SECONDA PARTE - L'introduzione di cibi solidi e semisolidi

14. Quando inizia l’introduzione dei cibi solidi e semisolidi: la strategia globale dell’OMS

di Franco De Luca

L’introduzione precoce di alimenti solidi e semisolidi è ormai accertato essere inappropriata perché:


  1. va a sostituire il latte materno, rendendo difficile soddisfare le esigenze nutrizionali del lattante;
  2. può tradursi in una dieta a basso contenuto di sostanze nutritive se vengono utilizzate zuppe o purea troppo liquide o addirittura soltanto frutta grattata: “… ed ora signora per abituare subito il bambino a nuovi sapori cominceremo con un po’ di mela grattata!”. Il bambino si sazia con la mela, allunga gli intervalli tra una poppata e l’altra e la mammella poco stimolata produce meno latte;
  3. aumenta il rischio di malattie perché diminuisce la quota di protezione di fattori immunitari presenti nel latte di donna;
  4. aumenta il rischio di diarrea perché gli alimenti complementari possono essere non così facili da digerire come il latte materno;
  5. aumenta il rischio di dispnea e di altre manifestazioni allergiche perché il bambino prima dei 6 mesi non è ancora in grado di assorbire e digerire proteine non umane.


Nonostante da più di dieci anni l’OMS/UNICEF, con il documento Strategia globale per l’alimentazione dei neonati e dei bambini, e la Commissione Europea, con Alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a tre anni: raccomandazioni standard per l’Unione Europea, abbiano ormai fissato al 6° mese di vita compiuto l’età al di sotto della quale non si devono assolutamente introdurre alimenti solidi e semisolidi nella dieta dei lattanti (fino a quell’età devono assumere esclusivamente latte materno), e sebbene queste raccomandazioni siano state fatte proprie anche dalla Società Italiana di Pediatria e dalla Società italiana di Neonatologia, ancora oggi, in Italia, molti bambini iniziano ad essere svezzati addirittura al 3°-4° mese di vita.


A che cosa si deve questa situazione? Difficoltà da parte di alcuni pediatri ad accettare i cambiamenti, anche se indicati da fonti autorevolissime? Pigrizia culturale? Aggiornamento guidato e pilotato dall’industria degli alimenti per l’infanzia?


Alcuni pediatri ritengono di essere gli unici depositari “della scienza dell’alimentazione della prima infanzia”, considerando quello che hanno imparato nelle scuole di specializzazione negli ultimi 30 anni una sorta di legge assoluta e non modificabile come quella che Mosè ricevette sul Monte Sinai. Una legge da trasmettere ai genitori, ritenuti primitivi da educare e civilizzare.


Come l’allattamento al seno e il parto, anche lo svezzamento è stato a lungo incarcerato in quel processo di medicalizzazione che ha reso la gestione dei processi fisiologici uguale a quella dei processi patologici. Prescrizioni rigide e standardizzate uguali per tutti i bambini espropriano di fatto i genitori delle competenze che per secoli sono appartenute soltanto a loro e che, oggi, conservano solo i genitori di alcune culture tradizionali.


Per tale ragione, attualmente, l’inizio dello svezzamento del proprio bambino, specialmente se quest’ultimo non mangia da subito tutta la quantità di pappa indicata dal pediatra, viene vissuto da molti genitori con ansia e frustrazione, sensazioni che possono rimanere presenti nel corso di tutta l’infanzia.


È fondamentale riscoprire per i piccoli un percorso di “piacere” e non di “dovere” nell’atto di mangiare, secondo le linee guida dell’OMS e alla luce del pensiero di Maria Montessori elaborato nell’esperienza del Centro Nascita Montessori. Indispensabile per accompagnare non solo i genitori, ma anche gli educatori degli asili Nido dove oggi molti bambini trascorrono (e in futuro sempre di più trascorreranno) ore fondamentali delle loro giornate nei primi 3 anni di vita.