capitolo 12

Tiriamo le fila

Maria Montessori non è contraria a priori all’uso delle tecnologie nell’educazione. È convinta che l’introduzione della tecnologia diventerà una necessità generale nelle scuole del futuro, però non sarà il mezzo per realizzare la totalità dell’educazione. Perché per Montessori il rispetto del bambino e il suo sviluppo vengono prima di tutto e, soprattutto, prima di ogni moda tecnologica.


Le scuole Montessori sono adatte a preparare gli abitanti del futuro perché puntano a farli crescere e non solamente a far loro acquisire una qualche competenza tecnologica. Queste scuole poi considerano sempre troppo pochi gli anni formativi per sprecarli.


Le scuole Montessori sono ispirate dalla grande speranza di poter creare il futuro. Basta leggere le pagine di Maria Montessori riguardo all’uomo nuovo per rispondere al pessimismo che pervade la citazione di Bertrand Russell nel capitolo sette.


Si devono integrare le nuove tecnologie nella scuola Montessori al pari degli altri materiali perché i bambini ne sono sommersi e la scuola non deve rinunciare al suo scopo formativo, senza perdere di vista l’obiettivo che è la formazione completa dell’individuo.


È ingiustificato riempire la scuola di tecnologia. Alcuni esperti di educazione ritengono che la spinta ad attrezzare le aule con computer e quant’altro sia ingiustificata, perché gli studi non dimostrano con certezza che ciò porta a migliorare i risultati o ad avere altri vantaggi misurabili. Senza contare che non tutto ciò che è importante può essere misurato, come lo sviluppo della personalità o l’acquisizione di competenze non cognitive.


La tecnologia va introdotta dopo che il bambino ha conquistato l’astrazione. Prima bisogna favorire esperienze concrete, dopo è troppo tardi. E non ci si deve stupire o lasciarsi fuorviare dalle incredibili capacità dei bambini piccoli o dalla falsa idea che il precoce uso di apparati elettronici dimostri un’intelligenza superiore.


“Montessori funziona perché è così che funziona il cervello”. Il movimento, l’imitazione, l’uso delle mani, la normalizzazione e il resto, attivano o utilizzano meccanismi cerebrali che portano benefici a lungo termine. Non sempre le tecnologie migliorano questi risultati.


Il cervello non ha fatto a tempo a evolversi per adattarsi a un mondo tecnologico e non conosciamo ancora bene gli effetti a lungo termine dell’uso della tecnologia, soprattutto a scuola. Non pensiamo quindi di avere una risposta univoca alla domanda se le tecnologie a scuola portino o no dei benefici.


L’insegnante fa la differenza. Deve essere una guida, non quello che ne sa più di tutti. L’insegnante deve essere “una persona che suscita e alimenta la vostra curiosità; e le macchine non possono farlo nello stesso modo in cui possono le persone” come chiariva Steve Jobs.


Infine, non colpevolizzatevi sentendo i racconti di altre scuole, l’obiettivo qui è la felicità e la crescita del bambino, non l’allevamento di schiaccia-bottoni o la competizione per la scuola più tecnologica.