PRIMA PARTE - Allattamento e accudimento

4. Il bambino onnipotente: aspetti relazionali,
affettivi e cognitivi dell’allattamento al seno

La relazione con l’oggetto, secondo Winnicott1, è una relazione complessa che dipende, oltre che dal processo maturativo del bambino, dalla qualità delle facilitazioni ambientali. Grazie alla funzione materna di object presenting, che permette al bambino di avere un’originale esperienza di onnipotenza in cui assume che è egli stesso a creare gli oggetti che gli vengono proposti nel momento in cui li desidera, il bambino comincia a sviluppare un’idea degli oggetti come separati da sé.


Ad esempio, nel momento in cui il bambino sente la necessità di mangiare e la madre gli offre il seno, egli ritiene che le sensazioni piacevoli che derivano dall’allattamento siano prodotte direttamente dal bisogno del proprio corpo. L’illusione per il bambino è che, quindi, esista una realtà esterna completamente corrispondente alla sua capacità di creare2.


Successivamente, suggerisce Winnicott, il compito della madre sarà quello di disilludere a poco a poco il bambino, ma non potrà riuscire in questo compito a meno che non sia riuscita a fornire una sufficiente opportunità di illusione attraverso l’adattamento ai bisogni del bambino.


Anche gli studi empirici dell’Infant Research3 hanno mostrato come le esperienze relazionali precoci tra madre e bambino si basino su un’attitudine empatica della madre che anticipa i bisogni del bambino e li soddisfa nel momento giusto, avviando un processo di regolazione affettiva tra madre e bambino. Attraverso la disponibilità emotiva materna il bambino apprende progressivamente specifici stili di regolazione emotiva4.


Nei bambini piccoli, quindi, desideri e bisogni coincidono. A questa età non rispondere ai loro bisogni non significa “non viziare” i bambini. Al contrario, frasi come: “non lo prendere in braccio!”, “lascialo piangere!”, “fallo mangiare ogni tre ore altrimenti si vizia!”, comportano seri danni allo sviluppo neurocomportamentale di un bambino. È un attentato al processo che il bambino sta costruendo per connettere il proprio mondo interno a quello esterno, da cui dipende la sua futura capacità autoregolativa, la costruzione di una fiducia in se stesso e nelle risposte dell’ambiente.


Riguardo al ruolo di guida che i bisogni del bambino devono avere nei confronti dell’offerta delle cure parentali, Maria Montessori afferma: “[…] l’adulto deve cercare di interpretare i bisogni del bambino per seguirlo e assecondarlo con le proprie cure [...] Solo così si può iniziare una nuova epoca dell’educazione, quella dell’aiuto alla vita. E potrà aver fine e chiudersi l’epoca in cui l’adulto considerava il bambino come un oggetto che si prende e si trasporta dovunque quando è molto piccolo e che quando è cresciuto deve soltanto obbedire e seguire l’adulto. Bisogna che l’adulto [...] si sforzi a comprendere il bambino col desiderio di farsi suo seguace e aiuto della sua vita. Ecco l’orientamento educativo che riguarda le madri e tutti gli educatori che avvicinano il bambino. Se la personalità del bambino deve essere educata nel suo sviluppo ed essa è più debole, occorre che la personalità prevalente, quella dell’adulto, si faccia remissiva e, prendendo, seguendo la guida che il bambino stesso gli offre, consideri suo onore il poterlo comprendere e seguire”.5


Al contrario, lo stretto legame (bonding) che favorisce un profondo senso di soddisfazione emotiva sia per la madre che per il bambino è sostenuto dall’allattamento al seno ed è in gran parte mediato dall’ormone ossitocina, in grado di produrre modificazioni epigenetiche6 nelle capacità di rispondere agli stress e di resilienza per il resto della vita.7