo di suoi interessi profondi.